Un giallo che appassiona dal 1887: la fibula Praenestina Cultura
Un pezzetto di Finlandia in terra
italiana, questa è Villa Lante, la cinquecentesca dimora in cima
alla Passeggiata del Gianicolo, da cui si gode una splendida vista di
Roma. Essa è la prestigiosa sede degli studi classici della scuola
finnica, l'Institutum Romanum Finlandiae, che il 2 febbraio
scorso ha ospitato il convegno dal titolo Wolfgang Helbig e la
scienza dell'antichità del suo tempo, scegliendo questa data per
celebrare il 170° compleanno del discusso archeologo tedesco, che
per molti anni fu inquilino di Villa Lante alla fine dell'Ottocento.
Quasi una doppia vita quella di Helbig, che affiancava alla sua
immagine ufficiale di serio studioso delle antichità, quella più
prosaica di procacciatore di opere d'arte antica per i ricchi
collezionisti d'Europa, fidando in una legislazione italiana, in
materia di tutela del patrimonio artistico, molto permissiva o
addirittura carente. Gli anni a ridosso dell'Unità d'Italia, con lo
sconvolgimento politico ed economico conseguente, fecero dell'Italia
un paradiso per avventurieri d'ogni tipo. Le frequentazioni di
Helbig, sia a Roma, sia a Napoli non sono esenti da contatti con
personaggi che potevano giungere sino alla falsificazione di vasi e
statue pur di accontentare le richieste di un pubblico sempre più
vasto.
La sua fama di gaudente, di amante
delle belle donne e il suo tenore di vita necessitavano di ingenti
fonti di guadagno. Forse è per questi motivi che la nota archeologa
Margherita Guarducci diffidava delle scoperte di Helbig, in
particolar modo della più celebre di esse: la fibula Praenestina,
una spilla d'oro del VII sec. a. C. trovata nella tomba Bernardini, a
Preneste, oggi Palestrina. La fama dell'oggetto è dovuta ad
un'iscrizione incisa sulla staffa, che costituisce il più antico
testo latino scritto, che recita: Manios med fhefhaked Numasioi,
come se la stessa spilla dicesse: Manio mi ha fatto per
Numerio.
Gli studenti liceali, dal 1980,
iniziano la letteratura latina con questo testo, ma apprendono anche
che si tratta di un clamoroso falso architettato dall'archeologo
Wolfgang Helbig; in quell'anno infatti fu pubblicata la ricerca
condotta dalla prof.ssa Margherita Guarducci, La cosiddetta
fibula prenestina. Antiquari, eruditi e falsari nella Roma
dell'Ottocento, che ricostruiva l'ambiente e i personaggi che
ruotavano intorno a Helbig, individuando anche che a fabbricare
materialmente la 'patacca' fu un certo Pio Riccardi, falsario che
lavorava per l'antiquario Martinetti, che procurava a Helbig le opere
per i collezionisti, che egli autenticava, grazie alla sua fama di
studioso.
Il convegno, presentato dal prof. Kaj
Sandberg, attuale direttore dell'Istituto, ha voluto riabilitare la
memoria dell'archeologo tedesco, ponendo una parola definitiva in
favore dell'autenticità della fibula.
Le prime quattro relazioni, tenute da
Anna Maria Voci, bibliotecaria e storica, di Roma (Helbig e il 20
settembre 1870), dall'archeologo beneventano Italo Iasiello
dell'Università di Napoli (Helbig nel contesto del mercato:
commerci e traffici di antichità tra Campania e Roma); da Mette
Moltesen del Museo di Copenaghen (Wolfgang Helbig e la Ny
Carlsberg Glyptotek) e da Marco Buonocore della Biblioteca
Apostolica Vaticana (Helbig e Mommsen), hanno descritto
piuttosto l'aspetto mondano di Helbig, rispettivamente attraverso lo
sfondo politico-storico di fine '800 a Roma; i rapporti di Helbig con
il collezionismo antiquario, attraverso una minuziosa ricostruzione
dei personaggi di questo particolare ambiente; il suo ruolo di
fornitore ufficiale di opere d'arte antica per il governo danese e il
rapporto altalenante che egli ebbe col grande storico tedesco Theodor
Mommsen, che non esitò a definirlo 'una mosca sventata', ma che pure
ebbe una nutrita corrispondenza con lui. Helbig gli si rivolse anche
a proposito della fibula Praenestina, per avere il suo parere
sull'oggetto, ancor prima della sua presentazione ufficiale e il
Mommsen non dubitò della bontà della spilla.
