Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordata all'Unisannio la figura dell'eroina napoletana In primo piano

Nella giornata dell'8 marzo 2016 presso la Sala Rossa dell'Universita' del Sannio, in piazza Guerrazzi, e' stata ricordata la figura di Eleonora de Fonseca Pimentel, intellettuale ed eroina della Repubblica Napoletana del 1799.

Un incontro di alto profilo storico, fortemente voluto dalla professoressa Rossella Del Prete (foto di apertura), docente e storica presso l’Università del Sannio, nonché presidente dell’Associazione l’Associazione Kinetès - Arte.Cultura.Ricerca.Impresa., in collaborazione con il Comitato Unico di Garanzia (C.U.G.). Oltre all’Ateneo sannita ed a Kinetès, partners di questo incontro sono stati il Comitato Unico di Garanzia (C.U.G.) e la Fidapa BPW di Benevento. L’incontro prelude allo spettacolo teatrale “Eleonora Pimentel Fonseca. Con civica espansione di cuore”, che andrà in scena sabato 12 marzo alle 20.30 presso il Teatro De Simone a Benevento. Lo spettacolo è diretto da Riccardo De Luca, anch’egli presente all’incontro, insieme all’attrice interprete di Eleonora, Annalisa Renzulli.

La professoressa Paola Saracini, delegata alle pari opportunità di Ateneo, ha rimarcato l’apertura alla trasversalità ed ai campi dell’arte nel ricordare la figura illustre di Eleonora de Fonseca Pimentel, mentre la presidente Fidapa Benevento, prof.ssa Carmen Coppola, ha detto che la Fidapa è la più antica associazione femminile di Benevento e provincia, dal momento che ha più di 50 anni, e che da sempre essa si occupa delle possibilità dell’empowerment femminile sul territorio. Coppola ha ricordato che l’Onu, in una sezione dedicata alle donne, richiede l’emancipazione e la partecipazione attiva della componente femminile, e che essa ha apporta un contributo notevole alla sfida della pace e della sicurezza internazionale. Senza sottacere, tuttavia, i molti casi di sudditanza e mortificazione fisica e psichica cui molte donne sottostanno ancora oggi.

Tra l’altro in sala era presente anche la professoressa Elda Iannuzzi, prima fidapina iscritta e sempre molto assidua agli incontri culturali in città.

Emilia Tartaglia Polcini, esperta formatrice nel settore scuola e formazione, responsabile della Consulta Provinciale degli Studenti, formatrice ed autrice di testi presso la compagnia teatrale Solot di Benevento, ha ricordato l’evento svoltosi in questura nella mattinata del 5 marzo, avente come oggetto la violenza alle donne, ed ha anche ricordato la performance teatrale (realizzata l’anno scorso) sulla figura di un’altra grande intellettuale, Ipazia, astronoma e filosofa, vittima dell’invidia e della violenza dei suoi tempi, e della non accettazione della supremazia culturale di una donna nei primi secoli dopo Cristo. La Tartaglia Polcini ha rimarcato il profondo senso storico di una giornata che si svolge in tempi di “una realtà troppo virtuale”, sottolineando l’imprescindibile dovere del ricordo e della storia, senza i quali “non possiamo neppure chiamarci umani”. Eleonora, ha detto, porta fino in fondo i suoi ideali. È la fragilità che sfida il potere, fino al sacrificio di sé. Discorso che sembra improponibile oggi, in tempi in cui l’unico interesse sembra essere quello per il danaro ed il successo.

Grande passione nella relazione di Antonella Orefice, storica e direttrice del giornale “Il Nuovo Monitore Napoletano”. La Orefice ha così esordito: «Oggi ricordiamo un pezzetto di storia del 1799, che ha subito un’opera di oscuramento non indifferente. Eleonora è ancora oggi un personaggio molto enfatizzato e poco conosciuto. Io ho visto già diversi spettacoli su Eleonora, ma nessuno mi è veramente piaciuto. Fino a che non ho avuto modo di assistere allo spettacolo di Riccardo De Luca, ed ho trovato apprezzabile che il regista si sia rifatto ai documenti storici».

Documenti molto scarsi, puntualizza la Orefice, dal momento che la damnatio memoriae operata dai Borboni, contro i quali ella aveva combattuto, portò alla loro distruzione o alla mistificazione dei pochi rimasti. Tant’è che neanche quello che si pensa essere il ritratto di Eleonora è in realtà suo, bensì quello di una sua nipote. «L’unico documento che rimane e dal quale possiamo cercare di ricostruire il carattere e la storia di questa donna è quello relativo al processo di separazione dal marito».

Eleonora apparteneva alla nobiltà portoghese, che battagliò non poco per far riconoscere il suo titolo marchesale a Napoli. In un’epoca in cui le donne, certo non per propria colpa, non studiavano, Eleonora ebbe la fortuna di avere dei precettori e coltivò l’aspirazione ad uscire, come diceva Kant, lo stato di minorità imputabile a se stessi. Nel suo cuore, appassionato di studi e di sapere, germoglia ben presto il seme della libertà. Le viene imposto un matrimonio con un uomo di condizione sociale diversa dalla sua, «un buzzurro appartenente all’esercito» e si sposa tardi: 28 anni, per l’epoca in cui vive, sono già molto avanti per una donna in età da matrimonio. Il marito si chiamava Pasquale Tria. Nel processo si legge che Eleonora disse: «Passai a marito». È l’inizio del suo matrimonio mancato, come lo sarà per la sua maternità mancata. È la prigione coniugale, di cui i carcerieri sono le cognate (come emerge anche dalla rappresentazione teatrale). Alla fine una si chiude in convento e l’altra morirà suicida.

