Amori magici e favole ruspanti nella 'Notte incantata' di Peppe Barra In primo piano
Il cammino si dipana in un bosco fatato, tra alberi ed animali parlanti, tra paure e liete sorprese. Le canzoni popolari di Peppe Barra accompagnano il tragitto dei personaggi liberamente tratti dalle favole di Giambattista Basile. Tutto è avvolto dalla leggerezza e dall’ironia, nel “Sogno di una notte incantata”, andato in scena al Teatro Massimo di Benevento per “Palcoscenico Duemila”.
Lo spettacolo segue lo schema della commedia. Tutto si trasforma in bene. I cattivi incontri portano felicità e ricchezza, l’ingenuità e la purezza vengono premiate, l’invidia punita e schiacciata. Il lieto fine è sempre dietro l’angolo. Ma, per arrivare alla agognata meta, gli ostacoli da superare sono tanti. Nel bosco c’è un orco pericoloso. La fanciulla che cerca i sette fratelli cade nella sua trappola. Ma, grazie ad un altro stratagemma, ritrova presto la libertà.
Il racconto di Barra alterna lettura e canto, recita e rabbiose sgridate, momenti danzanti e amare riflessioni. Sul palco un’orchestrina suona e interviene con ritmi e rintocchi, come una voce parlante. Dentro l’avventura di Gianna e i suoi sette fratelli, si apre una finestra dedicata alla storia dello svagato Vardiello, abituato a prendere fischi per fiaschi, a confondere e a dimenticare le cose. Ma la fortuna lo assiste, perché in lui è assente la malvagità.
La mamma lo manda a vendere una tela ad una persona “di poche parole” e lui si rivolge per questo addirittura ad una statua, sperando di essere pagato il giorno dopo. Passa il tempo e i soldi non si vedono. La mamma lo rimprovera e così Vardiello, arrabbiato, lancia una pietra contro la statua, che finisce in frantumi. Tra i cocci, all’improvviso, compare una pignatta piena di monete d’oro.
Gran festa in famiglia anche per due sorelle che hanno una papera che “scarica” zecchini e pietre preziose. Brutta scoppola, invece, per le tre vecchie che avevano rubato il volatile, spinte dall’invidia. Per loro solo una montagna di escrementi puzzolenti. Il magico incontro con un principe porterà una delle due fanciulle a fare con lui un matrimonio da favola. La spalla di Barra è Teresa Del Vecchio, che si destreggia con abilità tra i più diversi personaggi, maschili e femminili, alternando voci infantili e strilli di ragazzacce .
Nel fantastico mondo delle favole, però, si insinuano anche pensieri tristi e malinconici. “O tiempo, quanno passa, nun torna cchiù”. Così canta Barra in una canzone popolare sulla fugacità della vita. Poi lo scenario cambia riportandoci in un‘atmosfera da mercato, tra bancarelle e venditori, tra galline e pulcini, tra tortore e tacchini. A questo punto il cantante napoletano, originario di Procida, intona un suo pezzo classico, “Lu Uallarino”, tra gli applausi ritmati del pubblico. La bellezza dello spettacolo consiste proprio in questo agile passaggio da una scena all’altra, senza mai perdere e spezzare il filo della fantasia e l’andamento variopinto e brioso delle storie raccontate.
ANTONIO ESPOSITO