C'era una volta il sequestro di persona Politica

Siamo un paese di artisti, di eroi, di santi, di poeti e navigatori, ma siamo anche uno dei paesi al mondo con il piu' alto tasso di criminalita', comune e organizzata. E negli ultimi tempi - e' chiaro anche agli occhi di un adolescente - con una classe politica, nazionale e locale, molto compromessa in attività illecite, spesso in stretta connessione con organizzazioni criminali.

Per i reati compiuti dalla criminalità ordinaria, alcuni provvedimenti di legge si sono dimostrati abbastanza efficaci. Prendiamo ad esempio il sequestro di persona a fine di riscatto. Questo odioso crimine è stato per un lungo tempo una delle principali fonti di finanziamento di gruppi criminali, piccoli o grandi. Il reato, diffusosi con rapidità dalle isole e dalle zone del meridione a tutta l'Italia, aveva dei meccanismi piuttosto semplici.

Si prendeva di mira una famiglia ricca - molto ricca era ancora meglio!! - e se ne sceglieva un membro di grande impatto emotivo: una giovane, un anziano, e così via. Si preparava con largo anticipo un luogo per la custodia del rapito, che fosse difficilmente rintracciabile: casolari diroccati, garage in disuso, ecc. Spesso, per disorientare il rapito, all'interno del luogo prescelto veniva allestita una tenda nella quale lo sventurato veniva custodito. Alla sua liberazione, cosa avrebbe potuto raccontare se non di una tenda verde e di uno/una incappucciato/a che gli forniva il necessario per sopravvivere? Pochi indizi per indagini fruttuose!

Iniziavano - dopo una strategica attesa che mettesse ancor più in ansia i familiari - le trattative per il rilascio del rapito. Si iniziava “sparando” richieste di miliardi di lirette, per poi arrivare a uno o due o a qualche centinaia di milioni. La famiglia era sotto “schiaffo” : l'affetto per il congiunto, continuamente minacciato di sevizie o di morte, spingeva a pagare qualunque cifra. Ma l'insicurezza di aver indietro sano e salvo il proprio parente era una spina nel fianco.

Si aggiunga che spesso la richiesta di contanti era così elevata che non si poteva “raccoglierli” senza dare nell'occhio. E sì, perchè c'era in tutte queste situazioni la presenza costante delle forze di polizia, protese da una parte a cercare di trovare il rapito e liberarlo sano e salvo, e dall'altra ad assicurare alla giustizia i malviventi. Ne seguiva spesso un triste gioco a rimpiattino, tra familiari e polizia: tutti tesi a raggiungere il proprio scopo.

Le cronache sono lì, su internet, a testimoniare successi e sconfitte delle diverse vicende. Come uscirne? Bloccando, con una legge dello Stato, i beni della famiglia del rapito. Quando i beni non erano più nella piena disponibilità della famiglia, i rapitori sapevano che le grosse cifre da loro “sognate” erano impossibili da ottenere. Valeva la pena avere una condanna all'ergastolo per una somma difficile da conseguire? No, evidentemente! Certo, almeno nei primi tempi c'era una tragica incognita: e se il rapito fosse stato ucciso, per “sfregio” dai delusi rapitori? E' andata, comunque, bene: di sequestri di questo genere non vi è più traccia nelle cronache di oggi.

Cosa state pensando? Che forse una normativa del genere potrebbe anche applicarsi ai rapimenti con richiesta di riscatto da parte di gruppi terroristici oggi? In questi casi non c'è una famiglia a cui “imporre” una legge. E gli Stati - è notorio - seguono loro specifici interessi. Stati Uniti, Giappone, Germania, Gran Bretagna non accettano di pagare alcun riscatto. I loro cittadini, presenti in zone a rischio, sono consapevoli di questo atteggiamento. Sanno che l'unica attività, che il loro Stato porrà in essere, sarà un tentativo di liberazione con la forza, ove possibile.

Il nostro governo, invece, sempre carente su una positiva visibilità internazionale, è sempre disponibile a pagare. Portare a casa ostaggi sani e salvi è sempre una bella propaganda per almeno sette/dieci giorni. Ma negano sempre di aver pagato!!... Lo fanno, se è il caso, con fondi dell'intelligence che certamente sfuggono a verifiche comuni. Siamo tra i migliori finanziatori di questi gruppi para-politici (ma molto “para...”). E poi, non paga sempre Pantalone?

LUIGI PALMIERI

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