16 Giugno 2002: Padre Pio è santo Enti

Non posso definirmi una figlia spirituale di Padre Pio, oserei troppo, ma soltanto una devota, purtroppo pigra e incostante, del frate di Pietrelcina : eppure anch’ io ho potuto avvertire la sua presenza rassicurante in quei momenti della vita in cui la notte cala all’improvviso senza essere preannunciata dal tramonto, e sembra che l’aurora non debba spuntare mai più.

Sono tante, e tutte avvolte dal mistero, le forme in cui il frate delle stigmate si manifesta ai suoi figli spirituali e a quanti, per libera scelta, egli decide di rendersi presente (dalla semplice percezione di odori particolari alla manifestazione più eclatante, il miracolo), così come tanti sono coloro che hanno potuto percepire in qualche modo nella loro vita la presenza di Padre Pio, la cui particolare vicenda umana e mistica ha proiettato la sua eco nel mondo, suscitando curiosità, passioni, manifestazioni di fede.

Nell’entusiasmo e nel fervore dei giorni che hanno preceduto la canonizzazione di quello che molti hanno definito ‘il profeta del XX secolo’ scorrevo le pagine di un libro di Enrico Malatesta – giornalista e scrittore riconosciuto come il migliore esegeta e biografo del frate di Pietrelcina – dal titolo assai emblematico: ‘I miracoli che hanno fatto santo Padre Pio’. Si sa, la curiosità è ‘femmina’ ;

e così, tutta protesa nella spasmodica ricerca di un miracolo ‘beneventano’, la mia attenzione è stata calamitata dalla particolare vicenda di Agostino De Rienzo, diplomatico la cui esistenza è stata permeata dalla presenza del frate di Pietrelcina: nato a Benevento nel 1915, infatti, ha vissuto gran parte della sua vita sotto la protezione di Padre Pio, ed è stato protagonista di una storia che ha veramente dell’incredibile.

Dopo aver combattuto nella guerra italo-etiopica per la conquista di Logaden, il diplomatico beneventano nel 1939 viene inviato dal Governo fascista in Africa, dove è preposto alla guida di un distretto comprendente i territori di Dimè, Bodi e Murzi e si occupa del controllo logistico, nonchè dello sviluppo di quei territori “fino a quel momento mantenuti allo stato selvaggio”.

Orbene, nel 1941 cade prigioniero dell’esercito anglo-francese che nell’Africa sudorientale guida l’offensiva contro i governi dell’Asse, Italia e Germania ; sennonchè, quello che potrebbe sembrare un evento nefasto, si rivelerà una vera e propria ancora di salvezza per Agostino De Rienzo il quale, “al riparo della prigionìa”, eviterà la dolorosa disfatta riservata all’esercito italiano di stanza in quei territori e il successivo massacro dei reduci ad opera delle tribù selvagge.

Ma la ‘fortuna’ di Agostino non finisce qui. Condotto in Kenia in un campo di prigionieri di guerra vi rimarrà fino al 28 gennaio 1947, data del suo rientro in Italia : anche quest’ulteriore prigionìa assicurerà ad Agostino la salvezza, in quanto la maggior parte dei soldati italiani ritornati dal fronte africano finirà per essere deportata dai nazisti, inferociti dal ‘voltafaccia’ del Governo italiano.

Orbene, a salvare Agostino da una fine atroce e inesorabile è stato proprio l’intervento prodigioso di Padre Pio, sollecitato dalle sorelle e dalla madre del diplomatico le quali, non avendo avuto più notizie del loro congiunto dal momento della cattura da parte degli Inglesi, e credendolo ormai morto, avevano chiesto al Frate delle stimmate di pregare per lui ; sennonchè, Padre Pio aveva rassicurato le donne sulla sorte di Agostino, dicendo loro : “non vi preoccupate inutilmente...tornerà...passerà del tempo, molto tempo...ma tornerà sano e salvo”, come è riportato nel libro di Enrico Malatesta.

