L'illegittima difesa in campagna elettorale In primo piano

Non ricordo quanti anni avesse. Quindici, sedici, diciassette? Chissà. Chi scrive a quei tempi ne aveva suppergiù undici di anni. Un ragazzino difronte ad una donna. Linda era simpatica, viva, sempre ironica con quella faccia un po’ così... Che solo a guardarti sembrava volesse prenderti in giro. Poi ti sorrideva e, allora, capivi tutta la sensibilità, la dolcezza che c’era in quell’essere. La notizia della sua morte mi fu data mentre ero a letto con la tonsillite. Non mi dissero com’era finita. Un incidente, una malattia?

La causa della morte di Linda l’appresi tempo dopo per via di una confidenza di un mio caro cugino. Si era suicidata. Come si fa a quell’età a non voler vivere? Delusione d’amore? No, niente di tutto questo. Un rimprovero della mamma per non aver comprato quello che lei le aveva chiesto. Seguito dall’ordine tassativo di ritornare al negozio per “cambiare” la merce acquistata. Linda non resse a quella sgridata, per lei ingiusta. Andò a cercare nell’armadio della camera da letto la pistola del papà. Poggiò la canna sulla tempia e tirò il grilletto. La portarono in ospedale ma non ci fu niente da fare. Se non ci fosse stata a casa un’arma con molta probabilità Linda oggi sarebbe ancora viva.

Tutto questo preambolo per parlare di “legittima difesa” e della sollecitazione di una parte politica di dotare i cittadini di armi al fine della tutela dai malviventi. Il ritornello “dell’armarsi per difendersi” lo sentiamo ripetere a gogò. Alla “cattiveria” bisogna rispondere con più “cattiveria”. Ma i problemi in questo modo si risolvono o si corre il rischio di aggravarli?

Non è automatico possedere una pistola e saperla usare. L’esercitazione deve essere continua. Il porto d’armi a tutti, ma con l’obbligo di esercitazioni mensili? Eppoi, non è detto che avere un’arma a casa risolve le questioni relative alla propria difesa personale e a quella dei familiari. Mettiamo che dei delinquenti fanno irruzione a casa tua. O tu li stai aspettando con la pistola in mano o, cosa più probabile, sei preso alla sprovvista. E allora che fai? “Fermi tutti, vado a prendere il revolver”, gridi. Diciamo che sei fortunato, e nel momento dell’aggressione ti trovi vicino al cassetto dove c’è l’arma, la prendi e spari? Ma potresti correre il rischio di essere preceduto dal, o dai, delinquenti che vista la pistola aprono il fuoco su di te e i tuoi. E con questi esempi potremmo andare avanti un bel po’. Più che di un’arma, per la così detta “legittima difesa”, forse avremmo bisogno di ottimi sistemi “antifurto”, magari con incentivi rilevanti per il loro acquisto.

Mediaticamente però una cosa è gridare agli armamenti, un’altra è parlare di sistemi preventivi.

Anche per la questione “migranti” vale il ragionamento della “cattiveria vincente”, a livello mediatico però. Fosse il cielo - come s’usa dire - se il problema più rilevante per il nostro Paese fossero i flussi migratori. Certo, sono un problema. Ma non il “problema”, come certe forze politiche vorrebbero far credere. Quando il ministro dell’Interno Salvini, insieme al presidente del Consiglio Conte e a quello del Lavoro e dello Sviluppo economico Di Maio, incentra tutta la sua attività sui migranti viene spontaneo chiedere: “ma è al corrente, insieme ai suoi colleghi di governo, che nel nostro bel Paese ci sono fenomeni malavitosi che portano il nome di mafia, camorra, ‘ndrangheta e che vanno perseguiti con determinazione, anche se non fanno audience?”,

Sono al corrente della piaga purulenta della corruzione che pervade il Paese, in lungo ed in largo, e blocca reali possibilità di sviluppo centrate sulla vera managerialità, sulla concorrenza, sulla creatività, sulla competitività e via proseguendo? Sembra proprio di no, nell’eterna campagna elettorale che punta sull’emotività del momento, senza porsi problemi di “futuro” e delle conseguenze di certe scelte.

Matteo Salvini problemi di futuro, il suo, se li pone. A Pontida, senza il Senatur Bossi, lancia la sfida della costituzione delle Leghe europee e si dice convinto di governare l’Italia per i prossimi trent’anni. Non poteva mancare, alla fine del comizio, la sua “corona” agitata al vento. Un simbolo cristiano che poco c’entra con certe posizioni assunte dal “Capitano”. A Napoli contro il malocchio e l’invidia si usa il corno. A Pontida, invece del corno rosso, si sono inventati la corona. Non può essere altrimenti.

ELIA FIORILLO