Dopo la giornata mondiale della psoriasi: Società

La dottoressa Antonia Galluccio traccia un lailancio positivo delle recenti iniziative. I farmaci biologici vanno usati solo in alcuni casi

In margine alla II Giornata Mondiale della Psoriasi c’è stato qualche appunto critico mosso nei confronti dei media. Mara Maccarone, presidente dell’ADIPSO (Associazione per la difesa degli psoriasici), ha affermato ad esempio che “i media sottovalutano di solito la nostra patologia solo perché non mortale. Per questo abbiamo ritenuto opportuno far precedere la Giornata mondiale della psoriasi da una conferenza stampa, al fine di raggiungere tutti i mezzi d’informazione, dai quotidiani ai periodici, alle reti televisive, con l’evidente funzione di veicolare la nostra Campagna sociale”. Fermo restando che la nostra testata è una delle poche, se non l’unica, nella nostra provincia ad essersi interessata da tempo e con gran risalto al problema, ed i nostri lettori più attenti potranno testimoniarlo, abbiamo raccolto anche la risoluta puntualizzazione (rivolta più che altro ad una nota emittente televisiva della nostra provincia e ad un diffusissimo settimanale nazionale) della dottoressa Antonia Galluccio, Responsabile della Unità Operativa di Dermatologia dell’Ospedale Fatebenefratelli di Benevento, segretario nazionale dell’AISP (Associazione interdisciplinare per lo studio della psoriasi) e coordinatrice per la regione Campania dell’ADOI (Associazione dermatologi ospedalieri italiani), massima autorità competente territorialmente, quindi, per lo studio e la cura della psoriasi.
Dottoressa Galluccio, quanto i media possono contribuire alla divulgazione della conoscenza di una malattia e delle terapie da adottare? Oggi i media sono mezzi di grande divulgazione della conoscenza, soprattutto in medicina. E proprio per questo le notizie devono essere precise, puntuali e non distorte da espressioni approssimative. È impensabile che in un messaggio di divulgazione medica, in pochi minuti si parli di tante patologie, ingenerando confusione. Inoltre è fatto obbligo di chi gestisce l’informazione televisiva o giornalistica essere attento a che i messaggi degli esperti siano scientificamente e professionalmente validi, nell’interesse di tutti.
Come si è svolta quest’anno a Benevento la “Giornata mondiale della psoriasi”? Sono stati organizzati dei tavoli d’accoglienza per la gente che ha chiesto notizie sulla patologia, ottenendo chiarimenti non soltanto su quelle che sono le cause della malattia, ma anche su quelli che sono i protocolli terapeutici, dai farmaci topici, quindi locali, ai farmaci per via generale. Ultimamente si fa tanto parlare di farmaco biologico. È la strada maestra da percorrere per il futuro o una delle tante altre nella lotta alla psoriasi? Sicuramente è una delle tante terapie da adottare. Non dimentichiamoci che s’inizia la terapia soprattutto quando si tratta di forme molto lievi, da terapie locali a terapie generali che vanno dall’utilizzo del methotrexate all’utilizzo della ciclosporina, farmaco principe per questa patologia, fino ai biologici. I biologici non sono farmaci da utilizzare per tutti, ma soltanto per quelli che hanno una psoriasi grave, a placche, di grado moderato-grave, oppure nei pazienti che hanno una compromissione articolare, quando non abbiano risposto alle comuni terapie antipsoriasiche o abbiano addirittura un\\\'intolleranza ai farmaci che ho prima menzionato, cioè il methotrexate per epatopatie, oppure alla ciclosporina nel caso d\\\'ipertensione o insufficienza renale, per cui sono estremamente controindicati questi farmaci. I casi di psoriasi sono in continuo aumento. Frutto di una migliorata diagnostica rispetto al passato? Mah, sicuramente non è legato solo a questo. Probabilmente c’è una più attenta osservazione della patologia, ma anche una maggiore volontà da parte del paziente di mostrarsi. Non dimentichiamo che questa è una patologia che arreca un enorme disagio psicologico al paziente che deve mostrarsi, in pubblico, nelle attività lavorative, con queste caratteristiche manifestazioni eritematose o squamose e, quindi, sicuramente in passato veniva un pochino nascosta dal paziente stesso, oppure non si palesava e non si chiedeva al medico quali erano le indicazioni terapeutiche. Oggi c’è, proprio perché se ne parla, una maggiore apertura ed una maggiore volontà di guarire.

GIANCARLO SCARAMUZZO