Le relazioni di Cornelia Weber-Lehmann
dell'Università di Bochum (Helbig come primo specialista della
pittura etrusca) e Thomas Fröhlich dell'Istituto Germanico di
Roma (Helbig e la pittura pompeiana ) hanno delineato la
figura di Helbig come studioso, innovativo per le analisi
comparativistiche delle opere che esaminava, ma anche figlio del suo
tempo per i pregiudizi sull'arte romana, intesa come semplice copia
della sublime arte greca.
Heikki Solin, emerito dell'Università
di Helsinki (Helbig, la Fibula e fin de siècle); Paolo
Poccetti, dell'Università di Roma 2 (La fibula prenestina:
conoscenze linguistiche all'epoca di Helbig e quelle di oggi);
Carlo de Simone, emerito dell'Università di Tübingen (Esiti
linguistici nell'analisi comparativistica dell'iscrizione della
fibula prenestina) sono entrati nel vivo della questione circa
l'autenticità del famoso reperto. Il prof. Solin ha evidenziato le
problematiche connesse all'argomento, che sono di natura linguistica,
paleografica, grafica, coinvolgono aspetti relativi alle analisi
fisico-chimiche dell'oggetto e hanno anche una componente, per così
dire, umana. Lasciando le questioni linguistiche ai successivi
relatori, ha affrontato le altre, smontando, col suo stile vivace, le
tesi della Guarducci, riconducendo (ecco la questione umana) le
conclusioni dell'archeologa italiana ad un certo moralismo che la
caratterizzava e che la portava a giudicare inaffidabile un
temperamento gaudente come quello di Helbig. Anche le interessanti
analisi linguistiche successive portavano alla conclusione che non
solo Helbig non poteva avere le necessarie conoscenze linguistiche
per ideare la famosa scritta della spilla, ma che scoperte successive
alla morte di Helbig hanno confermato l'esistenza di forme
linguistiche simili a quelle riportate sulla fibula. Esse sono
esattamente l'esito che ci si poteva aspettare a quello stadio della
lingua latina. Alessandro Guidi (Helbig e la teoria pigoriniana)e
Filippo Delpino (Helbig, Tarquinia e la periodizzazione culturale
dell'Etruria protostorica), entrambi dell'Università di Roma,
hanno affrontato, il primo i rapporti di Helbig con il famoso
paleo-antropologo Pigorini, prima cordiali e poi irrimediabilmente
deteriorati per divergenze di vedute, il secondo ha delineato i
conflittuali rapporti tra Helbig e Barnabei, fondatore del Museo di
Villa Giulia, che videro il tedesco accusare l'italiano di un
clamoroso errore di datazione di alcuni reperti. La commissione
incaricata di giudicare la questione finì col dare ragione a
Barnabei.
Questo studio a 360° di Wolfgang
Helbig quindi porta alla conclusione che si trattò di uno studioso
brillante, non esente da pecche, come la grande ambizione, e vittima
di futilità mondane, ma non per questo deve necessariamente essere
giudicato un falsario. Occorre quindi restituire alla fibula da lui
resa nota il posto che le spetta come documento
archeologico-linguistico autentico, testimone della storia e
cancellare dalle prime pagine dei testi di letteratura latina
l'attributo di falso che da circa trent'anni accompagna questo
reperto.
PAOLA CARUSO
Didascalia
x foto : Il Prof. Heikki Solin durante la sua relazione
all'Institutum Romanum Finlandiae
N.B.
Nell' articolo ci sono molte parole in corsivo