Quando l'amore è un terremoto cosmico. La storia di Luigi e Fortuna nell'intensa performance al Mulino Pacifico In primo piano

La bella Fortuna Licenziati cammina coi suoi seni prorompenti per la calata della Sanita'. Il geometra Luigi Impagliazzo la osserva tutti i giorni, sognando di avere un rapporto d'amore con lei. Quella femmina, però, è la moglie di un boss della zona, che si chiama Albino Marra. La loro storia è raccontata da Manlio Santanelli nella commedia  “La Venere dei terremoti”, andata in scena al Mulino Pacifico, nell’ambito della rassegna “Obiettivo T”, organizzata dalla compagnia teatrale Solot.

La parte dell’innamorato spasimante è interpretata da Roberto Azzurro, che col corpo e con la voce si trasforma in mille personaggi, realizzando una performance fantasmagorica e poliedrica. Sulla scena vediamo scorrere così le facce e le parole della madre di Luigino, che raccomanda al figlio di stare attento alle “zoccole”, del boss violento che muore ammazzato, di tanti personaggi dei vicoli di Napoli, di Fortuna che attende il grande incontro. La vicenda è accompagnata dal sottofondo delle canzoni dell’epoca, da Luigi Tenco a Lucio Dalla, da Gigliola Cinquetti a Domenico Modugno, da Salvatore Di Giacomo a Giuseppe Verdi.

Il desiderio ardente invade i due innamorati. “Cosa aspetta Luigino - sbotta Fortuna, stanca di aspettare - io mi sento come una pentola con l’acqua che bolle e nisciuno ce mette e maccheroni arint’”. Il giorno tanto atteso finalmente arriva. Gli amanti si incontrano in una camera d’albergo di lusso. Piano piano si spogliano. Il geometra scruta il corpo di Fortuna, dai due “faraglioni” fino alla “macchia mediterranea”. Lei guarda stupita il suo “calamaro gigante”. L’amplesso è gioioso e scoppiettante,  tra i due scatta una girandola di sensazioni ed emozioni. Nella camera va in onda un “fenomeno geofisico cosmico di lucreziana memoria”.

Il movimento dei corpi si confonde con quello delle cose e degli oggetti circostanti. Quella sera è il 23 novembre del 1980. Il terremoto intorno è vero come quello interno. La religiosa e pia Fortuna pensa che il sisma sia stato colpa loro, decide di espiare quel peccato, andando nei paesi della sofferenza “a dare un quarto d’ora di consolazione”. Luigino non sopporta il doloroso abbandono ed impazzisce, imprecando nel manicomio contro la sua donna, definendola “puttana missionaria”.

Il linguaggio dello spettacolo è colorito ed effervescente. L’attore padroneggia il testo con carnalità. Dall’infermiera che fa le siringhe, chiamata “spertusa-pacche”, alle movenze provocanti di Fortuna, simili a quelle di una “porno-zoccola di una vetrina amburghese”, il monologo porta alla luce uno spaccato, ricco di  passionalità, vivacità, brio e sensualità, che Roberto Azzurro interpreta con forza, freschezza e sentimento.

ANTONIO ESPOSITO

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