E così, una volta rientrato in Italia, Agostino, che fino a quel momento non aveva mai conosciuto il Frate di Pietrelcina, volle incontrarlo. Nel marzo del 1947, pertanto, il diplomatico beneventano si recò a San Giovanni Rotondo insieme alla sorella Olga per partecipare alla Messa che Padre Pio soleva celebrare all’alba, e lì, al momento dell’elevazione, avvertì un intenso profumo di gelsomino ; “quando mi giunse quella profumazione (che tra l’altro sentivo solamente io) mi parve di percepire proprio il Paradiso”, racconterà Agostino a Enrico Malatesta.

Ma il diplomatico beneventano avrà ancora altre occasioni per assaporare quel profumo di gelsomino !

Nel 1955 mentre è diretto da Benevento a Roma con la sua Fiat 1100 è vittima di un gravissimo incidente in quanto, nel raggiungere lo svincolo di Caianello, non si avvede del cancello d’ingresso del casello e sbanda con la propria auto, andando a finire fuori strada. “Un violento e ripetuto testa-coda lo spinge verso il guardrail che a strapiombo si affaccia sul sottostante dirupo. E’un attimo, tanto che De Rienzo dice a sè stesso : Agostino, questa volta è la fine ; ma l’improvviso urto della ruota sul paletto di sostegno del parapetto cambia fortunatamente l’esito della vicenda, facendo rimbalzare l’auto al centro della strada. L’urto è violentissimo, tanto che sconquassa totalmente la vettura, ma il diplomatico è salvo”. Sceso dall’auto, tira un sospiro di sollievo, ed è a quel punto che avverte un intenso profumo di gelsomino : “la grazia è concessa”.

Ma l’avvenimento più saliente della vita di Agostino De Rienzo deve ancora accadere, ed è preannunciato dal titolo sotto il quale è riportato questo singolare ‘miracolo beneventano’ di Padre Pio : ‘Contro il vudu e altre diavolerie’.

Nel 1974 il diplomatico beneventano viene inviato dal Governo come Primo Segretario dell’Ambasciata Italiana nella Repubblica Dominicana, nella cui capitale aveva imperversato il dittatore Truillo : il delicato compito affidato ad Agostino De Rienzo è quello di reprimere l’eversione delle frange sopravvissute alla caduta del dittatore, al fine di ripristinare la democrazia a Santo Domingo. Sennonchè i seguaci di Truillo, messi in difficoltà dall’azione incisiva e ferma del diplomatico beneventano, lo minacciano di morte, ricorrendo anche a riti esoterici propiziati da una tribù ribelle i cui interessi sono stati contrastati dall’attività del funzionario della Farnesina, il quale, all’improvviso, viene colto da gravi e inspiegabili malori, che lo costringono a rivolgersi ad un medico, il quale, tuttavia non gli diagnostica alcuna malattia. Poichè lo stato di malessere si acuisce, Agostino, come extrema ratio, si affida ancora una volta all’intercessione del frate di Pietrelcina : nel volgere di breve tempo, il diplomatico guarisce.

Orbene, un bel giorno Agostino incontra una ‘santona’ dominicana la quale gli rivela che qualcuno molto in alto della gerarchia esoterica del vudu di Santo Domingo aveva operato contro di lui un maleficio a morte : “hanno provato tre volte a ucciderti con la magia nera del vudu ; hanno tentato con ogni forza malvagia in loro possesso, ma c’è ‘qualcuno’ su un cocuzzolo di un monte che ha una grande potenza soprannaturale e ti protegge ; contro di lui il vudu nulla può fare”.

Ancora una volta Padre Pio ha salvato Agostino, annientando le forze infernali degli stregoni vudu. “Non si può dire che la vita del diplomatico sia stata priva di peripezie, di guai, di paure”, conclude Enrico Malatesta , “certo è che, grazie alla protezione di Padre Pio, è riuscito a sopravvivere anche alla più terribile minaccia di morte : il vudu”.

STEFANIA ANGELONE

(Realtà Sannita n. 11 / 16-3O giugno 2002)