I bandi per le periferie e il nuovo principio della città resiliente In primo piano

Così come esiste un indicatore di forza, in questa strana azienda chiamata società, che è dato dagli accumuli di cose e dai possedimenti di ogni genere, allo stesso modo alberga un indice di fragilità, che determina l’attitudine di un qualsiasi organismo, singolo o massificato, di adattarsi e di resistere al logoramento, in modo da assicurare la propria possibilità di uso, o se vogliamo di sfruttamento, per continuare a svolgere ogni genere di servizi. Bisognerebbe, forse, creare uno strumento che segni in maniera precisa le distorsioni, positive o negative che siano, una specie di oscillometro che fotografi all’istante i cambiamenti. Quello che interessa il nostro proposito, in verità, è soprattutto parlare della fragilità, che più adeguatamente identifica una sofferenza, forse un disagio, e che meglio si considera se si sceglie di guardarlo dal basso.

In informatica l’indice di fragilità è legato più di tutto al rischio cyber, compreso tra i pericoli  paventati in maggior misura da imprese ed enti vari. La psicologia, invece, distingue la fragilità dalla disabilità, evidenziando un malessere che se trattato nel giusto modo può essere anche reversibile, mentre se trascurato può portare alla perdita completa dell'autonomia. In ogni caso è una questione che ha a che fare con la stabilità, e questa non può prescindere dal tempo.

Il termine che accomuna l’uso dell’indicatore di fragilità è la resilienza, ovvero la costante analisi della capacità di resistenza di fronte a pericoli imminenti e il lavorio nel cercare di riacquistare lo status quo antecedente all’evento emergenziale, disponendosi alla nuova condizione e magari ottenendo condizione alternative di funzionamento.

Perché questo noioso discorso? Qual è lo scopo ultimo?

Da poco, parliamo di qualche anno fa, il concetto di resilienza è stato inserito, prima sottovoce, poi più incisivamente, nell’ampio dibattito della scienza che analizza le dinamiche urbane. E oggi, parlando di questi argomenti, si discute di resilienza urbana, nelle sue caratterizzazioni legate al clima, al suolo, alle periferie, alle infrastrutture e così via, perché i cambiamenti, in generale, richiedono una sostanziale modifica dei metodi di rappresentazione della città e del territorio. E il tempo di cui dicevamo prima fa passare in secondo piano termini come riqualificazione e la stessa rigenerazione urbana, giacché si parla di rigenerare le città attraverso la resilienza, cioè considerando il loro progressivo adattamento alle mutazioni continue.

Le periferie urbane godono di recente dell’attenzione della comunità europea e del governo e delle regioni italiane: nei prossimi giorni sono in scadenza tre bandi che interessano la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città (metropolitane e capoluoghi di provincia), la progettazione per la cultura che riguarda i comuni del meridione, e un bando regionale che interessa azioni di valorizzazione e promozione dei beni e dei siti culturali della Campania.

Considerando che spesso non c’è, da parte degli enti locali, l’accesso ai fondi, o che questi addirittura tornano indietro perché non utilizzati, la possibilità di questi finanziamenti diventa una nuova e importante opportunità da cogliere. Le cifre che occorrerebbero per tirarci fuori dalla depressione psico-fisica sono ben altre, ma in questo frangente è importante la tempestività con cui confrontarsi per ottenere queste sovvenzioni.

Una importanza particolare viene quindi data alle periferie, perché si è riconosciuto che il modello di sviluppo delle città, attuato nei decenni passati, potrebbe implodere se non si mette mano a quelle che sono da sempre state considerate un problema e non un valore aggiunto. Ma è soprattutto importante l’approccio che si vuol dare alle progettazioni, perché s’è visto che i vecchi sistemi hanno fatto il loro corso.

Ecco perché parlare di rigenerazione urbana legata al concetto di resilienza, perché in questa maniera si vanno a cogliere sia le questioni socio-economiche, sia ambientali e sia quelle più propriamente urbanistiche; in questa maniera si va a ricercare l’intima capacità della città e dei suoi abitanti non solo di cambiare, per reagire in maniera concreta ed efficiente agli effetti dei mutamenti in atto, di fronte ai quali i sistemi urbani si stanno dimostrando sempre più vulnerabili, ma di progettare risposte sociali, economiche e ambientali innovative, che le consentano di difendersi nel lungo periodo alle sollecitazioni dell’ambiente e della cultura.

UBALDO ARGENIO

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