Ancora in alto mare la crisi dei rifiuti nel Sannio In primo piano

La verità è che quando la coperta è troppo corta, c'è inevitabilmente di che lamentarsi. La storia della crisi rifiuti nel Sannio - sicuramente sfiorata e forse evitata in queste ultime ore e giorni - è in questo senso emblematica. Soldi per la gestione dei rifiuti, non ci sono; le tasse su questo servizio di pubblica utilità sono già salatissime ed i sindaci del Sannio non intendono gravare ulteriormente sulle tasche dei propri concittadini.

D'altra parte, il Comune che conferisce più rifiuti in assoluto, Benevento, con le sue 9.000 tonnellate all'anno, ha un tasso di evasione fiscale esagerato - come ha riconosciuto e denunciato lo stesso sindaco Mastella. Mancano all’appello, dunque, parecchi soldi. E la Samte, la società interamente partecipata dalla Provincia che gestisce parte del ciclo dei rifiuti, ha scongiurato in extremis la prospettiva del fallimento.

Una sentenza del Consiglio di Stato del 30 giugno, che ha sconfessato precedenti sentenze della Magistratura amministrativa di primo grado, ha in sostanza riconosciuto come “equa” la tariffa imposta mediante una delibera della Provincia per il trattamento dei rifiuti: dunque, i Comuni che portano a Casalduni i loro rifiuti, dovranno ora adeguarsi e pagare un prezzo più alto di quello auspicato.

E torniamo alla questione principale: i Comuni comunque non ci stanno, perché - come dicevamo - non vogliono scaricare sui cittadini tasse aggiuntive dovute a prezzi più alti.

La Samte, ricordiamolo, è stata istituita dalla Provincia di Benevento obbedendo ad una disposizione di legge statale: si era nel 2009, Governo Berlusconi, che a fronte della catastrofe della gestione commissariale dei rifiuti in Campania (che tuttora costa, a seguito di una mega-multa comminata dall'Europa allo Stato italiano e girata alla Regione Campania, la bellezza di 120mila euro al giorno) decise di cambiare completamente registro.

Fu affidata alle Province la gestione degli impianti di trasformazione dei rifiuti dopo la raccolta differenziata: per il Sannio, la Samte interviene con l'impianto di Casalduni, detto Stir, che appunto provvede ad una prima trasformazione dei rifiuti. La stessa società prese in carico anche i 54 lavoratori che tuttora vi prestano la loro opera.

Sempre nel 2009 lo Stato impose ad ogni Provincia campana di accollarsi anche le spese di gestione delle discariche insediate sui loro territori dal Commissariato di Governo: nel Sannio queste discariche diciamo “legali” - ma assolutamente fuori norma e fuori controllo - sono ben 8, le più sinistramente famose sono quelle di Toppa Infuocata, nei pressi di Fragneto Monforte, quella di Tre Ponti, a Montesarchio e quella in contrada Nocecchie, a Sant'Arcangelo Trimonte.

Proprio su quella dissennata distribuzione di discariche in Campania l'Europa, dopo aver “ammonito” più volte l'Italia, inflisse la pesantissima multa che ancora oggi non sappiamo fino a quando dovremo scontare.

Di questi otto siti “legali” (ma assurdi da ogni punto di vista, tanto che la Magistratura li ha anche sequestrati perché producono inquinamento) la Provincia ha ottenuto finora un finanziamento solo per disinquinare la discarica di Serra Pastore, a San Bartolomeo in Galdo (i cui lavori di bonifica sono iniziati circa un mese fa); ovvio che, gestire tutto questo ha un costo: la Provincia ha rifatto i conti a far data dal 2014 (da quando, cioè, non ha più risorse da investire nel ciclo rifiuti dovendole, obtorto collo, rimandarle a Roma per ripianare il deficit statale!).

La tariffa imposta ai Comuni passò così da 109 a 145 euro a tonnellata; molti Comuni, al di là di ogni schieramento politico, si ribellarono alla decisione: il Tar, presso il quale presentarono ricorso, diede loro ragione riportando la tariffa a 109 euro e tagliando, dunque, dal bilancio della Samte, qualcosa come 4,5 milioni di euro. La Samte andò immediatamente in amministrazione controllata pre-fallimentare e mise i 54 dipendenti in cassa integrazione a rotazione.

