Ecco perchè il tasto mi 'non piace' non ci sarà mai in Facebook Società

Non molto tempo fa, il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg ha dato l’annuncio, poi smentito, che nel celebre social network di sua invenzione sarebbe stato introdotto, accanto al classico “mi piace”, anche il tasto “non mi piace”. La notizia ha suscitato scalpore tra gli utenti, che subito si sono divisi tra favorevoli e contrari, ma in breve tempo il giovane genio dell’informatica, che oggi è il trentenne più ricco del mondo, è tornato sui suoi passi: il non mi piace non c’è e continuerà a non esserci.

Non è la prima volta che quest’idea balena nella mente di Zuckerberg, ma ogni volta che la proposta è stata tirata in ballo il risultato è sempre stato lo stesso: l’idea non è buona, quindi è stata scartata. Ma quali sono le ragioni che impediscono al boss di Facebook di affiancare un nuovo tasto a quello già presente?

Innanzitutto bisogna chiarire che il tasto “mi piace” non è un semplice accessorio. Magari per chi carica le foto del proprio cane o dell’ultima torta che ha preparato avere un solo mi piace oppure cento non fa una grande differenza, ma per le aziende presenti su Facebook i mi piace si traducono in moneta sonante. I grandi colossi dell’economia mondiale, le famigerate multinazionali, tutte presenti sul popolarissimo social network, hanno interesse a veder crescere il numero di mi piace sulle proprie pagine poiché questo può far salire il prezzo delle loro inserzioni pubblicitarie. L’introduzione dell’alternativa, il tasto non mi piace, avrebbe quindi la funzione inversa. Immaginiamo ad esempio che una nota azienda automobilistica tedesca, attualmente sotto l’occhio dei media a causa dello scandalo emissioni, veda la propria pagina Facebook riempirsi di non mi piace: questo fatto potrebbe tradursi in un’ulteriore perdita economica. Già oggi il numero di like incide persino sulle quotazioni in borsa delle grandi società, immaginate quale potrebbe essere il peso dei dislike.

Fuori dal campo economico, il non mi piace potrebbe tradursi in un notevole danno d’immagine anche per i personaggi pubblici: un artista, un attore hollywoodiano o un politico (categoria che suppongo attirerebbe i non mi piace come il miele le mosche) non gradirebbero di certo veder crescere a dismisura i dislike sulla propria pagina a seguito di una dichiarazione controversa, di una gaffe in pubblico oppure di un film non riuscito.

Infine, passando all’ambito dei singoli utenti di Facebook, il non mi piace potrebbe trasformarsi facilmente in un’arma nelle mani dei bulli per ferire gli individui più deboli: un’adolescente che pubblica una propria foto e vede un’ondata di non mi piace ne resterebbe senz’altro ferita nell’autostima. E al giorno d’oggi esistono già tanti modi per perseguitare il prossimo, senza che Facebook ne introduca altri.

Il dislike potenzialmente è un’arma potente, perché a differenza dei commenti offensivi non può essere segnalato e cancellato e non viola alcuna regola, ma al pari degli insulti può essere usato per ferire e procurare sofferenza. Ecco perché, in un mondo dove al bullismo vecchio stampo si è aggiunto da anni il cyberbullismo, fornire un’arma in più ai prepotenti non è un’idea saggia. Per questo motivo probabilmente il celebre social network americano è così restio ad introdurre questa funzione che, se davvero si aggiungesse a quelle già presenti, quasi certamente porterebbe più male che bene.

Saluti dalla plancia,

CARLO DELASSO

Altre immagini