Perché non ho aderito a Fli Società

Fin dal congresso costitutivo del PdL, emerse una posizione dialettica in termini di metodo, di contenuto e di merito da parte del presidente Fini. Una posizione legittima, in un grande partito che, per definizione, non può che essere aperto al confronto interno, dalla linea politica alla contendibilità della leadership. Basti pensare, seppur in un contesto diverso, all’Ump in Francia e all’antagonismo Sarkozy – Chirac.

Quel che poteva e doveva essere un arricchimento tale da rendere qualitativamente significativo il processo di integrazione e di contaminazione tra le diverse anime, culturali e politiche del PdL, è invece diventato motivo di contrapposizione fino alla rottura e alla separazione.

Per articolare una risposta organica, il punto di partenza non può che essere il 29 luglio del 2010, la dichiarazione di incompatibilità dell’Ufficio di presidenza, l’espulsione, di fatto, di Fini dal PdL. Un errore politico-strategico, tale da legittimare e da rendere inevitabile in Parlamento, e non solo, l’organizzazione di un’area politico-culturale fuori dal PdL. Una scelta necessaria per poter rappresentare ed esprimere, nel centrodestra, una destra con sensibilità istituzionale, cultura di governo, visione nazionale, capace sul piano politico di competere col PdL, e, rispetto all’azione di governo, di svolgere una funzione di riequilibrio e di moderazione.

Quel progetto resta valido: rendere più aperto e dialettico il centrodestra, fare la cosiddetta “terza gamba”, oggi, per costruire poi un patto federativo e una nuova alleanza nella riorganizzazione e nella ridefinizione del centrodestra italiano.

Da Mirabello all’intesa sulle presidenze delle Commissioni Parlamentari; dal voto di fiducia di settembre a Bastia Umbra fino alla presentazione della mozione di sfiducia, ha prevalso la linea antagonista, l’antiberlusconismo: il progetto è diventato altro e in una sorta di trasbordo ideologico… avvertito, si è passati dalla “terza gamba” al Terzo polo, dalla maggioranza all’opposizione.

A Milano è emersa una linea politica ambigua e confusa. La divergenza profonda sta nella differenza tra alternativo e competitivo. Affermare di voler essere il centrodestra alternativo al PdL significa o essere velleitari o, peggio, condannarsi ad un’unica scelta: la subalternità nel Terzo polo, che diventa sempre più “terzo” e sempre meno “nuovo”. Ribadisco, invece, che soprattutto oggi, occorre lanciare al PdL la sfida competitiva e lavorare per costruire, dentro il bipolarismo e nell’area di centrodestra, un nuovo polo. Altrimenti non si va a sinistra ma si diventa funzionali alla sinistra.

Aggiungo che la scelta alternativa comporta la rinuncia a svolgere, ora e subito, quel fondamentale ruolo di riequilibrio nella coalizione di centrodestra, e non aiuta l’Italia a uscire dal “bipolarismo tematico” giustizia – federalismo.

Aggiungo altresì: l’unico collante che teneva insieme in Fli soggetti diversi era la sintesi rappresentata dalla leadership. Quella sintesi è saltata. Fini non ha commesso un errore ma ha compiuto una scelta, legittima ma inaccettabile, anche perchè sarei ipocrita se non dicessi che, rispetto a certi personaggi, improvvisamente leader, mi sento alternativo sul piano dell’etica e dell’estetica della politica. Non nascondo, neanche, che il dopo – Milano ha determinato, nell’indifferenza del silenzio reciproco, una lacerazione sul piano umano. Si è spezzato un filo che da un tempo così lungo, da apparire interminabile, ha legato militanza-lealtà-riconoscenza-solidarietà, ed è stata strappata un’altra pagina di una storia comune.

Per tutto questo, non ho abbandonato Fli: non ho aderito a Fli perché, lo ricordo a me stesso, a Milano doveva celebrarsi un’assemblea costituente che apriva la fase delle adesioni a un soggetto che diventava partito.

Successivamente, con altri nove senatori, abbiamo dato vita al gruppo “Coesione Nazionale”.

Il gruppo si muoverà con autonomia e responsabilità, rispetto al Governo e alla maggioranza e con attenzione al dialogo nei confronti dell’opposizione, in particolare sulle questioni e sulle riforme di sistema e di interesse nazionale.

Non saremo una mera appendice del PdL; non avrebbe senso né utilità politica. L’obiettivo è più ambizioso: accrescere l’attrattività del centrodestra e allargarne i confini, attraverso la capacità di contribuire ad affrontare alcuni temi fondamentali, per il rilancio dell’azione di governo e il recupero del consenso. Ad iniziare dalla centralità del Mezzogiorno nelle scelte politiche nazionali. Un interesse del sistema-Paese, del Sud come del Nord, perché se non cresce il Mezzogiorno, non cresce l’Italia.

Sen. Pasquale Viespoli