Le fattucchiere di Roma si rifornivano a Benevento! Società

La leggenda del noce e delle streghe di Benevento gode di fama straordinaria e non solo in Italia. E non dovrebbe suscitare stupore incontrare di tanto in tanto anche solo un accenno ad essa. Eppure non ho potuto impedirmi un moto di meraviglia e di sorpresa quando ne ho incontrato questa ennesima prova in un “luogo” letterario inaspettato.

Avevo da sempre desiderato di leggere il grande poeta romanesco Trilussa in una edizione completa e integrale, ma non c’ero ancora riuscito. Poi, quest’anno, il colpo di fortuna. Durante una visita, l’occhio mi cade subito, attirato immediatamente dalla  vista di scaffali e abituato com’è a curiosare subito tra i libri che vi si trovano, sul volume mondadoriano dedicato, nella collana dei “Classici Contemporanei italiani”, a tutte le sue poesie E, confesso, sarò stato anche troppo insistente e forse maleducato nel chiederlo, ma alla fine sono riuscito a farmelo “prestare”. Per il momento.

Ne ho, logicamente, iniziato subito la lettura. E poi, alla pagina 113, cosa trovo? Un sonetto intitolato “La fattucchiera”. E nella seconda quartina che leggo? Che la fattucchiera romana si riforniva a Benevento! E allora non ho resistito al desiderio di condividere gli amici beneventani. Quei pochi almeno che, come me, ancora non conoscevano questa “testimonianza” di Carlo Alberto Salustri, il noto e a Roma amatissimo Trilussa.

Il quale, nel satireggiare fattucchiera e “madame” sue clienti, ci informa - fosse realmente vero o fosse anche, al limite, solo l’effetto cercato e voluto dalla “operatrice” per accreditarsi con la clientela, stante la “fama” della leggenda beneventana - che in quella oscura stanzetta romana, “tra le pile e le carte” e “un sacco de barattoli d’inguento”, c’erano pure “erbe e noce pijate a Benevento, / bone pe’ fa’ qualunquesia scongiuro”. Insomma, “roba di qualità” superiore! 

(da Trilussa, Tutte le poesie, Mondadori, “I classici contemporanei italiani”, 1951, XIX 1968, 113)

AUGUSTO COLUCCI 

La fattucchiera

Abbita in Borgo, in un bucetto scuro,

pieno de ragni che te fa spavento:

c’è ‘na scanzìa, du’ sedie un letto a vento

e quarche santo appiccicato ar muro.

Tra le pile e le carte ce tiè puro

Un sacco de barattoli d’inguento,

erbe e noce pijate a Benevento,

bone pe’ fa’ qualunquesia scongiuro.

Benanche che ‘sto sito è così infame,

in certi giorni c’è de le giornate

ch’è sempre pieno zeppo de madame.

E ce vanno nun se sa se quante!

Tutte signore oneste, maritate,

che vonno le notizzie de l’amante.

TRILUSSA (Roma, 1871-1950)

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