Un monumento per il marchese Nicola Polvere Società

Più volte sulle colonne di Realtà Sannita si è affrontata la questione dei restauri dell’antico palazzo Polvere a Pago Veiano, rimasta purtroppo ancora irrisolta per diversità d’intenti e di azioni tra vari enti pubblici (Comune, Soprintendenza etc.) e i proprietari della struttura che - tutti discendenti del marchese e Senatore del Regno Nicola Polvere - sono oggi in massima parte le famiglie dei conti de’Cillis, dei principi Ruffo di Scilla e dei marchesi Rosati.

Dell’infinita diatriba protrattasi per decenni, il prezzo maggiore l’ha pagato l’imponente dimora gentilizia di Corso Margherita che, disabitata dopo il sisma del 1962, è diventata fatiscente e, ormai ridotta allo stato di rudere, si può immaginare in tutta la sua bellezza e signorilità solo con una buona dose di fantasia, sebbene siano ancora possibili il recupero della struttura e la sistemazione dell’annesso giardino che tanto gioverebbero al paese per la molteplicità degli usi cui potrebbero essere destinati e, al tempo stesso, renderebbero dovuto onore alla memoria di Nicola Polvere quale illustre personaggio del luogo.

Allo scopo di riaprire il dibattito sulla vicenda e, per ora, adempiere almeno alla seconda finalità, un pronipote di Polvere - il giornalista e scrittore Andrea Jelardi - ha annunciato in anteprima al nostro giornale la volontà di donare un busto raffigurante il suo avo in occasione di due importanti ricorrenze. «Già quest’anno» - ci spiega, infatti, Jelardi - «ricorrono i centottanta anni dalla nascita del Senatore Polvere, ma il 6 marzo 2015 cadrà il centenario dalla scomparsa. Sarà un evento importante che, spero, sia adeguatamente celebrato nel suo paese natio al quale ho perciò deciso di far dono di una scultura a grandezza naturale raffigurante il mio avo, auspicando che essa trovi degna sistemazione, inizialmente nella casa comunale di Pago e - magari in un futuro non troppo lontano – in quella che fu la sua dimora. Tuttavia, a prescindere dalle speranze, ritengo che il monumento valga se non altro a far conoscere e ricordare l’eminente concittadino, politico di spicco a livelli nazionali».

Chi era Nicola Polvere

Nicola Polvere nacque il 6 maggio 1833 nell’avito palazzo di famiglia dal marchese Salvatore e da Maria Carmela de Agostini, di distinto casato di Campolattaro. Laureatosi in Giurisprudenza a Napoli, fu Capitano della Guardia Nazionale di Benevento e poi di Pago Veiano coltivando idee liberali come la maggior parte degli appartenenti all’aristocrazia e all’alta borghesia del tempo, tant’è che nel 1861 fu nominato sindaco del paese natio con decreto luogotenenziale. Tuttavia, durante i coevi eventi del brigantaggio, dovette fuggire insieme al padre e allo zio arciprete sotto la minaccia dei ribelli che trucidarono un domestico rimasto a difendere il palazzo in un atto di estremo quanto inutile sacrificio, poiché esso fu comunque saccheggiato per diversi giorni e quindi dato alle fiamme. Non appena fu sedata la rivolta, Polvere potette rientrare a Pago con le mansioni di primo cittadino che conservò fino al 1893 (sostituito per un decennio da un assessore anziano), promuovendo varie opere tra cui il restauro di una fontana pubblica (1872) e, soprattutto, l’importante integrazione storica al nome del paese.

Nel 1862, infatti - dopo il rinvenimento di un’epigrafe romana per opera dello zio arciprete Angelantonio Polvere e agli studi su essa condotti dal congiunto Giosuè de Agostini - decretò che al toponimo Pago fino ad allora in vigore fosse aggiunto l’appellativo “Veiano” in base all’interpretazione fornita dall’archeologo tedesco Theodor Mommsen.

Nel 1874 iniziò pure la scalata nella politica nazionale con l’elezione a Deputato al Parlamento nella XII Legislatura, riportando un’inaspettata vittoria sul barone Nicola Nisco che da allora, sconfitto nel suo stesso collegio di San Giorgio la Montagna (oggi San Giorgio del Sannio), manifestò sempre vivissimo rancore per il marchese Polvere peraltro ininterrottamente confermato nella carica fino alla XVII Legislatura nel biennio 1890-1892.

Convinto sostenitore di Giovanni Giolitti, sempre nel 1892 venne nominato per censo Senatore del Regno e sedette a Palazzo Madama anche nei successivi governi di Francesco Crispi e Antonio Starabba marchese di Rudinì fino al 1897, quando tornò a dedicarsi all’attività politica nel natio Sannio come consigliere provinciale e, dal 1901 al 1902, Presidente della Provincia di Benevento.

Fratello del medico Carlo morto celibe in giovane età e del monsignor Giuseppe - canonico del Capitolo Metropolitano di Benevento e prelato domestico di Papa Pio X - il marchese Nicola Polvere fu quindi l’ultimo rappresentante del suo illustre casato anche perché dalla moglie, donna Amalia Cassitto dei Patrizi di Ravello e dei conti d’Ortenburg (Bonito 1838 - Benevento 1895), ebbe cinque figlie.

Insignito nel 1884 del cavalierato dei S.S. Maurizio e Lazzaro, appannaggio di Casa Savoia, e delle onorificenze di Cavaliere, Commendatore e Grande Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia, Nicola Polvere si spense a Benevento il 6 marzo 1915 dove, dopo solenni esequie in Cattedrale, fu sepolto nella cappella gentilizia presso il cimitero cittadino. Toccanti e sincere commemorazioni gli furono tributate in Senato dal presidente Giuseppe Manfredi e dai senatori sanniti D’Andrea e Mazzella che lo ricordarono con queste parole: «Intelligenza acuta, mente equilibrata, Nicola Polvere non ebbe grandi visioni nella vita pubblica. Gli uffici importanti che egli aveva conseguito, gli valsero principalmente per giovare al suo paese d'origine Pago Vejano. Si occupò della provincia di Benevento senza destare odii o rancori. Un’altra bella prerogativa di lui era quella di aver molto denaro e di averlo in molta parte speso, con larga generosità, a beneficio delle classi meno abbienti, dalle quali fu sempre ben veduto ed amato. Ma non basta, giacché tutto il bene che egli fece per i poveri del suo paese nativo lo fece con grande modestia, senza andare in cerca di lodi, facendo il bene per il bene, senza preoccuparsi di raccogliere sul suo nome fama ed onori».

A cento anni dalla morte, fama e onori sembrano un atto dovuto nei confronti di una personalità tanto illustre e c’è da augurarsi che il paese natio e gli altri enti locali - almeno stavolta - se ne facciano carico con qualche tangibile iniziativa.

VALERIO MASSIMO MILETTI

valerio.miletti@gmail.com

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