Anche il Sannio ha avuto la sua stampa satirica Società

Senza voler andare troppo lontano nel tempo, a proposito di stampa satirico-umoristica made in Sannio, ci interessiamo questa volta di un giornale che, nato nel difficile periodo dell’ultimo dopoguerra (1945), riuscì a pubblicare solo sei numeri.

Sei numeri che sono una vera e propria miniera.

Per ora pubblichiamo qui le principali notizie su questa iniziativa editoriale così come sono riportate dal noto volume di Edgardo De Rimini edito da Realtà Sannita nel 1997 “Storia della Stampa Sannita”, pagg. 525.

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«Buon Sangue fu il primo periodico satirico-umoristico quindicinale che vide la luce nell’immediato secondo dopoguerra (1940 - 45).

L’iniziativa fu presa da Alberto Silvestri e Edgardo De Rimini.

Alla citata coppia si unì anche Tonino Orlando, all’epoca un bravissimo caricaturista, al quale - oltre a collaborare con testi umoristici - venne riservato l’impegnativo incarico di elaborare caricature, vignette e disegni riflettenti personalità (figure, figurine e… figurelle), fatti e vicende beneventane (“Succede a Benevento”, ecc.) scelte e selezionate numero per numero.

Il periodico vide la luce in un particolare momento della vita beneventana.

Ecco come lo ricorda Tito Margherini nel suo libro dedicato alla stampa locale nel ventennio successivo alla caduta del fascismo: “Buon Sangue nacque nel periodo in cui imperavano a Benevento il mercato nero, lo sfruttamento della prostituzione e tutte le altre tristi eredità della guerra perduta e dell’occupazione.

Da tutte queste disgrazie e dai fatti della vita quotidiana il periodico prendeva spunto per le sue satire, per i suoi pungenti attacchi, proponendosi di contribuire alla moralizzazione della vita pubblica e privata, accentuando in chiave umoristica e satirica i vari aspetti del malcostume imperante, in modo da richiamare ad un maggior senso di responsabilità non solo gli uomini politici, gli amministratori della cosa pubblica, i responsabili delle organizzazioni partitiche e parapartitiche ma anche l’intera popolazione.

Con l’arma - difficilissima ad usarsi con profitto - dell’umorismo, insomma i tre giornalisti beneventani cercarono di invogliare la società locale dell’epoca a superare la delicata fase del dopoguerra, contribuendo così all’opera di ricostruzione morale e materiale della città”.

Buon Sangue, però, non ebbe vita lunga costretto e condizionato sempre più dalla galoppante inflazione di quegli anni difficili per tutti.

Il periodico, che si componeva di 16 pagine con formato 32 x 21 cm, si stampava presso la Tipografia delle Forche Caudine su un tipo di carta di pessima qualità, scelta obbligata dovuta alla grave crisi delle cartiere italiane a causa della guerra.

La carta ai giornali, infatti, era razionata e veniva assegnata a cura dell’Amministrazione Militare Alleata direttamente alle aziende tipografiche interessate a stampare giornali, sia quotidiani che periodici.

Non c’era possibilità di scelta e bisognava rassegnarsi. Non era, comunque, un problema.

Il vero problema, invece, era un altro e ben più determinante, come lo fu, appunto, per Buon Sangue. Il prezzo della carta destinata ai giornali era, infatti, costantemente in ascesa a causa dell’imperante inflazione post-bellica e ciò faceva rizzare i capelli anche a chi capelli non ne aveva. Né era possibile colmare i “vuoti” finanziari con la pubblicità che all’epoca si ricercava con il lanternino e con certosina e diplomatica pazienza. C’era poco da reclamizzare!

Buon Sangue, infatti, venne messo in vendita a lire 30 per numero, prezzo ritenuto congruo rispetto al costo di produzione del giornale.

Dopo qualche mese, per effetto dell’inflazione, il costo vivo del giornale cominciò ad impennarsi fino al punto che dopo sei mesi ogni numero messo in vendita costava dieci lire in più di quello preventivato all’inizio.

Una situazione - come può facilmente rilevarsi - che non poteva essere sostenuta in toto dai tre eroici promotori dell’iniziativa che, conseguentemente ed anche dolorosamente, si videro costretti a chiudere Buon Sangue… con il sangue amareggiato!

Correva l’anno 1946 del mese di aprile».

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