Nel corso dei suoi sette anni di matrimonio, tra indicibili violenze fisiche da parte del marito, Eleonora rimane incinta. Nasce un bambino, ma la sua vita viene ben presto stroncata da una febbre virale, per cui Eleonora viene accusata di scarsa cura nei confronti del piccolo. «Invece - continua la Orefice - dai registri dei morti dell’epoca risulta che vi fossero tantissime vittime della febbre virale di quell’anno». Dopodichè Eleonora vuole rimanere incinta, ma le percosse inflittele dal marito le rendono impossibile la prosecuzione delle gravidanze. Finché la donna ha la forza di separarsi. Da quel momento, per il popolino napoletano, la marchesa Pimentel diventerà “la puttana”. La fine del matrimonio è per Eleonora un rifiorire. Ella fiorisce come gli alberi della libertà piantati nel 1799. Diventa direttrice del prestigioso giornale “Monitore Napoletano”.

Il 23 gennaio 1799 a Napoli viene proclamata la Repubblica. Ferdinando IV di Borbone se la dà a gambe. «Come dice Freud nel suo scritto La caducità - afferma la Orefice -, “se un fiore fiorisce in una sola notte, non per questo la sua fioritura apparirà meno splendida”. E così, la Repubblica Napoletana è stata un momento glorioso, splendido nella nostra storia. Un esempio di libertà e di democrazia per tutta l’Europa. Io non sono d’accordo con chi afferma che la Repubblica Napoletana sia stata il seme del Risorgimento, perché nel Risorgimento combattevano per passare da una monarchia ad un’altra monarchia; invece a Napoli hanno gettato il seme della nostra attuale Repubblica. E hanno pagato con la vita questa loro lungimiranza. Il 20 agosto 1799 Eleonora ha cessato di vivere per i suoi ideali».

La professoressa Del Prete ha, così, rimarcato l’importanza della storia nella formazione e nella coscienza civica di ognuno. Ha detto che la passione pone in grado di narrare gli avvenimenti storici, proprio come ha fatto Antonella Orefice nella sua appassionata relazione. Del Prete ha anche sottolineato l’importanza del teatro per i giovani, in quanto straordinario ed ineguagliabile strumento di trasmissione culturale, al di là di ogni sterile nozionismo.

Annalisa Renzulli, che interpreta la parte di Eleonora de Fonseca Pimentel nello spettacolo sopra citato, che ha Napoli ha avuto il tutto esaurito nelle sue tre rappresentazioni, nonché eccellenti riscontri di critica, prima di dedicarsi al teatro ha svolto attività di ricercatrice universitaria in Diritto dell’Unione Europea a Roma. Ha detto di essere felice di parlare dello spettacolo proprio in una Università, perché questo le fa ricordare le lezioni che in tale contesto essa ha svolto in passato. Prima di seguire la sua originaria e reale vocazione, quella teatrale, lasciando la vita accademica senza rimpianti. Un coraggio notevole, che anche Del Prete le ha pubblicamente riconosciuto.

Ciò ha dato lo spunto al regista Riccardo De Luca per ribadire che nella vita occorre a ciascuno di noi la capacità di andare nella direzione di ciò che davvero ci tocca. Di seguire le nostre passioni e idealità. «Eleonora ha proposto, nella sua epoca, un’alternativa economico-politica sistemica mai realizzata prima. E lo ha fatto sulla base di una Costituzione avanzatissima. Al confronto, anche la Rivoluzione francese e la Rivoluzione bolscevica non sono importanti come la Rivoluzione napoletana del 1799. Eleonora - ha continuato De Luca - è l’esempio più luminoso non del passato, ma del futuro. Non so che esempio più luminoso possa esserci: Lenin è morto nel suo letto ed Eleonora impiccata. Ella ci indica la strada di un ideale».

Essendo una nobile, Eleonora De Fonseca Pimentel avrebbe dovuto essere decapitata e non impiccata. La regina Maria Carolina ne decretò l’impiccagione. Il fatto che una donna abbia deciso la morte di un’altra donna è forse stata la cosa più dolorosa ed umiliante per Eleonora. Ma, come lei stessa ebbe a dire, citando Virgilio prima di essere giustiziata: «Forsan et haec olim meminisse juvabit» (forse un giorno gioverà ricordare tutto questo).

All'attrice Annalisa Renzulli è andato il premio Kinetès: una scultura rappresentante un viso di donna, Lenòr (Eleonora), realizzato dall'artista sannita Rossella Mazzitelli.

LUCIA GANGALE

www.luciagangale.blogspot.com

www.reportagesweb.wordpress.com

Altre immagini