La questione depuratore a Benevento In primo piano

Appare davvero stravagante che di questi tempi un comune capoluogo di provincia non utilizzi ancora un manufatto per depurare le acque reflue, e appare ancora più bizzarro assistere a discussioni sul quando, sul dove e sul come, in presenza di una situazione che ha dell’incredibile. Si può misurare in decenni l’incuria nel gestire questa urgenza, diventata tanto più indifferibile perché il tempo che passa non porta di certo benefici al benessere e alla qualità della vita del territorio e della collettività.

Ripercorriamo per un attimo il processo di trasformazione delle acque che utilizziamo nella quotidianità delle nostre azioni: dato per scontato che ci arrivino in casa acque pronte all’uso per la specie umana, e non solo, le azioni per la pulizia nostra, della casa (pavimenti, vetri, lavatrici, lavastoviglie, ecc.), delle aree circostanti, fanno sì che immettiamo nel circuito dei reflui una quantità enorme di sostanze nocive. Per non parlare dell’uso che se ne fa nelle aziende agricole e produttive in generale.

Sostanze organiche e inorganiche che sversiamo, da decenni, in ogni attimo della nostra vita, contaminando salute, ambiente e territorio in maniera diffusa, tenendo anche conto che le pubblicità ci bombardano la testa per soddisfare il moderno cult della sterilizzazione e purificazione ad oltranza. E tenendo conto che questo modo scellerato di procedere va contro natura, perché non viene più soddisfatto il principio del sano equilibrio dell’ecosistema, dal momento che i terreni, i fiumi, i laghi e i mari non riescono più a sostenere la loro capacità di autodepurarsi.

Senza entrare in meccanicismi sull’opportunità dell’impianto o degli impianti che, tenuto conto anche delle dinamiche orografiche e della disposizione urbana, lasciamo ai tecnici della materia, così come sulla maniera di trattare i reflui (se con depurazione tradizionale o con l’ausilio di sistemi di fitodepurazione), ciò che ci preme di capire viaggia a monte di tutta questa disputa.

Benevento è fornito da anni, fortunatamente, dello strumento urbanistico generale (prima Piano regolatore generale e poi Piano urbanistico comunale); con l’ausilio e nel rispetto di questi strumenti di governo del territorio è stata gestita la ricostruzione post bellica e post sisma (del 1962 e del 1980), sono state realizzate case per l’edilizia sociale, sono state costruite opere pubbliche per migliorare l’aspetto e l’organizzazione della città: si poteva fare forse di più e meglio, ma ci sta che nella vita e nella trasformazione della città ci siano momenti di alto o di basso contenuto di idee buone e innovative; quello che meraviglia è come mai, in tanti anni, tutti i luoghi indicati come idonei per la costruzione del o dei depuratori (Pantano, Sant’Angelo a Piesco) si siano col tempo rivelati inadatti.

Se è vero che gli strumenti urbanistici, per essere approvati, hanno necessità di pareri tecnici rilasciati dai vari enti che tutelano il territorio, come mai non si è mai trovata una collocazione “tecnicamente” valida, anche per superare la questione di opportunità poste dai vari campanilismi? Appare veramente strano che si debba attendere ancora che piovano dal cielo nuove illuminazioni sulla natura dei terreni. Perché se le tecniche di conoscenza, e anche quelle che interessano la conoscenza de territori, cambiano continuamente, con questa logica la città di Benevento non avrà mai il suo depuratore.

E se è vero, come insegna l’antico proverbio che i medici s’azzuffano e l’ammalato muore, escludendo di andare alla sterile ricerca di chi nel tempo non s’è adoperato per porre una soluzione alla questione depuratore, si può ritenere, senza tema di smentite, che il tempo che rimane (e non è molto) per non far diventare colpevolmente irreversibile il guasto provocato alla salute e all’ambiente debba essere impiegato, da chi per legge è responsabile e deputato al governo della cosa pubblica e del territorio, a mettere in atto scelte forti, nel segno della legalità e nel solco del buon senso, perché questa città, di antica cultura e sito Unesco, abbia il suo depuratore delle acque reflue, e per evitare che questa deficienza continui ad essere un’ulteriore opportunità per gettare fango sulla incapacità e sulla meridionalità delle nostre scelte e condizioni di vita.

UBALDO ARGENIO

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