Non fidarsi è meglio In primo piano

Da una parte gli esperti c'invitano a consumare più frutta e verdura per la prevenzione dei tumori, dall'altra i consumatori si trovano alle prese con sempre maggiori problemi nel reperire prodotti genuini. Sulle nostre tavole finisce oggigiorno di tutto e, in pratica, sono pochi a chiedersi cosa realmente contengano dal punto di vista chimico ciò che ingurgitano e quale ne sia la provenienza.

Chiedere poi ad un fruttivendolo se il prodotto che si va ad acquistare risponda a quanto richiesto, è come andare a domandare all'acquaiolo se l'acqua sia fresca.

I nostri fruttivendoli, ripartiti tra mercati rionali, mercati coperti e negozi tradizionali, ai quali vanno aggiunti gli ambulanti, sono sempre pronti a giurare e spergiurare sulla qualità degli ortofrutticoli da loro venduti.

Difficilmente troverete un rivenditore disposto a rivelarvi, specie i venditori ambulanti - camion che provengono da province limitrofe alla nostra -, l'esatta area geografica di coltivazione di quanto stanno vendendovi.

Il venditore ambulante che portava nei paesi della provincia - ‘o paesano - frutta e verdura, era divenuto di fiducia, e per i prezzi concorrenziali e per la bontà, potendosi fidare ciecamente di quanto asseriva. Oggi, purtroppo per noi, chi voglia ancora riporre fiducia cieca deve prontamente ricredersi, stante l'attuale situazione di degrado ambientale delle province napoletane e casertane. Prima regola: informarsi sul luogo di provenienza. Ma è sufficiente e ci si può fidare? Quale tracciabilità esiste per tali prodotti dell'ortofrutticoltura? Chi difende il consumatore, lasciato in balia degli eventi, se non provvede a farlo da solo? E con quali risultati poi?

Si pensi agli effetti della diossina e alle falde acquifere dei terreni agricoli, terreni questi ultimi in cui sono stati sversati tali quantità di rifiuti tossici da avvelenare intere comunità. Sono impresse in tutti noi le recenti immagini televisive che mostravano gli ignari ed incoscienti agricoltori coltivare cavolfiori, insalata e quant'altro a pochi metri da piccoli stabilimenti industriali responsabili di immettere liquidi dal colore scuro nell'ambiente circostante. Ed uno dei titolari rispondere all'intervistatore: Tutto falso, lei sa che la coca-cola ha un colore scuro, ma non per questo possiamo dire che non sia potabile (sic!). E la testimonianza della cittadina del posto che, stanca di sentirsi sempre rassicurare sulla non pericolosità del luogo, di propria iniziativa s'è sottoposta a degli esami privati spendendo di tasca propria mille euro per poi ritrovarsi con un tasso di diossina cinquecento volte la norma, ammesso che possa mai esserci una norma per una sostanza simile.

D'altro canto, è da tutti risaputo che chi vive nelle regioni più inquinate si ammala di più di cancro. Osservasalute 2007, l'ampio resoconto redatto ogni anno sulla salute degli italiani, conferma ancora una volta che nelle aree delle discariche i tumori colpiscono molto di più che non altrove. L'equazione tra veleni immessi nel territorio e tumori è ormai inequivocabile e, parlando d'acqua, quella che entra nella catena alimentare attraverso l'irrigazione delle colture è la maggior colpevole. Le sostanze che penetrano nelle falde acquifere come residui delle attività agricole (pesticidi) e industriali (rifiuti tossici) non fanno che aprire uno scenario inquietante sulla pericolosità di quanto proviene sulla nostra tavola e di conseguenza sulla salute di tutti noi.

GIANCARLO SCARAMUZZO