Come valorizzare l'ex Seminario Società

No al Seminario come ricovero di mendicità. Tra i mendicanti annovero anche gli uffici statali che hanno tutti una dignitosa sistemazione (tranne il Comando Provinciale della Guardia di Finanza, per la logistica) e che non hanno mai chiesto di aderire alla proposta già avanzata dall'Amministrazione Pepe, che parlava anche del comando dei Vigili del Fuoco. Per cui non vedo la ragionevolezza di un rilancio da parte dell'Amministrazione Mastella.

Non sta scritto da nessuna parte che gli uffici statali debbano stare tutti nello stesso caseggiato. La loro distribuzione intelligente sul territorio rappresenta, invece, occasione di presidio del territorio stesso e di opportuna parcellizzazione dei servi commerciali interessati : dalle salumerie alle cartolerie, per finire ai barbieri e ai caffè.

Ogni proposta dovrebbe partire dalla valutazione funzionale dell'edificio. Ebbene l'edificio di cui stiamo parlando (spesso solo dicendo ex scuola allievi Carabinieri) è, in effetti, uno straordinario complesso funzionale destinato a scuola di livello superiore. Tale era il Pontificio Seminario Regionale che Pio XI (al cui nome era intitolato) volle realizzare nella capitale della Regione Ecclesiastica Benevento: una scuola di formazione anche a livello universitario del clero chiamato a formarsi quale classe dirigente del mondo cattolico.

Il cardinal Lavitrano benedisse la prima pietra il 21 febbraio del 1930. Il 23 luglio la città fu scossa dal terremoto. Ai progettisti Satriano e Ciapparelli, la Santa Sede (che ci metteva i soldi) affiancò Momo e Malchiodi, nonché l'esperto di costruzioni in cemento armato Carlo D'Ambrosio. Non per essere pignoli, ma Giuseppe Momo era “architetto della Fabbrica di San Pietro”, progettista del palazzo del Governatorato del neonato Stato della Città del Vaticano, nonché del nuovo ingresso dei Musei Vaticani. L'edificio beneventano è, dunque, un edificio rientrante a buon diritto tra le opere architettoniche più significative del Novecento non solo per Benevento.

E' il caso anche di ricordare che proprio per collegare il nuovo Seminario alla città venne realizzato il magnifico viale che fu intitolato ai trasvolatori Atlantici. Seminario e Viale inaugurati a tre giorni di stanza il 25 e il 28 ottobre 1933.

Quindi  la destinazione più naturale dell'ex Seminario è quella di una scuola. L'ideale per ospitare alcuni dipartimenti dell'Università.

Il rettore Filippo De Rossi era appena stato eletto e, in presenza del predecessore Filippo Bencardino, lo informai di una mia iniziativa. Avendo avuto la possibilità di incontrare il Ministro della Pubblica Istruzione (o come si chiamava allora) Maria Chiara Carrozza, le avevo chiesto di far passare dal Demanio al patrimonio della Pubblica Istruzione l'ex seminario. Aveva acconsentito, suggerendo che le venisse fatta pervenire una proposta da parte del Rettorato, perché la cosa si poteva definire con un accordo di programma.

Devo per onestà riferire che De Rossi da subito spense ogni entusiasmo affermando che ci volevano troppi soldi per renderlo agibile alle necessità dell'Università.

AL Ministro non giunse, pertanto, alcuna richiesta.

Ora si dà il caso che non si capisce se gli uffici assegnati all'utenza della provincia (intesa come ripartizione territoriale dell'apparato amministrativo statale) resteranno a Benevento. Spendere soldi per stravolgere l'edificio e poi vederne fuggire gli ospiti non sarebbe certo un bell'affare.

Dell'Università, invece, è possibile immaginare la sopravvivenza anche senza la provincia. E allora è necessario un colpo d'ala. Al Seminario possono andare come minimo le facoltà e i corsi di studio del polo scientifico.

Proprio all'indomani del rifiuto (sempre del rettore De Rossi) di occupare il complesso di San Vittorino, appena restaurato con la precisa intenzione di farne locali adatti all'università, è necessario che il sindaco Mastella prenda di petto la situazione dell'Università del Sannio.

Negli anni ‘60 l'abbiamo sognata come strumento di valorizzazione e di crescita culturale della comunità beneventana e come tale l'abbiamo salutata quando, trent'anni dopo, finalmente cominciò ad operare, prima come gemmazione di Salerno e poi come entità autonoma.

Non ci piacciono i reggitori di un simile organismo eletti democraticamente ma incapaci di proiettarsi verso un rilancio. Il sindaco della città non può restare indifferente rispetto ad un autentico tradimento delle speranze e delle risorse che la città ha messo per far nascere vivere l'università (e anche i suoi magnifici rettori).

Il Seminario come sede di un complesso significativo dei dipartimenti dell'Università del Sannio sarebbe non solo la riqualificazione di un bene di enorme valore economico a rischio di degrado irreversibile. Sarebbe anche, non solo simbolicamente, il segnale che all'Università la società beneventana continua a credere e intende dare nuovo supporto e più fresche sollecitazioni.

MARIO PEDICINI

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