Fiumi Società

Benevento nasce dov'è grazie alla presenza di una risorsa naturale essenziale alla vita: l'acqua. La sua fortuna politica, economica, strategica deriva da questa condizione geografica particolarmente felice. Greci reduci da Troia, Sanniti e Romani, Longobardi e Svevi hanno scritto qui capitoli decisivi della storia umana. La città mena vanto della presenza dei resti di ben sette ponti di epoca romana.

Nei diversi momenti della sua fortuna, la vita si è articolata in un dialogo continuo con i fiumi. Non solo i maggiori (Sabato e Calore), ma anche i piccoli corsi d'acqua che creano un reticolo intenso in valloni e piccole pianure all'interno di un sistema collinare di grande pregio naturalistico costituiscono una “ricchezza” che i beneventani hanno perso di vista, per via di un distacco sempre più ostentato tra tutto ciò che passa sotto il nome di modernità e ciò che, comunque provenendo dal mondo agricolo, è stato frettolosamente catalogato come sinonimo di arretratezza da cui fuggire.

Non si comprende altrimenti la modalità con la quale la progettazione urbanistica della città abbia emblematicamente deciso di interrompere il dialogo della città con il suo retroterra naturalistico se non accettando una scelta di separatezza. La Benevento moderna ha reciso i suoi legami con la fertilità delle pianure per chiudersi nella gabbia del cemento armato.

Mancandole una visione temporale di un destino sostenibile, dapprima le aree più fertili sono state aggredite da capannoni industriali (il Rione Ferrovia), per procedere poi alla identificazione di nuovi rioni per insediamenti umani (il Rione Libertà). La città divenuta capoluogo di una nuova provincia è passata da ambiziose ipotesi di ammodernamento in continuità con le caratteristiche storiche a timidi tentativi di espansione lungo la dorsale collinare, fino a una contraddittoria occupazione delle aree lungo i fiumi.

Tutta la edilizia pubblica che andrà a costituire il Rione Libertà sembra avere una idea progettuale ben chiara, ma anche ciò che avviene nella zona di Ponticelli e lungo il fiume Calore nei pressi dell'ex ponte Vanvitelli conduce allo stesso risultato. Le sponde dei due fiumi diventano una linea di posizionamento di una edilizia che sembra prendere le distanze dai fiumi stessi.

La stessa tipologia di stampo “palazzinaro” in nulla distingue i fabbricati del vorticoso rione Mellusi da quelli che prospettano un ipotetico Lungofiume. E' francamente difficile intravedere nelle costruzioni lungo il fiume Calore la presenza di balconate, terrazzini, giardini pensili: di segni di dialogo, cioè, con l'ambiente circostante.

Nulla peraltro è stato fatto anche riguardo al disegno e alla dimensione di una prospettiva urbanistica che abbia come punto di partenza (e punto di valorizzazione) la presenza del fiume, come elemento di identificazione ambientale e valorizzazione delle tipicità. A stento si sono ricavati, sopra i muraglioni, i metri quadrati necessari al passaggio di mezzi motorizzati.

Benevento ha deciso di ergere tra la sua consistenza umana e i suoi fiumi null'altro che muraglioni di difesa. Nessuna cura è stata prevista per la ordinaria fluenza dell'acqua all'interno di mostruosi contenitori, calcolati per contenere le massime previste onde di piena. Ciò che accade nel fiume non interesse nessuno, tranne quando si vuole l'eradicazione della vegetazione spontanea o lo sterminio con prodotti chimici nazisti di tutto ciò che somiglia alla turpitudine delle pantegane.

Che, poi, i tratti di fiume che attraversano la città siano anche quelli che accolgono, senza nessun filtro o depurazione, gli scarichi fognari è un ulteriore conferma del fatto che tra noi (esseri civili) e il fiume non ci può essere altro rapporto che quello della discarica.

Non sono mancati, negli anni, tentativi di progettare aree fluviali. Negli anni Novanta se ne parlò per la penisola del Calore di fronte al Cimitero (qualcosa è entrata nell'affare Zamparini). Abortito l'asse di penetrazione di Cellarulo (direttrice da Ponte a Cavallo a piazza San Modesto) si sono spesi soldi per inventarsi un parco urbano adiacente al fiume Calore ma da questo nettamente distinto. Sul Sabato fu costruito un boulevard, anch'esso abortito per mancanza di una funzione di collegamento tra le due sponde del fiume.

Ora sono in corso i lavori per un breve esperimento di passeggiata a fiume tra la colonia elioteterapica e piazza Bissolati. Le opere in corso di realizzazione sono state sommerse da una recente piena. Sono ripartite le polemiche.

E già c'è chi propone che per rendere sicura la passeggiata bisogna estirpare salici, ammazzare topi e bruciare le bisce. Si vorrebbe insomma una passeggiata a fiume...senza il fiume.

Nessuno s'è ricordato che il fiume Calore vive in quel tratto anche perché “ingrassato” dalle civiche fognature. Ma certo. Non appena si inaugurerà la passerella della Colonia Elioterapica, si riparlerà anche del depuratore.

Una cosa alla volta.

MARIO PEDICINI

mariopedicini@alice.it

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