Cani Killer, la paura non cessa Cronaca

Cinquant'anni fa, un curioso personaggio si aggirava per le vie di Benevento catturando i cani randagi e conducendoli nell'unico canile dove sarebbero stati soppressi.

Quirino Montella, impiegato pubblico e figura istituzionale del suo tempo, con un lazzo alla mano e un fucile sulle spalle, prendeva i cani senza padrone e li poneva nella cuccetta posta sul suo carrettino. Un lavoro utile che gli fruttò una tale popolarità, al punto che anche le povere bestie, riconoscendo quella carretta, si davano alla fuga. Insieme all'ufficiale sanitario di allora il dott. Ludovico La Peccerella ed il medico provinciale Francesco Segreto, Quirino aveva il compito di curare l'igiene della città in un'epoca in cui, i cani di razza con il loro rispettabile pedigree, non erano di moda. Il signor acchiappacani così chiamato da molti, compieva il suo lavoro con autorevolezza, guadagnandosi la stima dei suoi concittadini.

Tempi ormai lontani, quando le strade delle nostre città non erano invase da branchi di randagi affamati e il cittadino comune non temeva le loro aggressioni. Chi l'avrebbe mai detto che il miglior amico dell'uomo sarebbe diventato un animale di cui aver paura?

Gli ultimi episodi in Sicilia ai danni di una turista tedesca e di un bambino e le due aggressioni nel Sannio, la donna sbranata a Montesarchio e il bimbo morto a Circello, sono la testimonianza di come la nostra società e i comuni nei quali viviamo, non hanno curato il problema del randagismo con provvedimenti concreti.

Alcuni dati

Nel Sud ci sono circa 70 mila cani senza padrone rispetto ai 3000 del Nord e, solo nella nostra provincia, i cani vaganti sono 9000 di questi, il 35% sono femmine; ciò significa che ogni cagna partorisce due volte dai 5 ai 6 cuccioli e, dopo appena sei mesi, è già pronta per partorirne altri. Quanto ai canili, in Campania ce ne sono 104 per 80 mila cani, vale a dire: occorrono 800 cani per canile. Dati senz'altro allarmanti secondo i parametri nazionali accettabili.

C'è molta delusione da parte di coloro che da tanto tempo, si sono fatti carico del problema personalmente, accogliendo e sfamando quotidianamente i randagi.

E' il caso di Pasquale Casciello, Responsabile Nazionale Settore Animalista il quale ci ha raccontato la sua esperienza: Sfamo 21 cani randagi al giorno 12 dei quali, vivono in assoluta libertà. Più volte ho denunciato questa situazione e chiesto di essere ascoltato, arrivando anche alla Procura Della Repubblica e dai sindaci, ma le autorità non hanno accettato un tavolo di confronto. Casciello ha inoltre, precisato che il randagismo è un problema di facile soluzione ed è inspiegabile che al livello comunale nessuno se ne interessi. Si spendono tanti soldi per foraggiare il business attorno ai cani -ha proseguito- anziché curarli. La Prefettura di Benevento ha mantenuto in piedi un tavolo di 4 mesi per una pantera inesistente, invece di dare ascolto al vero problema dei cani vaganti. Gli animali andrebbero più tutelati, soprattutto in Campania, dove ci sono 800 cani non gestiti. Basterebbe infatti, che la società civile spendesse dai 4 ai 5 euro l'anno per mantenerli.

Quanto ai canili comunali, con una direzione volontaria e un'authority di sorveglianza, i canili lager di cui si sente tanto parlare, cesserebbero di esistere.

Il canile fantasma di Limatola

Il consiglio provinciale e la Provincia hanno approvato all'unanimità il mio progetto sulla costruzione di un ricovero per cani -dichiara Pasquale Casciello- sarà un canile all'avanguardia, un albergo a cinque stelle per gli amici dell'uomo.

L'ambizioso disegno di un centro polifunzionale con un reparto di pet therapy, un parco naturalistico ed un'area parcheggi su una superficie di 80.000 metri quadri, rientra tra i grandi progetti regionali; avrà luogo nel comune di Limatola ed accoglierà dai 500 ai 700 cani.

