E' morto Ninì Pagliuca In primo piano

Aveva compiuto 86 anni lo scorso 23 settembre. Nini' Pagliuca e' morto stanotte all'Ospedale 'Rummo', e da li' partira' per la Chiesa Madre del Cimitero dove si svolgera' il rito funebre.

Nato a Benevento, era stato da bambino a Trieste, dove il padre ferroviere era stato trasferito. Nella città gigliata gli affibbiarono l'affettuoso nomignolo Nini, che significa bambino (come il nostro ninno). Solo nelle carte ufficiali risulta come Antonio, tutti (anche a scuola) lo hanno, quindi, chiamato Ninì con l'accento.

Professore di matematica e fisica al Liceo 'Giannone', era rimasto affezionato a quella grande palestra educativa del Magistrale 'Guacci', dove la platea studentesca (quasi esclusivamente femminile) era rappresentativa della società di tutta la provincia e la guida di un folto manipolo di qualificati docenti era nelle mani sicure della preside Paola Collarile.

Amava certamente la matematica, e ne era efficace maestro (anche per esami universitari), ma coltivava altre due passioni con eguale impegno e competenza: l'ornitologia e la musica. Dopo le cure ai suoi pregiati canarini, l'impegno quotidiano era destinato alla chitarra. Aveva suonato da giovane nei complessi guidati dal maestro Italo Cammarota portandosi appresso il fratello Silvano, che poi scalerà le vette del prestigio internazionale come cantante lirico.

Chitarra e mandolino sono stati il suo pane quotidiano. Ha distribuito la sua sapienza musicale in tantissimi concerti sia da solista sia in formazione con altri protagonisti della storia musicale beneventana.

Beneventano fin nel midollo (pari solo a suo cugino Ugo Mucci, fatto 'prigioniero' in Toscana per vie matrimoniali, che quando veniva a Benevento concludeva il giro delle sue pietre con una visita a Ninì), si allontanava per suonare a distanza di sicurezza per un pronto rientro in città.

Fu a causa della chitarra, suonata in Prefettura in occasione di appuntamenti mondani, che conobbe la futura moglie Amalia Romano, figlia del Procuratore della Repubblica Ambrogio, la quale gli ha donato Rosanna, docente di diritto all'Università di Salerno.

Nel suo studio si faceva matematica e musica. Licenziati gli studenti (di tutte le età, perché lui la matematica la faceva 'capire'), attaccava con la chitarra. Oppure accendeva il giradischi. E nel silenzio  soleva godersi il suo amato Puccini.

Con vecchi amici ritrovati (Raffaele Russo, Antonio Sorgente, Gigino La Polla) entrò dallo schermo televisivo direttamente in casa di famiglie vicine e lontane. Il suo faccione affacciato sulla chitarra era un tranquillizzante segnale di sincerità.

Quando Simone Alaimo e Vittoria Mazzoni decisero di incidere un disco di melodie mediterranee scelsero senza indugio il suono della sua chitarra. E forse anche il palpito del suo cuore generoso.

MARIO PEDICINI

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