Piccola cronaca di una visita a un lettore speciale Società

Nel turbinio della crisi dell’editoria, con giornali periodici, riviste e tipografie storiche che chiudono, se c’è un lettore che ci dice “Venite a farmi una visita, ho piacere di scambiare quattro chiacchiere con voi, sapete quanto vi stimo…” come si fa a dire di no?

Se questo lettore è poi Pompeo Vorrasi, artista fine ed elegante con le sue opere pittoriche e scultoree sparse in tutto il mondo, è chiaro che per noi è un’occasione ghiotta.

Ed è stato così che in una bella giornata di sole con Mario Pedicini abbiamo imboccato la strada per Campobasso e siamo usciti a Fragneto Monforte, “il paese delle Mongolfiere e del Duca”.

Ed è proprio il bellissimo castello e l’antico tiglio che ci troviamo davanti appena arriviamo… ma dov’è la casa di Vorrasi?

Cerchiamo qualcuno per chiedere, ma le strade, bellissime, pulite ed ordinate con tante case dai balconi fioriti, sono maledettamente vuote.

E’ solo davanti a un bar che troviamo due persone “Dov’è la casa di Vorrasi, il pittore”, chiediamo.

“Chi, ‘o professore?” … “Lì, sulla salita andate a sinistra e vi trovate la sua casa”.

Dal parcheggio all’abitazione del nostro saranno cento metri, ma ci abbiamo messo un po’ perché Mario, da alcuni anni coltiva la passione per la fotografia e l’ho visto come impazzito a fotografare ogni particolare di case, archi, panorami, vicoletti preso ovviamente da tanta bellezza.

Per chi non lo sapesse… è anche bravo, tant’è che alcune sue foto le abbiamo utilizzate finanche per realizzare diverse pregevoli copertine delle nostre Edizioni.

Pompeo ci accoglie sulla soglia di casa… è felice di incontrarci e ce lo dichiara subito. Anche noi se siamo felici.

Immagino che i nostri lettori vogliano sapere come sta, come porta i suoi quasi novanta anni (è nato il 28 ottobre 1928).

Bene, benissimo se non fosse per quella piccola debolezza all’udito, alla quale, però, ha posto rimedio, ma… “vi raccomando - ci dice - parlate piano e non alzate la voce”.

E’ vigile e sale agevolmente le numerose scale della sua bella casa che si sviluppa su tre piani.

Li percorriamo tutti questi tre piani con il nostro che ci racconta come quella sia la casa della sua famiglia: rimasta tale nella struttura di base, ma ovviamente molto rimaneggiata, secondo i gusti raffinati di un artista molto legato alla sua terra e alle tradizioni della sua famiglia.

Vive qui da solo, ha un’assistente, ma sappiamo che è circondato dall’affetto dei suoi nipoti che lo adorano.

Quando ci parla del suo papà e della sua mamma, una donna dolcissima, raffigurata in più di un dipinto, si commuove.

Del suo papà ricorda che da giovane era un fine artigiano decoratore ed ebanista.

Politicamente era stato un fervente antifascista e non si rassegnava al fatto che il suo figliolo, Pompeo, fosse nato proprio il 28 ottobre (Marcia su Roma 28 ottobre 1922, ndr) e, ancora peggio, che già da quando aveva sei anni disegnava alla perfezione il volto di Mussolini e che quei disegni furono presentati al Duce in persona ai “Ludi Juveniles” che si celebravano nella Capitale.

E’ molto bello ascoltare Pompeo, che poi spazia sulle tematiche più varie ricordando vita, fatti e personaggi della nostra città.

E lo fa da testimone arguto e scanzonato, talvolta anche impietoso, ma sempre con lo stile dell’uomo colto e appassionato.

Qua e là sulle mensole si scorgono alcune foto di volto di donne e così gli chiediamo di una certa Dina - molto bella ed affascinante - che sul retro della foto aveva scritto “A Pompeo con affetto”.

“Chi era?”.

Pompeo si schernisce e aggiunge: “Io amo molto la famiglia, una cosa bellissima. Ed è proprio per questo che non mi sono mai sposato, né costituito una famiglia, perché non sarei stato all’altezza di una responsabilità così impegnativa e forte”.

E’ bello chiacchierare con Pompeo, ma l’orologio corre e, diciamo la verità, in me e Mario cresce il desiderio di visitare lo studio dell’artista che sappiamo essere all’ultimo piano.

Raggiungiamo finalmente quello che Pompeo chiama “la bottega”.

Non prima però di aver incassato un po’ di complimenti per il nostro lavoro giornalistico: “Seguo il vostro giornale sin dalla fondazione e lo aspetto sempre con ansia. Quando le poste dimenticano di consegnarmelo lo mando a comprare in edicola a Benevento. Lo leggo tutto a cominciare dai “fondi” di Mario e poi che dire… “la lettera dell’emigrante”, ma quella è uno scherzo solo nella forma, perché lì ci trovo letteratura, storia, filosofia…”.

Prima di arrivare alla “bottega” passiamo per un terrazzo… che dire… bellissimo, con un panorama mozzafiato e grazioso, con tanti fiori.

Ora siamo finalmente nello studio di Pompeo Vorrasi.

E qui potete immaginare che ti combina quel genio-fotografo di Mario Pedicini.

Fotografa tutto e devo dire che ne vale la pena.

A questo punto la nostra visita è finita e Pompeo ci congeda con un acquerello fatto all’istante: uno per me, l’altro per Mario.

Sarà questo il ricordo di una mattinata splendida trascorsa presso lo studio di un artista che ha onorato la sua città e il Sannio con la sua arte vissuta sempre con molta modestia e per questo forse ancora più apprezzata.

GIOVANNI FUCCIO

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