Questo ricovero sarà un vertice di provvedimenti da attuare per gli amici a quattro zampe, ma anche un ospedale per gli altri animali. Rifugi del genere in Italia non esistono e questo se realizzato, sarà uno dei primi in Europa. Dobbiamo puntare sulla responsabilità dei sindaci -ribatte Casciello- non esistono cani randagi o aggressivi, ma è l'uomo che li rende tali.

Quanto ai canili esistenti, sono davvero una soluzione? Anche se ci sono dei progetti interessanti per costruirne di nuovi, essi costano e i fondi non sono sufficienti. Tuttavia, riempire i canili non serve, dal momento che questi dovrebbero essere solo un punto di appoggio. I cani che vivono da reclusi senza mai avere l'affetto di un padrone quando escono da lì, non sono addomesticabili, ma diventano selvatici e pericolosi per l'uomo.

Quando un cane è pericoloso

I volontari che abbiamo incontrato ci hanno spiegato che per prevenire in parte, il fenomeno del randagismo, occorre la sterilizzazione. Aspettare di far proliferare i cani, contribuirebbe al loro inselvatichimento: i cani abbandonati non più domestici, passano dal contatto con l'uomo che li ha abbandonati alla strada che li ha accolti, aumentandone l'aggressività. Secondo gli esperti del settore, non sempre andagi si nasce e i meticci sono più pericolosi dei lupi, che temono l'uomo e lo evitano. Contrariamente, i cani selvatici fanno branco e vedono in colui che li ha abbandonati qualcuno contro cui difendersi o da azzannare. Gli ex cani domestici che oggi nostro malgrado, conosciamo attraverso i telegiornali, rappresentano un pericolo per l'uomo che resta il principale responsabile delle loro azioni. Per questo, l'anagrafe canina e il tatuaggio, fanno in modo che i nostri cani siano controllati ed assistiti: se un cucciolo viene abbandonato si può così risalire al suo padrone. Anche la selezione di proprietari in grado di allevare un cane e non una macchina da guerra, è un'altra soluzione accettabile.

In tempi remoti non esistevano i cani di razza, ma solo quelli di campagna che avevano il compito di guardare le greggi. Questi cani pecorai -ricorda il dottore Mario Pedicini- passeggiavano in città e non rispettavano la moda di oggi, ma solo il loro compito.

Il primo canile civile del capoluogo sannita fu costruito nella zona di Santa Colomba dal Presidente Nazionale Ordine Geologi Pietro De Paola e fu il primo tentativo di alimentare, curare e tenere in vita i cani. Ma rispetto ad oggi, i cani di quei tempi, non erano poi così protetti: non c'erano leggi in loro difesa, né movimenti animalisti o cinofili incalliti. Le povere bestie di 50 anni fa, venivano prese a sassate dai ragazzi, usati per gli esperimenti di trapianti di organi, e tutto ciò non costituiva reato. Maltrattare gli animali non era scandaloso, né crudele, considerato che il mondo era appena uscito dalla guerra; l'Europa aveva ammazzato le persone senza pietà e lo stesso faceva con le bestie. Il randagismo di allora era ben diverso da quello odierno: i cani abbandonati di oggi rieducati poi alla strada senza averne il DNA, sono cani che inevitabilmente, attaccano l'uomo.

Essi non sono educati all'aria aperta, alla competizione con gli altri cani, né tantomeno sanno procacciarsi il cibo. Diventano una banda, un branco inselvatichito senza dignità e l'uomo non li riesce più a gestire.

La legislazione internazionale e la cultura anglosassone ci hanno tramandato il rispetto per i cani -precisa Mario Pedicini- Quirino faceva igiene del territorio e, nei tempi attuali, sarebbe opportuno che l'ASL facesse un decalogo e lo diffondesse nelle scuole per educare i ragazzi su come comportarsi nei confronti degli animali. Il volontariato di qualche anno fa ad esempio, mandava a raccogliere gli avanzi dei cibi nelle caserme per portarli ai cani.

Sarebbe utile mantenere ancora queste abitudini. In questo modo potremmo fare prevenzione sul randagismo, evitando così di apprendere dai notiziari l'ennesima tragica notizia.

SIMONA PALUMBO