Paradossi trasversali da campagna elettorale In primo piano

Se si fossero messi a tavolino per escogitare un programma d’azione per auto-danneggiarsi, probabilmente non sarebbero riusciti ad inventarsi quello che gli sta capitando. La realtà può superare l’immaginazione. Nel caso dei 5Stelle è proprio così. Hanno deciso di decurtarsi lo stipendio da parlamentari per un nobile scopo, rimpinguare il Fondo per  il microcredito. Uno strumento pubblico per la concessione di prestiti fino a 25 mila euro a lavoratori autonomi e piccole imprese con non più di 5 dipendenti.

Furono proprio i grillini, con un emendamento alla legge 98 del 2013, a prevedere contributi volontari al microcredito. Ciò consentì al MoVimento di far versare ai propri parlamentari al Fondo metà del loro stipendio (l’indennità netta è di circa 5 mila euro) più la quota della diaria (circa 3.500 euro al mese) non spesa. Sono confluiti nel Fondo dal 2013 ai primi di febbraio di quest’anno 23,2 milioni di euro. Una cifra non indifferente per i tempi che corrono. Eppure l’atto di solidarietà viene annebbiato dalla vicenda dei mancati versamenti dei soliti furbetti. Non bastano le cacciate con disonore dei rei, l’attenzione rimane sul non versato. Quando utilizzi l’arma dell’onestà in tutte le salse, poi è facile che ti possa capitare il boomerang di ritorno.

Ragionamento simile va fatto anche per le liste elettorali. Non c’è alcun dubbio che i seguaci di Grillo e Di Maio fanno paura agli altri schieramenti politici. Quindi, sono “attenzionati” in tutti i modi possibili. Al di là delle votazioni, della piattaforma Rousseau di Casaleggio figlio, quando si mette in lista un personaggio come Salvatore Caiata, imprenditore e presidente del Potenza calcio, non uno sconosciuto, certe informazioni  dovrebbero, se hai radici nel territorio, arrivare immediatamente. Di Maio è categorico nella vicenda: “Per le nostre regole omettere un’informazione del genere giustifica l’esclusione”. Eppure, secondo l’avv. Enrico De Martino, difensore di Caiata, “non è una vicenda che nasce oggi e che scoppia improvvisamente è stata rubricata nel 2016”  e il suo cliente “un anno fa ne venne a conoscenza rendendosi immediatamente disponibile presso la Procura della Repubblica di Siena per chiarire ogni eventuale contestazione”.

Vox populi, vox Dei, certo è un’esagerazione, la voce del popolo non è la voce di Dio, ma va ascoltata se però sei tra il popolo. Insomma, l’esclusione postuma non serve perché il danno è già fatto. Identico discorso vale per Antonio Tasso cacciato perché condannato in primo grado a sei mesi di carcere, pena poi sospesa. E chi ha tirato fuori la notizia? Il deputato del Pd, Michele Bordo. E siamo a 15 tra parlamentari e candidati buttati fuori.

Anche la trovata della presentazione della lista dei ministri al presidente della Repubblica, prima della diffusione qualche giorno prima delle elezioni, porterà una serie di polemiche che non gioveranno al MoVimento. Ci saranno i soliti nemici che armati di lente d’ingrandimento proveranno a trovare tutte le pulci possibili ed immaginabili ai futuri componenti del governo. Per non parlare poi dell’imbarazzo del presidente Mattarella.

Sul fronte opposto c’è il “creativo” Berlusconi che “una ne fa e cento ne pensa”. Ha preso di mira Di Maio e un giorno sì e l’altro pure lo critica per non avere una laurea e per non aver mai lavorato. Come si fa a pensare che uno così possa assurgere a presidente del Consiglio? Con i suoi alleati, Salvini e Meloni, il patto è chiaro. Chi prenderà un voto in più diventerà inquilino di Palazzo Chigi, sempre che l’alleanza di centro-destra riesca a raggiungere la maggioranza. Né Meloni e né Salvini hanno una laurea e, a quanto si sappia, in fatto di lavoro sono nelle stesse condizioni di Luigini Di Maio.

Nel Pd c’è Emma Bonino con la sua +Europa a preoccupare l’establishment renziano. E così “zitta-zitta, quatta-quatta” Emma sta raccogliendo voti tra i dissidenti della sinistra. Quelli che non vogliono votare i democrat di Renzi e nemmeno i Liberi e uguali di Grasso. Bella operazione fatta da Bruno Tabacci. Il suo Centro Democratico - nel 2013 in coalizione con il PD - ha risolto il problema ad Emma, che non ha dovuto raccogliere le 25.000 firme per +Europa e a lui stesso per la candidatura, aprendo nuovi scenari per il futuro politico del Paese. I democristiani doc non si smentiscono mai!

ELIA FIORILLO