Nel frattempo la Regione Campania aveva a sua volta aumentato la tariffa per il conferimento all'inceneritore di Acerra, di quella parte residua della lavorazione dei rifiuti destinata ad essere bruciata, costringendo Provincia e Samte ad adeguare nuovamente le tariffe. 

Nel 2015 giunsero a 190 euro, nel 2016 tornarono a 175. Nuovo ricorso al Tar che ancora una volta dà ragione ai Comuni. Un altro milione di euro di mancato incasso per la società provinciale. Ma proprio a fine giugno scorso, quando già la Samte aveva comunicato, per lo scorso 17 luglio, la chiusura definitiva delle proprie attività per fallimento indotto (e non per “mala gestio”) nonché il definitivo licenziamento dei 54 dipendenti paventando l'insorgere di una nuova crisi dei rifiuti, ecco che il Consiglio di Stato, chiamato stavolta in causa dalla Provincia, dichiara pienamente legittimo l'operato della Provincia e della Samte, sconfessa il Tar e, di fatto, pone la tariffa a 190 euro. 

La Samte è salva. La crisi rifiuti nel Sannio è scongiurata. Ma a questo punto s’innesca la polemica politica, che in questi casi non manca mai: da una parte la Provincia e dall'altra il sindaco del Capoluogo, Clemente Mastella. Sarà un caso, ma da quando Mastella è primo cittadino di Benevento non c'è mai stato sindaco, della sua area politica, che abbia partecipato alle Assemblee dei Sindaci convocate dal presidente della Provincia, Claudio Ricci. 

Mastella rimprovera a Ricci il fatto di non poter esercitare la carica di presidente, non essendo più sindaco di San Giorgio del Sannio; ma il Ministero dell’Interno la pensa diversamente e così anche il Tribunale di Benevento, con una recentissima sentenza: per entrambi Ricci è legittimamente Presidente. In ogni caso Mastella dice che la Samte pratica prezzi esagerati, anche per una cattiva gestione da parte del suo management; stessa cosa dicono i sindaci di altri partiti politici, compreso il Pd. 

Ricci risponde che comunque le tariffe praticate dalla Samte sono le più basse della Campania, e che Benevento - che è il Comune maggiore - non paga da anni il servizio di cui usufruisce e che se i Comuni vogliono andare a conferire altrove (per esempio a Battipaglia o ad Avellino) debbono pagare di più, oltre alle spese enormi per il trasporto. Infine, debbono comunque continuare a pagare a Samte ben 40 euro per la gestione delle discariche Commissariali, così come impone la legge.

La situazione è in stallo: i mastelliani non vogliono saperne nulla di Ricci; aggiungono che la stessa Regione ha approvato una legge per conferire tutta la materia all'Ato rifiuti, un nuovo organismo che da febbraio ha anche un (contestatissimo) presidente, Giovanna Tozzi.

Il presidente Ricci dice che questo è vero, ma che l'Ato non è ancora funzionante per problemi gestionali e che comunque lui sta semplicemente svolgendo un ruolo di supplenza, onde scongiurare una ulteriore crisi. Insomma, si va avanti così.

Al termine dell'Assemblea dei Sindaci, tenutasi presso la Rocca lo scorso 5 luglio, è stato istituito un Tavolo tecnico al quale hanno preso parte il Pd, Forza Italia, l’Udc e Alternativa Popolare. Ma non Mastella ed i suoi.

La crisi non pare affatto scongiurata: la svolta, può venire dall'intervenuto via libera della Regione (la notizia è di pochi giorni fa) affinché, presso lo Stir di Casalduni, la Samte possa lavorare anche la frazione dell'umido, della carta e del vetro, utilizzando nuovi impianti per i quali sono stati concessi alla Provincia poco meno di un milione di euro. I Comuni potrebbero ridurre di molto le tariffe, visto che consegnerebbero l'umido a Casalduni e non più fuori Regione, come avviene oggi.

GIUSEPPE CHIUSOLO

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