Ciro, capitato tra gli umani Cultura

“Chiamalo Ciro o Gennaro, o come ti pare, tanto sempre napoletano è, perché Pietraroja, dove fu trovato, sta in pieno Regno borbonico”. Inutile discutere con certi napoletani, il regno credono di averlo ancora e sono convinti che il celebre cucciolo di dinosauro all’epoca sua, centodieci milioni di anni fa, guardava da lontano il golfo zampettando sul Matese. Quando poi faccio notare che il suo nome scientifico Scipionyx samniticus non ha proprio niente di partenopeo, cominciano a ironizzare: “li chiami scienziati quelli a cui è venuto ’ncapa di dargli due nomi, romano e… sannitico, che fanno a cazzotti tra loro? Comunque mo’ si chiama Ciro, sta esposto ccà, e venga a Napoli chi lo vuol vedere”.

La notizia mi è nuova, sono andato a Napoli a vederlo. Dal Rettifilo risalgo Via Mezzocannone fino a Piazzetta Nilo, passo davanti alla solita edicola votiva di Diego Maradona - un suo venerato capello nero sotto vetro, con qualche lumino spento davanti alla fotografia - e arrivo all’ex convento di San Marcellino. Entrato nel Museo di Paleontologia, vi ritrovo echi di ere geologiche lontane intorno a bambini che si fanno selfie con un enorme dinosauro sospeso per aria, in una sala poco illuminata.

E Ciro? Ci sta eccome, il dinosauro-bambino più famoso al mondo, tale e quale a quando, per presentarlo a Benevento, vennero sgombrate dalla Rocca dei Rettori le vetrine con centinaia di documenti della Sezione Storica del Museo del Sannio, non più riesposti al pubblico quando se lo portarono via. Una doppia perdita per la cultura in cambio di un evento effimero. A Napoli possono osservarne lo scheletrino schiacciato sulla pietra, cranio, ossa, alette, zampe con artigli, organi interni e intestino con cibo appena ingoiato. La natura non poteva conservarlo meglio, dopo averlo ucciso quasi ancora neonato. Insomma, nonostante i venti centimetri di lunghezza, Ciro, alias Scipionyx samniticus, fa la sua bella figura tra lucertoloni giganti, pesci e fossili marini. In più, affascina perché ’sta ’ngrifato.

Impettito come uno scipione insolente o spavaldo come un guerriero sannita? Né l’uno né l’altro, lì forse hanno ragione, perché romani e sanniti quando lui visse erano di là da venire. Piuttosto in atteggiamento da guappo napoletano, ma questo non l’ho detto. Così come non ho detto che quella del Museo di Paleontologia è una riproduzione, fedelissima, tipo quelle esistenti anche a Roma e a Milano. L’originale se ne sta invece al sicuro in una cassaforte dello Stato, indeciso se continuare a concedersi solo a premurosi specialisti o se mettersi in vetrina fidandosi di tutti gli esseri umani tra cui è capitato.

ELIO GALASSO

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