Viespoli: 'La vicenda Isfol puo' essere assunta come metafora della decadenza della città' In primo piano

Il 21 dicembre scorso si è tenuta a Roma presso il nuovo INAPP (ex ISFOL) una riunione intersindacale con i vertici dell'Istituto per stabilire le sorti della sede di Benevento per le Regioni del Mezzogiorno. I vertici sono stati inamovibili: la sede è chiusa!

Per i 15 dipendenti - selezionati con procedura concorsuale - è stata concessa una soluzione per tre mesi di telelavoro con rientro a Roma per un giorno a settimana.

Il risultato finale, al di là della vertenza sindacale, è che Benevento, la Regione Campania e il Sud hanno perso una sede istituzionale del nuovo INAPP (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche).

L’associazione politico-culturale Mezzogiorno Nazionale - alias Pasquale Viespoli - elenca di seguito le 4 ragioni per cui il provvedimento di chiusura della sede risulta totalmente immotivato e le 4 opportunità strategiche che l’Istituto perde privandosi di una sede per il Sud.

Le 4 “immotivazioni”della chiusura della sede:

1) Il Presidente/Commissario ha detto che si tratta di un provvedimento di spending review (delibera n. 26/2016). Così non è perché già nel 2012 ci fu un tentativo di chiusura da parte del Ministro Fornero con la stessa motivazione. Dopo un’attenta analisi delle spese e della loro natura si giunse alla conclusione che non si poteva applicare la revisione della spesa. Il problema era politico e venne risolto politicamente.

2) Il Presidente/Commissario ha detto che è opportuno concentrare tutto il personale in un'unica sede fisica per una migliore organizzazione del lavoro (delibera del Commissario n. 26/2016). Si tratta di una visione ottocentesca del lavoro inaccettabile nell’era digitale dei cloud, dell’Industry 4.0, dello smartworking e del lavoro in rete. Risulta ancor più inaccettabile proprio perché questa visione viene proposta da parte di un Istituto che studia il lavoro;

3) Il Presidente/Commissario ha detto (incontro ufficiale con i dipendenti del 16.12.2016), che la chiusura si rende necessaria perché i contratti dei dipendenti prevedono come sede principale Roma. Si tratta di una vera bugia perché, per la quasi totalità dei dipendenti, il contratto parla chiaro e all’art. 1 ultimo comma cita: “La sede di servizio di prima destinazione è stabilita in Benevento”.

4) Il Presidente/Commissario ha detto che è necessario applicare la legge in funzione di un prossimo statuto INAPP che non prevede le sedi decentrate. Lo statuto quindi è futuribile e non ancora vigente; quello vigente è lo statuto ISFOL, utilizzato per l’apertura della sede di Benevento.

Le 4 “opportunità strategiche” che perde l’Istituto chiudendo la sede:

1) A seguito dell’esito referendario, le politiche attive del lavoro non vengono decentrate ma restano territoriali.

2) Il Governo Gentiloni ha istituito il dicastero per la Coesione territoriale e il  Mezzogiorno. Contemporaneamente l’INAPP/ISFOL chiude la sua sede per il Sud. Un evidente controsenso.

3) Il bilancio dell’INAPP/ISFOL è alimentato prevalentemente dal FSE, tramite i PON (SPAO e Inclusione). La nuova programmazione 2020 del FSE prevede che l’85% delle risorse siano spese per il Mezzogiorno. La risposta dell’Istituto è chiudere la sede per il Sud e concentrare le risorse a Roma (!?!)

4) Dal 1° dicembre l’ISFOL è diventato INAPP (Istituto Nazionale per le Analisi delle Politiche Pubbliche). Oggi la maggiore concentrazione delle politiche pubbliche con le risorse europee e nazionali è nel Mezzogiorno (POR, PSR, Patti per il Sud e per le Città Metropolitane, SNAI, etc.). Si rende chiaramente necessario, ai fini della qualificazione della spesa, una capacità di analisi delle politiche pubbliche. Cioè, sarebbe opportuno rafforzare e valorizzare sedi come quella di Benevento ed invece accade esattamente il contrario. Aggiungiamo che, a suo tempo, fu impostato un lavoro per rafforzare l’operatività della sede di Benevento, individuando funzioni specifiche, quali il Rapporto sul mercato del lavoro nelle regioni meridionali e la localizzazione di un Osservatorio sulle migrazioni interne. Nel Mezzogiorno i flussi emigratori restano incessanti, e tuttavia non ci sono azioni e politiche di monitoraggio, accompagnamento e utilizzo, fosse anche per un caso solo, come opportunità per iniziative di ritorno produttivo. Anziché cogliere il ruolo strategico della sede di Benevento, se ne decide la chiusura.

“Miopia - tuona Viespoli -, ma soprattutto incapacità di rappresentanza. E’ evidente che se, nonostante argomentazioni inconfutabili, si procede con arroganza e protervia, è perché il territorio è indifeso. Infatti, il disegno che si concretizza oggi viene da lontano.

Abbiamo fatto cenno al 2012, quando la Fornero, tentò un’analoga sortita, col supporto della stampa e di qualche disinformato e ignaro rappresentante della Lega, utilizzando gli stereotipi anti-meridionali.

Quel tentativo fu sconfitto, perché, senza scadere nel personalismo, ma per verità storica, in quella circostanza il territorio aveva forza, passione e voce.

Quel tentativo fu sconfitto anche perché accettammo la scommessa di rendere la sede dell’Isfol, autonoma e dunque autosufficiente, per le possibilità offerte dal “mercato” istituzionale  e privato.

Dopo il 2013, quella scommessa è stata lasciata cadere e oggi si arriva all’epilogo, nell’indifferenza e nel silenzio impotente di istituzioni, partiti, sindacati, società civile.

Eppure - sottolinea il presidente di Mezzogiorno Nazionale - abbiamo uomini di governo, almeno fino all’altro ieri, parlamentari stakanovisti catodici, sindaci ex bi-ministri.

Nonostante tutto, continuo a sperare in un sussulto di orgoglio e mobilitazione.

Intanto, e lo dico con amarezza - conclude Pasquale Viespoli -, credo che la vicenda dell’Isfol possa essere assunta come metafora della decadenza della città. Si accendono le luminarie dell’effimero e si spengono le luci di Villa dei Papi”.

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