Principe (Pd) attacca: 'A Benevento c'era una volta la cultura' In primo piano

'C'era una volta la cultura. In una storia non lontana da noi, ma neanche troppo vicina per poterne rievocare fasti, profumi, sapori. C'era una volta Benevento, la città con al suo attivo l’essere l’unica più antica di Roma. Con stratificazioni culturali ataviche, dal culto di Iside al cellario fino ai longobardi, dai romani al medioevo, dai papati alla caccia alle streghe. Benevento sui due fiumi Sabato e Calore, un tempo ricchezza; Benevento distesa ai piedi di una montagna, straordinariamente unica, la Bella Dormiente; Benevento con i suoi reperti unici al mondo: Arco di Traiano, Teatro Romano, Ponte Leproso, Arco del Sacramento, Santi 40, Chiesa di Santa Sofia (Patrimonio Unesco), ecc. Benevento dove non c’è confine o spazio utile per distinguere storia e realtà'.

Inizia così la nota di Vittoria Principe, esponente del Pd e del gruppo 'Sfidiamoli', che aggiunge: 'E ritrovarsi nei suoi vichi e vicarielli, calpestarne il sapore avito, gustarne meraviglie immanenti tramite una percezione che rimanda nella sua maestosità alla trascendenza. Non c’è angolo che non racconti ciò. Percezioni sensoriali e dell’animo rilasciate da strutture e profumi ove si mescola il sacro con il profano, il bianco ed il nero, l’immanente ed il trascendente. La maestosità di un popolo, l’unico a piegare i romani nelle Forche Caudine, a fare storia con il brigantaggio, a travalicare i confini dell’umano con la città dei Santi. L’unica ad avere spoglie di un apostolo San Bartolomeo, l’unica ad avere un Santo nato a pochi chilometri dal capoluogo, P. Pio'.

'Benevento brand di se stessa. Nulla da aggiungere. Nulla da inventare. Nulla da costruire ad hoc. A Benevento non servono Alberi di Natale maestosi e luminarie d’autore. Benevento luce di se stessa. Luce per amministratori illuminati. Per chi scommetteva su Città Cultura. Quella città dei Teatri e della 'sapienza' che. prescindendo da sterili protagonismi, era oggetto di attenzione di testate giornalistiche di rilievo nazionale.

Quella città di cultura che redigeva macroscopiche rassegne stampa di respiro internazionale e dove le 'prime' erano firmate da grandi registi, autori, attori. Quella città che, nella ricostruzione post terremoto, s’inventò la formula magica per entrare nel panorama nazionale a pieno titolo e far tremare il sangue nelle vene a consolidate 'Spoleto'.

Quella città dove gli Uffici Stampa erano firmati Pignatelli e non nani e ballerine di turno compiacenti del signorotto al potere. Qualità, qualità, qualità. Dove l’umanizzazione di una città, che rilanciava se stessa, passava anche attraverso spazi esterni, perlomeno in apparenza, alla cultura stessa. Un esempio, Benevento, prima fra le città in Italia, ad avere una sanità umanizzata di cultura, per rendere più accettabile anche la sofferenza oggettiva. Un positivo effetto domino che avrebbe portato Benevento oltre… ma davvero oltre…

Oggi - conclude Principe - il sapore agro dolce e fastidioso della salsiccia e del pecorino sembra aver cancellato tutto ciò. Il puzzo del fritto stantio, grossolanamente provinciale e paesano, ha avvolto in una nebbia di oscurantismo la nostra amata città. Ripiegata su stessa, logorata e violentata nella sua essenza, Benevento arranca in una corsa ad ostacoli, generati da quegli stessi che dovrebbero farla vivere. Banalizzazioni di una cultura spot e ad effetto media. Degenerazioni oggettive che rimandano a festa farina e forca della peggiore specie. Non il popolo con la sua essenza in primo piano, ma la massa stordita dal triccabballacche di turno, mentre il signorotto si gonfia di sé in una saccenteria sterile, improduttiva ed auto referenziale. E la follia lo porta a ritenersi come il peggiore dei mecenate, brand di se stesso'.

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