Il sogno della programmazione In primo piano

Il prossimo 3 agosto sarebbe da ricordare il 50° anniversario di un “evento” completamente dimenticato, eppure capace all’epoca di fermenti e speranze. Intendo la pubblicazione a stampa dello Schema di sviluppo economico della Campania redatto dal Comitato Regionale per la Programmazione Economica della Campania, presieduto dal professore Vittorio Cascetta.

Non era ancora stata istituita la Regione, pur se prevista dalla Costituzione repubblicana del 1948. Era viva, tuttavia, l’attesa di quella che appariva una importante “novità”, tale da autorizzare le più ottimistiche previsioni. Era opinione comune, quindi, che il documento del Comitato Regionale avrebbe costituito la prima carta da ardere sotto i possenti tronchi dell’autonomia capace di neutralizzare il centralismo statale e accendere, contestualmente, il meccanismo irresistibile della autodeterminazione sia pure per quelle materie (in verità non molte) destinate a passare al nuovo organismo.

Il tramonto della politica di centro assicurata dal quadripartito (Democrazia Cristiana, Partito Liberale, Partito Socialista Democratico, Partito Repubblicano) e l’apertura a sinistra (con la sostituzione dei liberali con i socialisti di Pietro Nenni) avevano provocato, sul tema delle regioni, un capovolgimento di posizioni: i liberali, favorevoli allorché si scrisse la Costituzione, erano passati tra i critici; i socialisti avevano fatto il percorso opposto. In parte, il fondamento dell’apertura a sinistra si giocò sulla adesione all’idea regionalista e, ancora di più, sulla “programmazione” (una delle tante parole “affascinanti” quanto “effimere”).

A credere nella programmazione, stando ai documenti elaborati e approvati, la Campania fu tra le più convinte. Sotto la guida di Vittorio Cascetta, lavorarono studiosi delle università e funzionari pubblici, oltre a esperti dell’Istituto per lo Sviluppo del Mezzogiorno (ISVEIMER) e della Cassa per il Mezzogiorno.

A riflettere oggi sulla produzione di quel gruppo di cervelli c’è da rimanere ammirati, tali e tanti sono stati i dati raccolti, elaborati e proiettati su scala temporale di medio termine tuttora utilizzabili (e comunque replicabili quanto a metodologia). Erano personaggi che prestavano la loro opera senza alcun compenso materiale, con il supporto di poche altre unità reclutate negli uffici pubblici.

Una volta accorpati i documenti di sintesi (e relative tabelle) per settori produttivi (agricoltura, industria, artigianato, attività terziarie, attività turistiche) e delineate le traiettorie delle politiche degli impieghi sociali (istruzione e ricerca scientifica, sanità e assistenza, trasporti e sistema portuale, difesa e conservazione del suolo) fu programmato un fitto calendario di incontri su base territoriale.

Furono mandati in giro su tutto il territorio regionale “apostoli” incaricati non tanto di convertire quanto di informare, sollecitare e suscitare un confronto. Non furono incontri rituali con i vertici istituzionali di province e comuni o uffici statali.

Ricordo bene che furono coinvolte associazioni culturali e il mondo giovanile, sia quello già presente nei centri culturali della Cassa del Mezzogiorno che quelli delle varie sigle politiche e confessionali. Fu così che anche noi giovani venimmo a contatto con Arturo Polese, Sandro Petriccione, Eduardo Caianiello, Ferdinando Isabella, Piero Grassini, Franceco Compagna, Luigi Lettieri, Pietro Morselli, Domenico Andriello, Antonio Gava, Alberto Servidio, Costantino Cutolo. Quando il lavoro passò all'affinamento, ci misero le mani Manlio Rossi Doria, Carlo Cupo, Sabino Di Benedetto, Umberto Siola, Mariano D’Antonio, Alessandro Dal Piaz e Francesco Forte.

Vittorio Cascetta così concludeva la presentazione del corposo volume: Dalle pagine della Schema... non viene fuori una Campania  ‘facile’. L’immagine della Campania... è sostanzialmente un’immagine di inquietudine: di una società i cui problemi non sono ‘ordinari’; che ha carenze quantitative e qualitative; di una società per la quale non esiste soltanto il problema della maggiore efficienza, che forse si può assicurare con una politica ‘vecchia’, ma che richiede anzi, e con estrema sollecitudine, una politica ‘nuova’; di una società la quale non può sperare in una sorta di garantito automatismo che regolerà il suo sviluppo e che deve, al contrario, costruire, essendone artefice, i capisaldi del suo sviluppo futuro.

Mario Pedicini

P. S.

Nello stesso anno vedeva la luce, a cura dell’Istituto di Rilevazioni Statistiche e di Ricerca Economia del prof. Fausto Pitigliani, promosso e finanziato da Amministrazione Provinciale, Camera di Commercio, Ente Provinciale per il Turismo e Comune di Benevento, un volume di circa seicento pagine dal titolo Studio per la Valorizzazione Agricola lo Sviluppo Inustriale e Turistico della Provincia di Benevento. Stento a credere che gli attuali protagonisti delle vicende politiche e amministrative ne sappiano qualcosa. Perché, anziché parlare del nulla, non si riprende la pratica dello studio, che è essenzialmente conoscenza di quanto già prodotto?

M. P.