Binari morti? Società

Dopo lo scontro di due treni sul binario unico tra Corato ed Andria, la stampa nazionale ha scoperto, che oltre alle frecce rosse e all'Italo (che corrono prevalentemente tra Napoli e Milano), ci sono molte tratte delle ex Ferrovie dello Stato che vanno a binario unico. E che tante tratte gestite da enti ferroviari regionali (fanno tanto lottizzazione) ignorano il doppio binario.

Benevento, che pure è storicamente un nodo ferroviario di un certo rilievo, non si meraviglia. L'ente regionale ha ridotto a mal partito la Benevento-Cancello che di domenica va sostanzialmente in vacanza, anche se il presidente della Regione ha promesso che la riempirà di pellegrini diretti a Pietrelcina passando subito ad ammodernare il relativo tratto della Benevento-Campobasso praticamente dismessa. Le ex Ferrovie dello Stato hanno pure in cura (si fa per dire) la Benevento-Avellino, che una volta arrivava a Salerno (abbiamo già sollecitato l'orgoglio manifatturiero di De Luca suggerendogli di programmare una nuova linea Salerno-Benevento-Campobasso-Termoli, anche per le esigenze del porto che tanto gli sta a cuore). Sia l'una che l'altra sono ovviamente a binario unico, come si progettavano al tempo della loro costruzione: e non sono elettrificate.

La principale linea ferroviaria che passa da Benevento è quella che congiunge la Puglia a Roma e a Napoli. Da Foggia a Caserta il binario è uno solo. Per la verità c'è un doppio binario tra le nuove (e abbandonate) stazioni di Vitulano e Paduli, ma non sono mai apparsi all'orizzonte due convogli che si incrocino. I ventitré chilometri di doppio binario elettrificato potranno far comodo alla già troppo sbandierata Alta Capacità Bari-Napoli, quando qualche lotto interesserà le nostre plaghe. Da Foggia a Benevento il Freccia Argento impiega 1h e 04' quanto il rapido di mezzo secolo fa (nel 1939 1h e 26'), che però fermava sempre a Benevento mentre le Frecce talvolta tirano diritto.

Non è necessario che si discuta di ferrovie solo quando succede un disastro. Anche perché saremmo interessati a prospettive di riqualificazione del servizio, il che comporta inevitabili ricadute immediate di occupazione nei settori industriali interessati. E però ci sarebbe anche l'interesse a discutere di quel che sarà dello scalo di Benevento e di come esso potrà interagire con trasportatori, spedizionieri, distributori.

Non è nostro costume infierire, ma è lecito domandarsi se chi ha realizzato la nuova piazza Colonna con tanto di fontana, restringendo la strada al punto di impedirvi l'accesso ai cosiddetti TIR, abbia pensato a quale “funzione” debba assolvere la stazione. Non amiamo citarci, ma qualche spunto di riflessione lo abbiamo offerto nel passato sulla necessità di immaginare una riorganizzazione degli spazi di pertinenza del “nodo” con la costruzione di una nuova stazione lungo Via Muro della Caccia facendola affacciare sulla rotonda dei Pentri. Il tutto per ricavare gli spazi necessari alle movimentazione delle merci secondo le esigenze del trasporto integrato più moderno.

Della logistica ferroviaria a Benevento non si è preso cura nessuno. Assistiamo inerti, come se la cosa non ci riguardasse, alla divulgazione di informazioni su una fantomatica Stazione Irpinia in quel di Grottaminarda, che dovrebbe assicurare (per un comprensorio minimo) proprio le funzioni che più propriamente dovrebbe assolvere la stazione nodale di Benevento. Già l'idea di costruire una galleria di una trentina di chilometri sotto Ariano appare una inutile sbruffonata modernista. Nella seconda metà dell'Ottocento, quando la Caserta-Benevento-Foggia fu realizzata, fu affacciata l'idea di un percorso geologicamente più agevole attraverso la Valle del Miscano e Troia. Fu proprio un deputato della zona ad arrendersi, per allontanare il sospetto che volesse favorire interessi privati. Formare a Benevento l'hub ferroviario territoriale risulterebbe agevole sol che si pensi che dalla valle Ufita di Flumeri i binari per collegare l'area industriale che fu dei bus della Fiat potrebbero arrivare in pochi chilometri alla stazione (già realizzata, anche se abbandonata) di Paduli.

Il fatto è che della infrastrutturazione ferroviaria con una visione che superi il confine del borgo non interessa a nessuno. C' è un precedente che illumina il concetto meglio di qualsiasi altra argomentazione. Lo dirò in poche parole.

Poco più di vent'anni fa l'Italia chiese di attingere ai fondi europei per due grandi progetti: l'aeroporto di Malpensa (Malpensa Duemila) e un fascio di quattro binari che da Trieste scendesse fino a Taranto (Corridoio Adriatico). Mi preme ricordare che questo corridoio doveva razionalizzare e potenziare la portualità italiana dell'Adriatico (con possibile coinvolgimento degli altri stati dello costa Orientale, con una penetrazione fin verso le aree del Mar Nero) e istradare verso Trieste i traffici navali provenienti dal Canale di Suez e dal Bosforo, facendo risparmiare 48 ore di navigazione rispetto alla destinazione Rotterdam. L'Europa rispose che poteva finanziare uno solo dei due progetti e che l'Italia scegliesse.

Che cosa scelsero parlamento e governo? Scelsero di buttare i soldi nel fallimento del grane hub di Malpensa che doveva essere la consacrazione a livello di vettore mondiale della romanissima Alitalia. Sapete com'è andata a finire. Alitalia non esiste quasi più, e comunque fa base a Fiumicino e Malpensa è una cattedrale nel deserto (quelli che venivano a farle al Sud sono stati capaci di farne qualcuna anche a casa loro). Umberto Bossi, allora baldanzoso capo secessionista, si prese il piacere di accusare di insipienza i parlamentari del Sud che avevano dato il loro assenso all'affare Malpensa.

La questione ferroviaria che riguarda Benevento è cosa ben più piccola. Ma se non stiamo con gli occhi aperti e se non “partecipiamo” alle fasi della progettazione, rischiamo di regalare a qualcuno che se ne vanterà una Malpensa in salsa irpina, quando una superficiale analisi della realtà delle comunicazioni assegna a Benevento un “naturale” ruolo centripeto della auspicata intermodalità.

Proprio per la previsione della durata dei lavori, le opportunità offerte da una ferrovia moderna tra Adriatico e Tirreno dovrebbero costituire per le classi dirigenti di Benevento una formidabile occasione di riscatto.

MARIO PEDICINI

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