Libertà di stampa, si ma senza padrini In primo piano

La puzza di bruciato s'avverte. E non ci vuole un naso particolarmente sensibile per coglierla. Più che una manifestazione a tutela della libertà di stampa, quella di sabato a piazza del Popolo a Roma, è sembrata un'iniziativa di una parte politica contro un'altra. L'opposizione che attacca il governo su di una tematica molto sensibile per la democrazia, non solo del nostro Paese. E lo fa senza preoccuparsi dei possibili cocci che inevitabilmente sarebbero stati lasciati sul selciato a spese proprio dei giornalisti. Senza avere rispetto per le molte sensibilità ed anime che sono all'interno della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, sindacato unico ed unitario dei giornalisti. Un sindacato che opportunisticamente è stato appoggiato da pezzi importanti della politica.

In buona sostanza ha dovuto subire un abbraccio pericoloso, forse senza rendersene conto fino in fondo, che ha minato la sua autonomia, la sua credibilità agli occhi di una parte rilevante dell'opinione pubblica. Una cosa è manifestare per il contratto, per i tanti abusi che ci sono nelle redazioni, per editori privati spuri e pubblici lottizzati dai partiti; per un Ordine dei giornalisti obsoleto, che avrebbe bisogno di essere sburocratizzato, per la credibilità dell'informazione che ogni giorno subisce attacchi - anche per colpa o irresponsabilità dei giornalisti -; altra cosa è scendere in piazza per invocare la libertà di stampa in modo general generico, come se l'Italia fosse un Paese del terzo mondo. Dove, nei politici che manifestano, c'è più la voglia di ribaltare l'attuale situazione politica, che occuparsi realmente degli annosi problemi che la stampa italiana si porta dietro da tempo immemore e che proprio la politica ha lasciato marcire.

Molti manifestanti hanno la memoria corta. Hanno dimenticato il ddl Mastella che provocò, il 30 giugno 2007, una giornata di silenzio dell'informazione, proclamata dalla Federazione della stampa per ''respingere il pesante attacco all'autonomia del giornalismo e al diritto di cronaca''. Non ci fu quel giorno molta solidarietà da parte delle forze politiche. Il sindacato allora si batteva per ''la gravità del disegno di legge Mastella sulle intercettazioni'' e chiedeva ''la rapida approvazione delle leggi che riguardano la comunicazione, la riforma delle leggi sull'editoria e sulla Rai e l'attuazione della legge 150 negli uffici stampa pubblici''.

Cambiato governo le questioni restano, a partire dal ddl dell'attuale guardasigilli Alfano. Sembra, inoltre, che siano state letteralmente cancellate dalla memoria anche le tante querele fatte agli organi d'informazione ed ai giornalisti da leader della politica, con in testa Antonio Di Pietro. Il più prodigo di tutti nel presentare atti giudiziari contro la stampa. E nel dimenticatoio è finito anche l'estenuante rinnovo del contratto di lavoro dei giornalisti, dove gli scioperi proclamati dalla Federazione della stampa non hanno avuto, nemmeno in minima parte, la solidarietà che c'è stata in occasione della manifestazione di sabato scorso..

Lungi da me sostenere che nel campo dell'informazione nel nostro Paese non ci siano problemi e che tutto fili per il meglio. Su alcuni giornali ho recentemente criticato con asprezza Silvio Berlusconi, nella sua qualità di presidente del Consiglio, per le frasi ingiuriose rivolte verso i giornalisti e per le querele fatte. Non ho mai sottaciuto il conflitto d'interessi che ritengo ci sia tra chi governa e chi è proprietario di reti televisive. C'è da dire però che il conflitto d'interessi non va sollevato solo quando si è all'opposizione, va rimosso appena si ha la possibilità e la maggioranza in Parlamento per farlo, se è veramente importante per la libertà e la democrazia del Paese.

Attenzione anche a commettere un altro esiziale errore. Ritenere che i giornalisti non abbiano responsabilità relativamente allo stato attuale di salute dell'informazione nel nostro Paese. Diceva Benedetto Croce che un buon giornalista ogni giorno deve dare un dispiacere a qualcuno. In politica, e non solo, ci troviamo di fronte ad alcuni cronisti che usano il manganello per dare dolori a chi non è dalla loro parte, a chi non la pensa come loro. E' un vizietto, per la verità, bipartisan che, comunque, fa un enorme danno alla credibilità della stampa e dei sui operatori a tutto vantaggio dei manganellattori che diventano intoccabili difensori delle loro verità.

Ma, per converso, etichetta tutti gli operatori dell'informazione come orbi a senso unico dell'informazione, manipolatori, alla faccia della libertà di stampa. Se tutto questo è vero, c'è bisogno di un rinnovato impegno per cambiare le cose. Da parte dei giornalisti perché, in estrema autonomia e senza sponsorizzazioni pericolose, facciano il loro mestiere avendo sempre a mente il codice deontologico che si sono dati, il buon senso e facendo funzionare in modo esemplare la loro giustizia interna. Da parte dei politici perché, in materia di libertà di stampa, non s'illudano che il problema si possa risolvere con manifestazioni o con disegni di legge non concertati con tutte le parti in gioco, opposizione compresa. I baluardi della democrazia, come la libertà di stampa, non si difendono a colpi di maggioranze, anche se qualificate.

ELIA FIORILLO