Ecco cosa possiamo fare sul clima In primo piano

Non è un mistero che la superficie del nostro pianeta sia interessata da una fase di riscaldamento globale, caratterizzata soprattutto dall'aumento delle temperature delle acque e della troposfera (che ha uno spessore variabile tra gli 8 e i 20 chilometri), dall’innalzamento del livello del mare e dal restringimento dei ghiacciai, sia continentali sia marini.

Queste manifestazioni sono delle avvisaglie che producono effetti sull’esistenza degli esseri umani, che in breve si sono sempre dovuti adattare alle mutate condizioni climatiche, o abbandonando le loro terre o, nella migliore delle ipotesi, cercando di proteggersi con l’aiuto di metodi specifici.

Non a caso anche il Papa, in uno dei suoi ultimi discorsi, in occasione della Giornata mondiale del Creato, ha esortato ad ascoltare “il grido della terra, distesa di macerie e sporcizie”, attribuendo ai cambiamenti climatici anche la “straziante crisi dei migranti forzati.

Le Nazioni unite da tempo si adoperano per sensibilizzare i governi ad una riduzione dei gas serra, nel tentativo almeno di mitigare le emissioni antropiche, non essendo possibile pervenire al loro ideale azzeramento.

Questa mission conduce al concetto della sostenibilità, nel senso largo che gli incentivi, l’innovazione, l’uso di tecnologie moderne e il cambiamento dei modelli di vita, quindi politiche e strategie rivisitate, possano accompagnare ad un equilibrio stabile tra natura e uomo, ma soprattutto tra gli stessi esseri umani.

E di recente, da incontri specifici di scienziati, meeting di organizzazioni consacrate alla salvaguardia dell’ambiente ma anche da governi più illuminati, emerge il tema della resilienza, che abbiamo già toccato, che spinge le popolazioni, intese nella loro strutturata esistenza, non solo a resistere ma soprattutto a reagire e svilupparsi anche a seguito di improvvise circostanze devastatrici.

In un contesto urbano a dir poco asettico, all’uopo predisposto dal governo cinese, nei giorni scorsi si è svolto il G20, un “summit sul futuro del pianeta”, trattando i soliti temi di economia e di guerre in atto o in programma, ma tralasciando ancora una volta di ragionare di diritti umani.

Ma tant’è, come annunciato in premessa, questa volta vorremmo parlare di clima, non a caso tema caldo perché toccato sia da Barack Obama sia da Xi Jinping, considerato che Usa e Cina sono i maggiori inquinatori del pianta con circa il 40% delle emissioni totali.

Lo scorso 12 dicembre a Parigi è stato siglato un accordo al termine della XXI Conferenza sui mutamenti climatici. 195 stati, nelle precedenti tre settimane, avevano trattato una nuova intesa per la riduzione delle emissioni, unica strada percorribile per ridurre il “global warming”'. Qualche mese dopo a New York nel Palazzo di vetro diversi stati membri hanno ratificato l’accordo.

Ma per essere operante nel 2020 l'accordo dovrà essere ratificato da almeno 55 paesi, che rappresentano circa il 60% delle emissioni mondiali di gas serra. E non basta solo ridurre la temperatura media globale entro i 2 gradi centigradi in relazione ai livelli pre-industriali, ma è necessario anche accrescere gli aiuti economici per la riduzione delle emissioni nocive e soprattutto estendere mezzi resilienti nei confronti delle mutazioni climatiche.

I dubbi, come al solito, ci assalgono. Obama è a fine mandato, e non è detto che il successore non possa cambiare la strategia per l’ambiente. C’è da aggiungere, inoltre, che dopo l’espressione di voto per la Brexit il parlamento europeo, in attesa della fuoriuscita ufficiale del Regno Unito, non avendo la legittimazione ad operare in nome e per conto degli altri stati, ognuno di questi dovrà ridefinire in maniera autonoma le questioni riguardanti le emissioni in atmosfera.

Ciò significa che il petrolio e il carbone, i maggiori combustibili sotto accusa per l’inquinamento, nell’attesa che siano risolte le faccende burocratiche continueranno serenamente ad energizzarci.

Con buona pace dei vessilli colorati delle varie associazioni che inneggiano alla green economy, che risulteranno solo sfoggio di inutili ed ipocrite manifestazioni. Nel piccolo, a livello di scala urbana, è necessario perlomeno prendere atto della necessità di tutelare la salute, in tutte le sue caratterizzazioni, e di proteggere beni e strutture di servizio, sia pubbliche sia private. Citiamo ancora le parole del Papa, che ricordano come ci è stato “fatto dono di un giardino rigoglioso, ma lo stiamo trasformando in una distesa inquinata di macerie, deserti e sporcizia”.

I cambiamenti climatici, i cui segnali si avvertono sempre con maggiore evidenza, comportano la necessità di muoversi su strade alternative di diminuzione dei possibili danni temuti, facendo ricorso a strategie politiche per ottenere perlomeno accettabili misure di mitigazione, adattamento e resilienza.

UBALDO ARGENIO

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