Mala tempora per i furbetti Economia

Il premier Monti l’ha definita “pane avvelenato”; per la Chiesa è peccato, ma per un certo numero di italiani (e di sanniti) continua a essere un vizio irrinunciabile. È l’evasione fiscale, croce e tormento ormai bipartisan, almeno da quando le risorse recuperate ai “furbetti” sono diventate indispensabili per coprire una spesa pubblica sempre più in rosso.

Nel Sannio, secondo alcune stime, il tasso di evasione supera il 64%, contro una media nazionale del 38%: per 100 euro di imposta versata, 64 sono nascosti al Fisco. Anche se, come dimostrano gli stessi studi dell’Agenzia delle Entrate, in termini assoluti la maggiore quota di evasione si concentra nel nord Italia. A ciascuno il suo.

Dal 2012 però il cerchio intorno agli evasori si stringe con una serie di norme ancora più severe, a cui si accompagnano misure di facilitazione per chi invece sceglie la strada della trasparenza. Passiamo in rassegna le principali norme anti-evasione, in buona parte introdotte o modificate dal decreto “Salva Italia” - nella speranza che le operazioni di salvataggio siano più efficaci di quelle messe in campo dalla Costa Concordia.

Occhio ai conti correnti.

Dal 1° gennaio 2012 le banche e gli operatori finanziari devono comunicare all’Anagrafe tributaria tutte le movimentazioni che hanno riguardato i propri clienti.

Pagamenti tracciati.

Il decreto “Salva-Italia” ha limitato l’uso del contante ai pagamenti inferiori a 1.000 euro, sia tra privati che tra imprese e consumatori. Addio forzato anche agli assegni, di importo pari o superiore a 1.000 euro, se non indicano il beneficiario o non contengono la clausola di non trasferibilità.

Il nuovo redditometro.

Nella “cassetta degli attrezzi” fornita dall’esecutivo all’amministrazione finananziaria, lo strumento che incute maggiore timore agli evasori è forse il redditometro. Per gli appassionati del genere non è certo una novità, visto che la sua introduzione risale alla riforma tributaria del 1973: il redditometro appartiene infatti ai corsi e ricorsi storici di vichiana memoria, con alterne fortune. Ora però, grazie alle innovazioni tecnologiche e informatiche, la misurazione del reddito sulla base di indici di ricchezza può effettivamente stanare anche gli evasori più “raffinati”. Dimmi cosa fai (e quanto spendi), ti dirò che (contribuente) sei: è questo l’algoritmo del nuovo redditometro, basato su circa 100 voci di spesa, dalle auto di lusso agli immobili di pregio, dalla frequenza di circoli o scuole esclusive alle vacanze esotiche, dagli investimenti in azioni alle assicurazioni sulla vita. Con il nuovo software – disponibile nei prossimi mesi sul sito dell’Agenzia delle Entrate - i contribuenti a rischio possono sottoporsi a un’auto-diagnosi e, se il responso è da “codice rosso”, rimediare nella dichiarazione dei redditi.

Lo “spesometro”.

Già nel 2010 è stato introdotto l’obbligo, per i titolari di partita Iva, di comunicare all’Anagrafe tributaria le operazioni Iva di importo pari o superiore a 3.000 euro (3.600 euro al lordo dell’Iva). Se però il compratore non è un soggetto titolare di partita Iva e il pagamento avviene con carta di credito o di debito, l’obbligo di comunicazione viene meno.

Il bene è reale, l’intestazione è fittizia.

Il decreto legge 138/2011 ha previsto importanti restrizioni sull’intestazione fittizia di beni alle società, tipicamente auto, barche, aerei e immobili. Per chi concede questi beni a prezzi di comodo, scatta una penalizzazione fiscale, con il recupero del bene a tassazione e l’impossibilità per l’impresa di dedurre i costi sostenuti.

Fin qui le norme. L’anno che si è appena aperto sarà un primo banco di prova, per l’esecutivo e per la manovra varata, per l’amministrazione finanziaria e per l’intera filiera della fiscalità, ma anche – last but not least – per un’opinione pubblica e per una società civile che vogliano essere all’altezza delle sfide che la crisi economica, le debolezze strutturali del Paese e la minaccia dei mercati continuano a porre.

PIERLUIGI DE ROSA

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