Panchina d'autore Enti

Un manufatto è comparso misteriosamente in una splendida giornata di sole tra la fontana Tirabusciò e il Palazzo del Governo. Voi direte: ma tra la fontana e il palazzo c’è il Corso Garibaldi. Avete indovinato. Nel bel mezzo del Corso disegnato da Nicola Pagliara, ma un po’ defilato, il blocco di marmo chiaro liscio, con inserti di tinta più boschiva, è apparso come funzionale a diversi bisogni corporali. Appoggiare un calzare per stringere i lacci, posare il cellulare per soffiarsi il naso a due mani, lasciare una bottiglia di birra semivuota o una ciotola con becchime atto a richiamare volatili da fotografare (come si farebbe, senza, a partecipare ai concorsi fotografici?).

Come al solito, però, mentre i pacifici circoscrivevano la discussione sull’opera in sé (l’in sé è categoria dello spirito per tenere a freno il fuori di sé) i soliti sobillatori della quiete hanno tempestato gli assessori (evitando accuratamente il sindaco, inferocito perché gli hanno fatto andare di traverso il compleanno colla storia dello stadio) per sapere se ne sapessero qualcosa. Come se un assessore, per quanto al ramo, debba sapere tutto quello che viene depositato a terra, vuoi al Corso o vuoi a Santa Clementina. E difatti Alfredo Pietronigro su Gazzetta.it riferisce, quasi soddisfatto, che assessori rintracciati telefonicamente cadevano dalle nuvole.

Grazie a Pietronigro (un bulldozer che vuole sapere per forza certe cose) si scopre che non di mamozio si tratta, ma di “panchina d’autore”. tale designata da apposita giuria di apposito concorso. Il concorso ne prevedeva la collocazione di fronte all’ingresso del Rettorato dell’Università del Sannio in piazza Guerrazzi. Quando scopriremo il nome dell’autore della panchina, potremo capire se non gli sia piaciuta la collocazione per rispetto dell’Ateneo (i ragazzi, più che il Rettore, si sarebbero potuti appisolare sulla panchina, dimenticando il dovere di entrare a lezione) o per incompatibilità del luogo, per quell’altra funzione allo stesso assegnato, tanti anni fa, di pubblico pisciatoio. Là dove è stato postato, invece, a farci un poco di pipì potrebbero pensarci solo i cani eleganti del passeggio umano.

Altro vorremmo sapere. C’è pericolo di una donazione, tipo Hortus Conclusus? Purché non lo venga a sapere Oreste Vigorito. Immaginate se gli venisse in mente di andare dal notaio e farsi mettere per iscritto che intende donare al Comune il campo di pallone sito nell’ex contrada Santa Colomba intitolato (stavo scrivendo intestato) a suo fratello Ciro.

Vedete com’è complicato fare il sindaco.

M.P.