'La moscheruola', affresco di un'Italia che non c'è più Eventi

Quanto c'era di differente e quanto di simile cinquanta o sessant'anni fa tra la vita che si conduceva a Benevento e quella in riva al Lago Maggiore?

E' la domanda che è emersa durante la presentazione del libro di Marco Zacchera (foto in alto) sabato 12 settembre al Circolo La Fagianella del capoluogo cittadino. Deputato per cinque legislature nelle file di Alleanza Nazionale, Marco Zacchera è anche stato sindaco di Verbania sul Lago Maggiore.

Giornalista, due lauree, ha già pubblicato diversi libri, distinguendosi dai politici tradizionali che prendono la penna, o meglio, il computer, per scrivere delle loro carriere e dei loro discorsi elettorali.

Per la verità, a parte l’onnipresenza del Lago, che nel racconto di Zacchera diventa metafora della pazienza che la sua generazione, uscita dalla seconda guerra mondiale, ha imparato a coltivare per sopravvivere e per cominciare a ricostruire dalle macerie, differenze negli stili di vita non ce ne sono poi molte. Forse, anzi, l’Italia appariva anche più unita di adesso. E questo, a nostro avviso, per due ordini di ragioni, chiaramente emerse nel corso del gradevole incontro presso La Fagianella. La prima è la lotta allo spreco che veniva praticato da Nord a Sud, per cui ogni cosa veniva riciclata fino al completo utilizzo. La seconda è che quella generazione nata negli anni Cinquanta ha coltivato e praticato il senso del dovere e del servizio alla comunità, che veniva instillato nei bimbi dai banchi di scuola, ed ancora prima in famiglia.

E così, nel corso di una cordiale e simpatica chiacchierata con il professore Salvatore Colatruglio e con il dott. Mario Pedicini, già provveditore agli studi di Benevento, tali somiglianze sono emerse in tutta la loro evidenza.

A partire dall’abitudine al risparmio. Pedicini vi ha scritto un libro di memorie, “Il cappotto verde”, dove tale cappotto, dopo essere passato a tutti i fratelli della sua numerosa famiglia, è stato infine utilizzato per rivestire le bottiglie con la salsa di pomodoro appena fatta. Anche nel libro di Zacchera si parla di abiti passati di fratello in fratello, in particolare (pag. 17) di un Montgomery con il cappuccio che, come molti abiti della famiglia, ebbe la medesima sorte.

Anche da Benevento si partiva da ragazzini per andare nelle colonie estive, e lo stesso succedeva a Verbania, città natale di Zacchera, che ricorda la partenza verso gli odiati campi estivi. Ma che ricorda anche la sua prima avventura di scout alla scoperta del mondo insieme al suo gruppo, quando con gli altri ragazzini si recò in escursione nell’arcipelago toscano. Viene naturale all’autore, quindi, il raffronto con le attuali generazioni, e così parla ai tanti intervenuti della partenza di un suo nipote diciottenne, il quale, anche se patentato, quest’estate ha preferito prendere la sua bicicletta e dirigersi alla volta della Sardegna, per scoprire il mondo a sua volta.

La Chiesa cattolica era molto attiva nella censura dei costumi. I ragazzini giocavano in strada. La spesa si faceva giorno per giorno nelle botteghe e non esistevano ancora i prodotti surgelati. A Verbania la gente aveva l’orto in pieno centro cittadino e dei cortili con i polli e i conigli. I frigoriferi non erano ancora arrivati e sui balconi delle case veniva sistemata una gabbietta per tenere freschi i cibi e tenere lontane le mosche: la moscheruola.

Zacchera conduce il suo amarcord con un tono leggero e scherzoso, dove spesso la narrazione si spezza per l’introduzione di riflessioni su quanto potremmo fare per salvaguardare ciò che ci circonda.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, quello del dovere, Zacchera nel libro ricorda la severa ma giusta figura del suo maestro elementare, il maestro Bonamico, che non aveva mai bisogno di urlare perché la sua autorità era indiscussa, come indiscussa era l’autorevolezza dei professori della scuola italiana, e nessuno si sarebbe mai sognato di avere da ridire sui voti o sui metodi didattici di un docente, né tantomeno qualche genitore si sarebbe mai lamentato per qualche ipotetico torto fatto al proprio figlio. Solo una volta il maestro Bonamico si arrabbiò, e piantò una sberla ad uno scolaro, tra l’altro orfano, reo di avere rubato un astuccio di matite ad un compagno. Era la scuola che educava all’onestà e alla responsabilità, concetto sul quale Zacchera si è soffermato nel suo intervento, con visibile emozione. Perché se non c’è responsabilità non c’è più bellezza, c’è spreco, ci sono casermoni di cemento che devastano il territorio, ha detto l’autore, ribadendo con forza la necessità di un’etica dell’impegno, che parta dal non sporcare le proprie città, perché se è vero che ci sono le ditte di igiene urbana e poi si vedono strade sporche, è solo colpa del nostro latente senso di responsabilità.

Zacchera ha avuto modo nel pomeriggio di visitare ed apprezzare la città di Benevento, “dal glorioso passato e dal presente difficile”, ma per motivi di tempo non gli è stato possibile visitare anche le zone interne del Fortore, come gli aveva proposto il professor Colatruglio, che è notoriamente assai legato alla sua San Bartolomeo in Galdo.

Zacchera è spesso in viaggio per il mondo per studiare l’economia e la società degli altri paesi, nel tentativo di apportare i necessari aggiustamenti alla nostra economia ed alla nostra società. Molto attivo nella vita parlamentare, da buon piemontese ha sempre preferito agire concretamente, piuttosto che fare passerella nei talk show televisivi, a differenza del suo amico Gasparri.

La serata è stata introdotta dal dott. Rocco Carbone, già presidente del tribunale di Benevento e presidente del Circolo La Fagianella, e dalla dott.ssa Maria Giulia Romano.

LUCIA GANGALE

l.gangale@inwind.it

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La moscheruola - Alberti Libraio Editore - Pagg. 246 - Euro 12

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