La battaglia di Benevento fermò il processo unitario Cultura

Il 26 febbraio 1266 ebbe luogo la battaglia di Benevento tra Manfredi di Svevia e Carlo d'Angiò, che segnò con la morte di Manfredi la fine del potere imperiale svevo ed il consolidamento del potere guelfo e dello stato della Chiesa. Fu un evento che ebbe notevolissime ripercussioni storiche perchè arrestò il processo di unità nazionale che era invece già in evoluzione in Francia ed in Inghilterra, anche se i tempi non erano ancora maturi per pensare ad un'idea nazionale che aspirasse a realizzare un ideale patriottico unitario per il quale bisognerà attendere il Risorgimento.

Manfredi, principe italiano ante litteram, aspirava al pari di suo padre Federico II a restaurare l'autorità imperiale in una visione unitaria di tutta l'Italia. Purtroppo la contesa fra Chiesa e Impero con la scomparsa di quest'ultimo dalla scena italiana ed il rafforzamento del potere temporale della Chiesa agirono da forza disgregatrice del movimento unitario italiano e favorirono l 'affermazione del gretto particolarismo guelfo dei Comuni e delle Signorie.

Carlo d'Angiò, duca di Provenza e fratello del re Luigi IX invitato da papa Clemente IV a prendere le armi contro lo Svevo, solleticato dall'ambizione di guadagnare la corona e istigato anche dall'aspirazione regale della moglie Beatrice che vedeva le sorelle sedere sui troni di Francia e di Inghilterra accettò il trattato che vincolava feudalmente il regno di Sicilia alla Chiesa in contropartita della sua corona.

Anche se in seguito non rispettò il trattato.

Carlo sbarcò ad Ostia con soli cinquecento cavalieri e mille balestrieri e fu incoronato da cinque cardinali in S.Pietro. Intanto il suo esercito composto da francesi, provenzali, piccardi, fiamminghi tutti animati dalla smania di conquista, anche se si proclamavano animati da un fervore di crociata, attraversavano la Savoia e quindi l'Italia settentrionale e centrale passando per la Romagna ed il Lazio, evitando i territori in potere dei ghibellini e aggregando via via i guelfi romani e toscani bramosi di vendetta. L'avanzata avvenne tra fugaci ostacoli e gravi defezioni.Sul ponte del Liri-Garigliano presso Ceprano,che doveva essere difeso dal conte Riccardo di Caserta l'esercito di Carlo passò senza incontrare intralcio e così avvenne anche ai castelli di Aquino,Arce e S. Germano di Cassino.

Manfredi che si era attestato a Capua , fortezza inespugnabile sul fiume Volturno capì di correre il pericolo di essere raggirato e lasciato un distaccamento in loco,arretrò nel Sannio dove la guarnigione dello zio materno Manfredi Lancia gli offriva fedeltà ed ospitalità nella baronia di Feniculo a monte del ponte omonimo sul Calore (oggi ponte Finocchio) e nella zona di Mascambruno. Carlo d'Angiò a sua volta seguì il tracciato della via Latina superando Venafro, poi Alife e Telese. Dopo aver pernottato a Telese ospite del signore locale,raggiunse Ponte S.Anastasia e superato il torrente Reventa giunse nella zona di Villafranca e di Caprara, di fronte allo schieramento svevo.Sono state fatte molte illazioni sulla esatta area della battaglia da parte di cronisti contemporanei e di epoca successiva: il sottoscritto concorda con le conclusioni a cui è giunto monsign. Laureato Maio in una ricerca riportata su Rivista Storica del Sannio del 1996.

D'altronde Carlo d'Angiò in una lettera a Clemente IV dice: “ad quendam montem perveni,unde subiectus et admodum patens campus ordinatas iam hostium acies ostendebat” (Minieri-Riccio “Alcuni studi storici intorno a Manfredi e Corradino” ,1850 : “ raggiunsi un certo monte sotto il quale un campo abbastanza vasto mostrava le truppe nemiche già schierate” ). Nelle Descriptio victoriae..... di Andrea Ungaro,riportato da mons.Maio viene precisato:”cum ad quendam montem Capraria vocatum ,distantem a Benevento circiter quatuor miliaria,pervenissent (essendo pervenuti ad un certo monte chiamato Capraria, distante da Benevento circa quattro miglia) .

Sappiamo che esiste tuttora la masseria Caprara con il colle omonimo a circa quattro miglia a nord mentre ad ovest c'è la pianura di Mascambroni attualmente divise dalla statale SS88 . In questa pianura ,ora invasa da impianti industriali, fra la zona di Mascambroni e le masserie Olivola e la Francesca avvenne lo scontro. La battaglia durò da mezzogiorno a sera e fu cruenta. Entrambi gli eserciti si disposero su tre schiere,e mentre la fanteria saracena prese posizione davanti ,quella francese si dispose ai lati dei rispettivi eserciti.

Attaccarono i saraceni,fedeli e provetti arcieri,che fecero strage della prima schiera di cavalieri francesi. Carlo mandò in aiuto la seconda schiera che fece ripiegare con molte perdite gli arcieri saraceni e a sua volta Manfredi fece intervenire la sua prima schiera di cavalieri che ristabilì la prevalenza sveva mentre la soldataglia francese appiedata cercava di colpire i cavalli e far cadere mettendoli fuori combattimento i cavalieri imperiali dalla pesante armatura. Secondo alcuni cronisti i francesi cercavano di colpirli nel cavo delle ascelle che questa pesante armatura lasciava scoperta , quando brandivano in alto i loro spadoni . Allora Manfredi si preparò a sferrare l'attacco finale con la terza schiera. Narra una leggenda che dall'elmo cadde il cimiero a forma di aquila e Manfredi disse:”Hoc est signum” ( questi è il segno del mio destino) ma ordinò ugualmente alla terza schiera di seguirlo sul campo di battaglia. L'ultima schiera composta in prevalenza di baroni italiani non si mosse e Manfredi seguito dai suoi ultimi fedeli si gettò nella mischia nella quale scomparve, mentre i baroni prendevano la via di Benevento o della Puglia .Il suo corpo fu ritrovato dopo tre giorni e Carlo lo fece identificare oltre che da altri prigionieri, anche dal suo caro amico ( come lo definisce in una lettera al papa), il conte Riccardo di Caserta cognato di Manfredi (!?).Manfredi fu sepolto sotto una cumulo di pietre gettate da ciascun soldato francese “in co' del ponte presso Benevento dice Dante nella Divina Commedia. Ed io ho motivo di ritenere che dovesse trattarsi del Pons Maior che superando il Calore univa la via Latina alla città di Benevento sotto la zona di Cellarulo ed i cui resti erano ancora visibili fino a poco tempo fa.

Tuttavia secondo Dante, il legato pontificio al seguito di Carlo avrebbe fatto rimuovere la salma che sarebbe stata dispersa fuori dal territorio dello Stato della Chiesa.

Con la morte di Manfredi finiva il primo anelito di unità nazionale italiana.

Giovanni Errico

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