Nicola Ciletti tra malizie e sospetti Cultura

Non scansava certo le provocazioni delle donne eleganti Nicola Ciletti. Trasferitosi non ancora ventenne a Napoli nel 1900 dalla rustica San Giorgio La Molara, si immerse presto nelle malizie urbane. Non se n’è mai parlato, ma basta dare un’occhiata a come fotografava Frida Laureti (foto di apertura), che divenne sua modella e poi sua moglie. Una volta le chiese di posare nel suo studio napoletano seduta, in un raffinato vestito a fiori scollato davanti e sul retro, scarpe con tacco e cinturino, chinata a tirar su una calza: dovette fingersi intimorita da sguardi estranei Frida, mentre scopriva le gambe fino alle ginocchia per quel che allora era consentito a una ragazza perbene. Per lo scorcio originale e i contrasti di ombre e luci è una foto artistica, ma sensuale, privatissima.

E c’è di più. Poiché frequentava gli ambienti culturali partenopei, di Ciletti è stato sottolineato il rapporto con artisti e letterati, con Salvatore Di Giacomo in special modo. Il pittore sannita li incontrava soprattutto nel famoso Caffè Gambrinus dove le belle donne erano l’attrazione quotidiana. Vestite all’ultima moda parigina le sofisticate habitués del vicino Teatro di San Carlo, ma anche le ammiccanti attrici dei cafè chantant partenopei, si offrivano alla vista di quanti ai tavoli scrivevano, recitavano versi erotici, disegnavano ‘mosse’ audaci e décolletés passando furtivamente bigliettini d’appuntamento tra sete, merletti, chiffon trasparenti.

Delle signore d’alta borghesia protagoniste di quella Napoli della Belle Époque raccontata in stupendi manifesti da Marcello Dudovich (prima foto in basso) - suo quello notissimo per il Liquore Strega che all’esterno del Gambrinus continua oggi a richiamare sguardi - Nicola Ciletti ha lasciato poche immagini, qualcuna però così allusiva da far sospettare avventure segrete. Sembrano confermarlo i due finora sconosciuti ritratti di due donne, o forse della stessa, che qui propongo. Me ne ha mandato in visione le fotografie il proprietario, che li conserva in casa a Venezia, senza ovviamente svelare l’identità della modella e con un riferimento alquanto indispettito: “Di dimensione non piccola, queste due tele ho ereditato qui a Venezia, opere firmate da Nicola Ciletti pittore beneventano, il quale su un foglietto applicato scrisse questi suoi versi attribuendoli a... un amico poeta”.

La prima tela è il ritratto di una Dama in redingote nera (seconda foto in basso) stretta in vita e svasata nella parte inferiore, indossata su un vestito grigio lungo fino alle scarpe a punta. Con cappello a falda larga e fiori, nella destra una borsetta gialla, la donna stante si volge di lato sdegnosa. La seconda è un ritratto di Signora col gatto (terza foto in basso). Qui invece la donna è sul letto, in una camicia da notte di colore arancio acceso che ricadendo le scopre più che un seno, sorride per nulla imbarazzata, offre il volto in primo piano mentre gioca col gatto sulla coperta blu. Nicola Ciletti appare fin troppo coinvolto in quella scena intima, dipinta tra sensazioni espresse nei versi dispettosi, da amante abbandonato, che scrisse sul foglio dietro al quadro. Versi davvero non suoi, riportati a memoria dalla poco nota poesia ‘Carmela’ di Salvatore Di Giacomo ma da lui modificati per adattarli alla vicenda chiaramente personale. Eccoli:

Carmela s’ha spusato a nu signore,

Porta cappiello e veste commifò,

Cummànna a cammarère e servitore

E s’è mparata pure a di’ ohibò.

Essa se scorda de lu primmo ammore

Ma stu core scurdà nun se ne po’.

L’avria sapè chisto ca s’ha spusata

Tutte li vase che nce simmo date…

Quanto vurria sapè che stai facenno

Nennella mia, si duorme o stai scetàta.

S’io sapesse addò staie, cammenarrìa

 Tutta la notte e tutta la jurnata

Nfì a lu mumento ca te truvarrìa.

Core me dice ca starrai redènno

C’o càmmese a culore

Ca te se sponta mpietto

E quase pe’ dispietto

Nun se vò maie nzerrà…

Lenzòle addò se stènneno

‘e ccarne soie gentile

Nfucàteve, pugnìtela,

 tutto stu mese ’abbrìle!

ELIO GALASSO 

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