Puntare sull'agricoltura per un vero sviluppo Economia

“Per evincere le sfide sul mercato globale, i produttori dovranno coltivare in vigna e nei campi ma concentrarsi anche sui mercati, nel marketing e nelle praterie digitali”. È lo scenario analizzato dallo studio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, illustrato nella conferenza di presentazione del Vinitaly 2018, la principale rassegna al mondo dedicata ai vini made in Italy, tenutasi a Verona dal 15 al 18 aprile. “Per sopperire al nanismo delle nostre imprese e penetrare nei mercati esteri, lontani da noi sul piano delle affinità culturali, serve un “marchio ombrello” ed una struttura qualificata in grado di accompagnare nel mondo, con modalità aggregative, non le singole aziende bensì tutto il made in Italy enologico”. È, in piccolo, ciò che dal 2010 sta facendo sul nostro territorio il Consorzio di Tutela dei Vini del Sannio, che ha messo insieme centinaia di aziende, tutte con produzioni nobili che, anno dopo anno stanno conquistando la fiducia di buyer e amanti del buon vino, in Italia e soprattutto all’estero. Di questo e di altro ne abbiamo discusso col presidente del Consorzio, Libero Rillo.

I nostri vitigni più premianti, restano la Falanghina e l’Aglianico. Anche se lentamente, cominciano ad arrivare commesse anche dall’estero…

La difficoltà di vendere il prodotto in territori lontani è quella di essere poco conosciuti, ma la qualità media dei nostri vini è migliorata tantissimo negli ultimi anni, facendo crescere anche le aziende legate a queste produzioni.

La scelta operata dal Consorzio nel 2010, di semplificare le denominazioni con solo 2 Doc e 1 Dogc, è stata vincente.

Oltre a creare un messaggio molto più semplice da comunicare, è servita ad unire maggiormente le nostre aziende: avendo poche denominazioni, in particolare “Falanghina del Sannio”, “Sannio DOC” e “Aglianico del Taburno”, abbiamo creato interessi comuni per l’intera filiera. Prima sulla Falanghina discutevamo se era migliore quella del Taburno, di Guardia o quella di Solopaca, ma sui mercati internazionali tipicità così piccole non hanno alcun valore.

Il vostro lavoro ha dunque ‘favorito’ chi voleva puntare all’eccellenza.

Aziende eccellenti che producevano vino di alta qualità, esistevano anche vent’anni fa. Oggi sono oltre trenta, ed è per questo che c’è un ‘riconoscimento’ a livello internazionale. La visibilità del prodotto è aumentata, facendo aumentare la visibilità del nostro territorio e, quindi, dei nostri vitigni e delle stesse aziende, le quali oggi si propongono all’estero con vitigni riconosciuti ed apprezzati. È un circolo virtuoso: se si attiva e funziona tutto ciò che lo compone, a beneficiarne è il territorio e chi vi opera.

I vini sanniti sono ormai apprezzati non solo in Italia ma nel mondo: i numeri in forte ascesa lo dimostrano. Cosa ancora bisogna fare per non perdere queste posizioni, anzi conquistare nuove fette di mercato?

Per puntare alla vendita sui mercati esteri bisogna fare promozione e tanta attività di marketing. I nostri prodotti sono ancora poco conosciuti: più cresce la loro visibilità, più semplice sarà venderli. È automatico. Noi come Consorzio lo stiamo facendo, applichiamo politiche che alla fine servono a valorizzare le nostre denominazioni, a farle conoscere, ma è un’attività che andrebbe svolta anche a livello istituzionale. E questo purtroppo non avviene.

Per i nostri vini, oltre che di Usa, si parla tanto di Cina: l’apertura a questo mercato può rappresentare davvero un’opportunità o è meglio puntare altrove?

Non dobbiamo tralasciare nulla. Sicuramente, tra i paesi extra Ue è il mercato americano quello più interessante per i nostri prodotti; nell’ambito comunitario ci sono paesi come Germania, Inghilterra, Svizzera e Olanda, che vanno presi in seria considerazione perché per la loro vicinanza è molto più semplice attiva reazioni di comunicazioni e di marketing. La Cina non va trascurata, è un mercato sicuramente più difficile, più particolare, ma in futuro i nostri prodotti vi potrebbero trovare canali assai interessanti.

In altri luoghi, le imprese vitivinicole sono un traino formidabile per il turismo. Quali ostacoli bisogna ancora superare per far sì che anche nel Sannio aumentino sensibilmente il numero dei visitatori amanti del gusto e del bere genuino?

Dobbiamo imparare a “fare sistema”. Sviluppare il turismo enogastronomico significa creare un ulteriore circolo virtuoso, parallelo a quello del vino, dalle grandi potenzialità. Se il prodotto vino è conosciuto, maggiore interesse ci sarà da parte dei turisti di visitare il nostro territorio. Il vantaggio è reciproco: il turismo enogastronomico aumenta il consumo del vino legato alle nostre tante tipicità, dai salumi ai formaggi alle carni. Il vino è lo strumento perfetto per far conoscere maggiormente il territorio e renderlo attraente dal punto di vista turistico.

Cosa non funziona?

Abbiamo un territorio che non è ancora pronto a garantire questo tipo di accoglienza. Il nostro territorio è bello, ma ha gravi problematiche dal punto di vista viario, ambientale e della sicurezza. Si può e si deve fare molto di più. Ma serve la collaborazione, oltre che delle aziende, dei comuni e degli enti territoriali. Abbiamo un potenziale enorme perché il Sannio è fatto di colline,pianure e montagna, con vigneti e oliveti, quindi un territorio molto vario e non monocorde, come altre aree anche più famose. Eppure lo deturpiamo, lo lasciamo all’incuria, non lo valorizziamo.

In luoghi simili ai nostri, come la Toscana, lo fanno e bene.

Da noi la politica non è attenta. L’agricoltura rimane un settore con fatturati inferiori rispetto ad altri, per cui è meno attraente per la politica. Ma sbagliano, perché l’agricoltura è uno dei pochi settori che in futuro potrebbe creare grossi numeri, anche dal punto di vista dell’occupazione. A mio parere la politica “non ci crede” ed io non vedo un solo amministratore che opera in tal senso. Se ne parla da anni, tutti dicono “dobbiamo fare… faremo…” ma in concreto cosa hanno fatto? Le strade non si puliscono, l’erba alta non si taglia, le buche non si riparano… è una guerra continua.

La nascente Camera di Commercio Irpinia-Sannio avrà come suo fiore all’occhiello il comparto vitivinicolo, con Doc, Docg e vitigni autoctoni riconosciuti ed apprezzati nel mondo. Cosa bisogna assolutamente prevedere nel nuovo Statuto camerale per valorizzare al meglio questo importante settore?

Al nostro settore bisogna dare molta attenzione, creando delle strutture ad hoc. La nascente Camera di Commercio avrà un’importanza notevolissima dal punto di vista agroalimentare, con quattro Docg e col 75% della produzione vitivinicola campana. Se svolgiamo al meglio il nostro ruolo, quella che si apre è una partita già vinta; se viceversa prevarranno i personalismi, anche questa partita sarà compromessa.

GIUSEPPE CHIUSOLO