I Comuni dicono no alla ricerca di idrocarburi Ambiente

Bloccato, al momento, l’avvio delle indagini per la ricerca di idrocarburi in ventotto comuni sanniti e quattro irpini. Coro di proteste per l’iniziativa portata avanti dalla multinazionale Delta Energy, iniziata in sordina ed in maniera un po’ discutibile.

Ma vediamo i fatti. La grande multinazionale, per legge, avrebbe dovuto fare dell’informazione seria sul territorio, prima di dare l’avvio al progetto, cosa che non risulterebbe dall’acquisizione degli atti, in quanto pubblicata solo su un quotidiano locale, all’epoca diffuso principalmente in Irpinia e non nel Sannio. Anche il nome del progetto, “Case Capozzi”, era sibillino e fuorviante e riguardava solo alcuni comuni del Sannio; poi ha assunto il nome di “Pietra spaccata” e ha compreso ventotto comuni del beneventano e quattro dell’Irpinia.

Per arginare questa travolgente escalation e fare chiarezza sulla vicenda, è sorto un Protocollo d’intenti tra i Comuni e le Comunità Montane interessate dal progetto. Acquisiti, quindi, gli atti alla Regione, si sono ravvisati tutti gli elementi per proporre un ricorso speciale al Capo dello Stato e al Difensore civico della Regione Campania. La ricerca ed estrazione di idrocarburi, infatti, apporterebbe danni gravissimi al nostro territorio senza procurare, in cambio, alcun beneficio alla popolazione, situazione aggravata anche dalla scarsa informazione preventiva.

I danni più evidenti consisterebbero nel deturpamento del paesaggio e in un inquinamento dannosissimo, per tacere del rischio sismico, elemento da non sottovalutare data la naturale propensione del territorio per questi fenomeni.

Si è tenuta, quindi, a San Marco dei Cavoti una riunione dei componenti del Protocollo d'intenti tra i Comuni e le Comunità Montane interessate dall'evento. Domenico Costanzo e Valentino Castello, coordinatori del Protocollo ed entrambi di San Marco dei Cavoti, con Nazzareno Zembla e Pierluigi Giordano, hanno fatto il punto della situazione in merito a tale spinosa questione. Presente anche Fabio Paolucci per Colle Sannita, insieme ad altri esponenti di numerosi comitati locali. Ne è venuta fuori una situazione drammatica ma, al momento, è stato confermato l'accoglimento del ricorso e l'avvenuto fermo dei lavori.

Gli intervenuti hanno avuto modo di spiegare che l'insano progetto prevedeva tre fasi distinte. Una prima di indagine esplorativa del territorio, alla ricerca di idrocarburi, con la realizzazione di pozzi profondi tra i 3.500 ed i 5.000 metri; una seconda fase di attività estrattiva, con il conseguente inquinamento delle falde acquifere e la produzione di reflui inquinanti; una terza di bonifica, della durata di molti anni, con l'imposizione per legge di non coltivare in un raggio di un chilometro dal pozzo - ovvero per una superficie di quattro chilometri quadrati considerando 1 km per ciascun lato. Per un territorio, tutto sommato, ancora a vocazione prevalentemente agricola, sarebbe davvero una catastrofe e ci auguriamo, quindi, che prevalga il buonsenso e l'amore per il territorio, e che le autorità preposte pongano fine a questo scempio.

VALERIO MASSIMO MILETTI

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