Cultura - fortuna e sfortuna delle parole 6

fortuna e sfortuna delle parole 6 Cultura

Impegnarsi alla ricerca di parole dialettali che possano attirare l’attenzione del lettore, diventa ogni volta sempre più problematico. Spesso mi capita che “me scet ” con questo pensiero ed allora le parole che nell’arco della giornata si affacciano alla mia mente e destano la mia curiosità, me le annoto sulla mia “libretta” (come si soleva dire diverso tempo fa quando si andava dal salumiere per comprare qualcosa, ma, non avendo le necessarie risorse economiche, si invitava costui ad annotare l’acquisto sulla “libretta”). A dire il vero “stà zeza” mi capita spesso” ! Ma io so “nzist” e non mi scoraggio ! Parto da “scetarse”: svegliarsi, essere presente il più possibile, avere l’attenzione necessaria. “ Mò meggiù scetat” : proprio ora mi sono svegliato; ed ancora “ chill è scetat assaie “ quello è un tipo sveglio. Si deduce con facilità che “scetat” potremmo utilizzarlo in diverse situazioni. Tale termine indica una azione per cui è facile intuire che la ricerca debba essere indirizzata verso un verbo. Da dove trae origine? La lingua latina ancora una volta la fa da padrona ! Il verbo è “excitare” : svegliare, destare. La “x”, nella parlata dialettale, si modifica in una “s”, strisciante e lunga. Il significato originario rimane intatto e la pronuncia è meno impegnativa: presupposti necessari perché un termine possa resistere nel tempo. “Che zeza” è questa ! Si, proprio una continua “zeza” a cercar queste parole ! E “ zeza “ che origine ha? Questa volta né il latino né il greco sono coinvolti. “Zeza” è il diminutivo di Lucrezia. Chi era costei ? Mario Riva, il popolare conduttore televisivo del “ Musichiere ”, nota trasmissione degli anni sessanta, avrebbe detto: niente popodimenoche…. la moglie di Pulcinella. E’ noto che Lucrezia, sulla scena, è solita fare moine e ammiccamenti al proprio marito. L’efficacia interpretativa di questo personaggio del teatro napoletano scende dalle tavole del palcoscenico per scivolare nel linguaggio comune ed assumere il ruolo importante di parola, dal suono piacevole e dal significato coinvolgente. Per semplificare direi che “zeza” significa: ammiccare, fare moine, fare tutto ciò che si vuole purché si attiri l’attenzione di altri. Spero di aver attirato la vostra attenzione in maniera efficace. Allora “so’ nzist”? Si, nel senso che sono insistente, determinato a cercar parole. Ci risiamo: qual è l’etimo di “nzist”. Ancora una volta la lingua latina si presenta a rivendicare la proprietà del termine. Ed è nuovamente un verbo: da “insistere”. “firmiter insistere”. La traduzione ? E’ ….stare saldo in piedi. Da “insistere” a “ nzist ” la modificazione lessicale è minima: la “s” viene eliminata ed è sostituita dalla “z”. Il passaggio da “ insistere ” a “ nzist - ere ” è giustificato. Da verbo si è modificato in aggettivo. Fortuna delle parole: e quale fortuna davvero, se pensiamo che “nzist”, “zeza” e “scetat” siano riusciti come termini ad imporsi nel tempo !

CLAUDIO REALE