L'Università del Sannio tra gli atenei virtuosi Enti

190mila euro all'Università del Sannio dal fondo per la programmazione 2009 stanziato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, per la prima ripartito in base ai risultati conseguiti e al livello di performance complessivo. L'ateneo sannita si è guadagnato un posto tra le università virtuose e la leadership regionale: oltre all'Unisannio, sono solo 6 gli atenei del centro-sud promossi, contro i 27 che si vedono ridotti i finanziamenti perché non rispettano gli standard qualitativi previsti. Una graduatoria, quella stilata dal gruppo di lavoro ministeriale, che scardina in parte l'establishment del mondo accademico: reggono i Politecnici di Milano e Torino, preceduti dall'Università di Trento, che conquista il primo posto assoluto, precipitano in zona retrocessione La Sapienza di Roma, l'Università di Venezia e l'Orientale di Napoli, insieme a una nutrita compagine di atenei del Mezzogiorno. La virtù è premio a sé stessa, affermava il vecchio adagio latino: non è più così nel nuovo corso dell'università italiana, in cui la virtù accademica, sotto forma di qualità della ricerca e della didattica, ha determinato la spartizione di una torta di 63 milioni di euro.

Bencardino: Questo non basta, occorrono più risorse

A dieci anni dall'istituzione, l'Università del Sannio entra nel parterre de roi degli atenei italiani, unica campana nel gruppo delle sette università del Mezzogiorno premiate dal Ministero. Alla luce di questi risultati e al suo secondo mandato come rettore di Unisannio, quali sono gli obiettivi del nuovo rettorato?

Non è la prima volta che il nostro Ateneo si distingue in classifiche nazionali. La valutazione ministeriale arriva, infatti, all'indomani di un'altra classifica sulla qualità pubblicata da Il Sole 24 Ore, dalla quale risulta che a Benevento i professori possono contare sulla quota pro capite più alta di finanziamenti per le attività di ricerca.

Per quel che riguarda il mio secondo mandato, saranno quattro anni complessi, segnati da continui cambiamenti e da risorse inadeguate. In ogni caso, l'Università continuerà ad essere il luogo del sapere critico e dell'autonomia dai poteri esterni (accademici, economici e politici).

Questa che stiamo vivendo è anche una fase particolarmente difficile per i giovani, che vedono il loro futuro e la loro carriera assai incerte. A loro bisognerà prestare grande attenzione e individuare risorse e prospettive di soddisfazione professionale consone al ruolo importante che svolgono nell'accademia e nella società.

Le valutazioni elaborate dal Ministero hanno suscitato un'accesa diatriba tra fautori e detrattori. Questi ultimi, in particolare, ritengono difficilmente valutabile la qualità della didattica e della ricerca mediante indicatori oggettivi. Qual è il suo giudizio?

I criteri presi in considerazione dal Ministero per l'attribuzione di una quota del Fondo di Finanziamento Ordinario, secondo principi meritocratici, sono, a mio avviso, limitativi per la complessità stessa dell'istituzione universitaria, da analizzare attraverso molteplici fattori e valutare sotto profili differenti. In realtà, però, questo incremento del finanziamento non rappresenterà per noi una svolta decisiva, se consideriamo che complessivamente solo il 7% dell'FFO verrà attribuito secondo quei criteri.

Un punto di forza dell'Ateneo sannita è proprio l'impulso dato alla ricerca scientifica: in quali direzioni si muoverà l'Università del Sannio nei prossimi anni?

L'Ateneo sannita continuerà a coniugare ricerca di base e ricerca applicata, incentivando il trasferimento tecnologico dove questo è possibile. È fondamentale il contributo che l'Ateneo dà alle politiche di sviluppo di un territorio che ha puntato sull'economia della conoscenza per attrarre, ad esempio, iniziative industriali specializzate in settori hi-tech ad alto valore aggiunto.

In particolare i settori di eccellenza della nostra Ricerca riguardano l'ambito giuridico, le biotecnologie, l'ICT, lo sviluppo sostenibile, l'energia e l'ambiente.

Veniamo alle note dolenti: tra tutti, forse il tallone d'Achille è rappresentato dai costi del personale, che assorbono metà delle entrate di bilancio. In tempi di tagli alla spesa pubblica e di caccia agli sprechi, come intende ridurre l'incidenza di tali costi?

A differenza di altri Atenei, possiamo contare su un rapporto virtuoso tra il Fondo Ordinario per le Università e la spesa per il personale. La questione principale, però, non sarà migliorare questo primato ma incrementare le entrate, poiché in questa fase di crescita in termini di studenti, di offerta didattica e di servizi, avvertiamo la necessità di ampliare il nostro organico, ancora sottostimato.

Altro punto debole, il grado di dispersione tra il primo e il secondo anno: una percentuale minima di studenti giunge al secondo anno con almeno i 2/3 degli esami superati. A cosa attribuisce questo fenomeno?

Il più delle volte, il problema reale è rappresentato dalla scarsa preparazione di base degli studenti, conseguenza ancora del mancato collegamento tra Scuola e Università. I ragazzi, appena usciti dai banchi di scuola, si trovano ad affrontare un sistema di studi nuovo che, invece, necessiterebbe un avviamento precedente più graduale e un accompagnamento alla scelta del percorso di studi più oculato.

Per finire, secondo un'indagine Istat del luglio scorso il 60% dei dottori sanniti trova un impiego stabile a tre anni dalla laurea: una media che vede da un lato gli ingegneri fare la parte del leone (78%), dall'altro arrancare i giuristi (26%, contro il 52% della media nazionale). Pur considerate le diversità dei percorsi professionali, cosa può fare l'università per incrementare il livello occupazionale dei neo-laureati in Giurisprudenza?

Non possiamo creare occupazione ma il compito dell'università, rispetto al mercato del lavoro, è essenzialmente quello di favorire il contatto con le aziende. E questo viene già fatto attraverso i tirocini che il nostro Ateneo offre, occasione fondamentale per gli studenti.

PIERLUIGI DE ROSA