Fortuna e sfortuna delle parole /5 Cultura

Quando alcuni mesi fa cominciai un mio colloquio coi lettori di Realtà Sannita, portando alla loro attenzione diverse parole del dialetto beneventano, non pensavo davvero che quel “colloquio” potesse diventare una conversazione nutrita e cordiale. E’ avvenuto spesso che per strada molti amici e conoscenti, nonché colleghi di scuola, mi ponessero diverse domande sia sull’origine che sul significato di talune parole. Domande nate sotto l’impulso di una curiosità immediata che esigevano risposte chiare ed etimologicamente esatte. Nel frattempo ho raccolto molto materiale, ho selezionato diverse espressioni più o meno “sfiziose” e a partire da questo numero sono pronto a presentarle. Prendiamo in esame questa espressione: “Me carut na’ cerasa ‘nzin ”: “mi è caduta una ciliegia in grembo”. La “cerasa ”, o meglio il frutto del ciliegio di un rosso caratteristico, come termine non è mutato affatto nei secoli. Nell’uso locale è rimasto inalterato : “a cerasa”. Nell’antico mercato romano di via Gaetano Rummo ( ora purtroppo abbandonato all’incuria del tempo) chissà quante volte i venditori hanno gridato “ e cerase !!!”. Nell’aprire il vocabolario di latino sotto la voce ciliegia trovo: cerasum, i, neutro. Al nominativo plurale si ha: cerasa: le ciliegie, per cui cerasa vuol significare tante ciliegie. E in greco? Cambia poco: κέρασος (kerasos) . Dunque una parola di origine greca che trova il suo utilizzo nella lingua latina ed ancora resiste nel tempo. E ‘nzin” che origine ha ? Sempre latina. Siamo a Benevento e non può essere altrimenti. Dunque “nzin” significa in grembo o meglio in seno. “ In sinus” : in seno. Sempre su quell’inseparabile vocabolario trovo: sinus, us. La traduzione è : seno, petto. La “s” iniziale è pronunciata “z” per vezzo locale o perché il termine ha subito una forzatura linguistica ? La seconda ipotesi è quella più plausibile. E se l’espressione “ me carut na’ cerasa “nzin” la dico “allucchen”, cosa vuol significare tale parola. La dico semplicemente ad altissima voce, quasi gridando. Impegnandomi nella ricerca trovo molta affinità tra il termine latino tardo medioevale “alucus” e il nostro “allocco”, uccello dal suono stridulo e forte. Alle prossime parole!
Claudio Reale