Racchi, il carabiniere sannita che salvò due partigiani Società

Questa è la storia di Domenico Racchi, un carabiniere sannita il cui ricordo è oggi ancora molto vivo a Castelfidardo per una vicenda avvenuta nei tristi giorni della seconda guerra mondiale e che lo vide eroicamente protagonista.

Domenico nacque a Casalduni (Benevento) il 25 gennaio del 1901 e fu amorevolmente allevato dallo zio, il medico Giovanni Racchi ricordato nel volume su Giuseppe Moscati e la scuola medica sannita per le sue indiscusse qualità professionali.

Arruolatosi nell'Arma dei Carabinieri il 21 gennaio del 1920, nel 1923 venne inviato a Tripoli con la divisione CC.RR restandovi fino al 16 agosto 1926, prestando poi servizio ad Alessandria ed alla Legione di Cagliari ove fu promosso Appuntato il 31 maggio del 1935.

Nello stesso anno fu inviato in Eritrea con l'89° sezione di montagna mobilitata per esigenza A.O. (Africa Orientale), poi trasferito alla Legione dei CC di Ancona nel 1939 ed infine, dal 1940 al 1943 mandato in Albania in territorio dichiarato in stato di guerra.

Dal 1 agosto 1943 fino all'8 aprile 1946 Racchi prestò invece servizio alle dipendenze della Legione CC di Ancona, e fu proprio il 15 settembre 1943 che egli si rese protagonista dell'episodio eroico cui si accennava in precedenza poiché salvò dai rastrellamenti tedeschi due giovani di Castelfidardo: Romolo Breccia e Ferdinando Fabi.

Romolo e Ferdinando, infatti, in quei giorni si erano procurati delle armi che dovevano essere consegnate al locale comandante dei GAP, ma mentre erano davanti ad un caffé del paese, una folata di vento alzò il cappotto di uno di loro e l'appuntato Racchi non potette fare a meno di notarlo. Egli però, tra il grande imbarazzo generale, anziché denunciare o fermare i due giovani armati li scortò in divisa e, in mezzo a fascisti e soldati tedeschi, consentì loro di raggiungere un luogo sicuro salvando la vita.

Di questo eroico carabiniere sannita, morto a Casalduni il 15 marzo del 1984, la popolazione di Castelfidardo conserva ancora un grato ricordo ed è giusto che anche nel Sannio sia nota questa piccola storia a lieto fine, avvenuta in tempi difficili per la nostra Italia.

ANDREA JELARDI