'Diffamazione a mezzo stampa': il tema che ha riunito i giornalisti campani a Benevento In primo piano

Si e' svolto giovedi' 7 luglio, presso la sala del Centenario del convento della Madonna delle Grazie, il corso di formazione, riconosciuto dall'Ordine dei Giornalisti della Campania, dal tema Diffamazione a mezzo stampa - Il risarcimento del danno. Ad introdurre il corso e la sua relatrice, il magistrato Silvana Clemente, giudice della Corte d’Appello di Salerno, è stato il presidente dell’Assostampa Sannita Giovanni Fuccio, che ha constatato con gioia la partecipazione di numerosi colleghi provenienti non solo dalla provincia sannita, ma un po’ da tutta la regione (erano presenti, tra gli altri, Ottavio Lucarelli, presidente regionale dell’OdG, e Lorenzo Gambatesa).

Ad incontro appena iniziato, ha fatto la sua comparsa in sala il neosindaco Clemente Mastella, ex ministro della Giustizia e giornalista anch’egli, che ha edotto il pubblico sui suoi trascorsi riguardanti la diffamazione a mezzo stampa, sia nei panni di querelato che di querelante.

Il giudice Clemente ha poi tenuto la sua conferenza, iniziando con la lettura dell’articolo 595 del codice penale nella sua formulazione corrente, che prevede per chi commette il reato di diffamazione a mezzo stampa la pena alternativa della detenzione o di una multa. Il magistrato ha poi ricordato i casi di Maurizio Belpietro ed Alessandro Sallusti, entrambi condannati al carcere per il reato in questione dopo un iter giudiziario abbastanza travagliato. Ha quindi fatto osservare che, con una sentenza del 2013, la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia per via dell’esistenza, nel nostro ordinamento penale, della pena del carcere per quello che è, a tutti gli effetti, un reato d’opinione; in particolar modo, nel caso dei direttori dei periodici, che sono responsabili civilmente e penalmente per ciò che è pubblicato sulle testate da essi dirette, si tratta di una pena detentiva inflitta per responsabilità oggettiva. Il nostro paese è rimasto uno degli ultimi in Europa a prevedere ancora il carcere per chi commette il reato di diffamazione a mezzo stampa.

Il giudice ha successivamente illustrato il progetto di riforma dell’articolo 595 che, in risposta alla condanna della Corte di Strasburgo, elimina la pena detentiva prevedendo soltanto quella pecuniaria, alzando però la sanzione da versare allo Stato (escludendo quindi i danni riconosciuti alla persona diffamata, che vengono liquidati in sede civile) fino ad un massimo di 50mila euro. Inoltre, solo per i casi di recidiva, per i giornalisti che subiscono la condanna per diffamazione a mezzo stampa (ma non per i direttori responsabili) è prevista, come pena accessoria, l’interdizione dalla professione giornalistica da uno a sei anni.

E qui, ironicamente ma non troppo, qualcuno tra gli astanti ha fatto notare come, per molti di noi giornalisti, sarebbe preferibile la galera ad una condanna a 50mila euro, esclusi i danni e le spese giudiziarie. Inoltre, dettaglio non trascurabile, per chi fa del giornalismo il proprio mestiere, l’interdizione dalla professione significa essere privati dei mezzi di sostentamento.

In chiusura, il direttore Fuccio ha auspicato che nell’immediato futuro le autorità facciano qualcosa per sostenere la stampa locale ed i tanti giovani, ma non solo, che praticano la professione giornalistica, magari rinnovando l’iniziativa dei giornali nelle scuole ed assumendo, così com’è previsto dalla legge, un addetto stampa tra gli iscritti all’Ordine in ogni Comune. Cosa che si tradurrebbe, nel caso della nostra provincia, in circa 70 giornalisti che potrebbero così trovare un’occupazione, sia pure precaria.

CARLO DELASSO

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