Mentre dormiamo... Politica

E gia', perche' ci hanno insegnato a pensare che quando ci addormentiamo è come se tutto entrasse in un'inerzia, forse per una questione di rispetto, per farci riposare. La vita, invece, ci mostra l’altra faccia della medaglia, perché in realtà il nostro riposo spesso coincide con un inizio di attività, semmai silenziose, forse un mormorio, che non per questo fanno meno fracasso.

All’inizio del prossimo mese molti dipendenti delle province campane transiteranno nei ruoli della regione. Non è una notizia eclatante, anzi. Se non fosse che insieme al personale passeranno anche risorse e soprattutto competenze. Il tutto rientra in un disegno politico di abolizione delle province italiane, iniziato già qualche anno addietro e ora nelle sua fase attuativa.

Uno dei cardini su cui si regge la politica è la mancanza di memoria. Il principio, in generale, è che è necessario fare trambusto, far circolare idee e propositi innovativi, al fine di occupare le menti del popolo. È di secondaria importanza la necessità e l’utilità delle intenzioni e dei progetti, l’importante è far parlare. E il parlare, quando l’input è volutamente sconclusionato, è di per sé adeguatamente disorganico, scombinato.

Parlavamo della memoria. Perché, è certo, che quando si è esaurita la spinta della discussione pubblica e vagamente democratica, si entra in un altro scambio di vedute, opportunamente avviato, fatto precedere efficacemente da una fase di ristagno politico. Quest’ultimo è necessario per avviare due nuovi meccanismi: la richiesta della ripartenza delle attività governative, ossigeno per le povere menti massificate, e per far stratificare, in un idoneo dimenticatoio, tutte le discussioni che hanno impegnato il tempo trascorso.

Fatto questo necessario preambolo, possiamo tornare alla questione dell’abolizione delle province. Non era né voluta, né sentita, né tantomeno necessaria. Ciò che ci voleva era una riorganizzazione delle competenze nei vari livelli del governo locale, ridistribuendo in maniera organica ambiti, mansioni e compiti, al fine di non creare accavallamenti e fornire risposte adeguate alle esigenze del territorio e alle necessità della gente.

Negli ultimi due anni, mentre dormivamo sonni tranquilli, il governo, applicando il principio della dimenticanza, provvedeva a impoverire le province, non togliendo competenze, bensì affamandole riducendo drasticamente gli invii di denaro. Di problemi se ne sono creati in quantità, ma questo al governo centrale non interessava, anche perché non era tenuto a saperlo. Un’altra regola infatti, non scritta, è quella di sapere che il governo, quando legifera, non deve porsi il problema della creazione di disservizi o di disastri. Perché il governo avviene di nuovo in corso d’opera, attraverso il corollario degli aggiustamenti in divenire.

Dunque la regola che il popolo smemorato deve sapere, e che i governi praticano con disinvoltura e assiduità, si attua attraverso tre fasi:

creazione del problema;

pubblicità e comunicazione energica  per il riconoscimento dell’esigenza;

intervento finale per risolvere il problema prima creato.

Calata nella realtà, con riferimento all’abolizione delle province, la regola ha preso avvio con l’emanazione di una legge a dir poco disordinata, sul proposito, ovviamente falso, che le province costituivano il problema principale delle ruberie e dei disservizi italiani; è stata fatta una comunicazione forte, creata ad arte, sui disordini e cattivi funzionamenti degli enti in questione; infine l’intervento degli enti all’occorrenza delegati (leggi: regione) per sbrigare le faccende secondarie, legate alla nuova macchina burocratica da mettere in servizio.

E negli ultimi due anni la conseguenza reale dei tagli alle risorse alle province si è manifestata con l’abbandono quasi totale delle strade provinciali (pulizia, manutenzione, ecc.), trascuratezza nella gestione degli edifici scolastici di competenza, e questo per citare le carenza più evidenti; ma in realtà altri servizi, prima ritenuti vitali (cultura, infrastrutture in generale, turismo, pianificazione d’aria vasta e controllo su quella comunale, agricoltura, forestazione, ecc.) hanno subito un forte rallentamento, quasi fino a farne perdere la memoria.

A questo punto una domanda viene quasi spontanea, e riguarda, più in generale, il disegno politico complessivo attuato dal governo.

Ma vuoi vedere che mentre dormiamo, pensando che il governo vegli sulle nostre teste, c’è qualcuno che tenta di allontanare il cittadino dalle istituzioni, fisicamente e ideologicamente?
Se qualcuno si è mai trovato a dover andare presso la Provincia di Benevento per risolvere questioni sovracomunali, in un futuro molto prossimo sarà costretto a recarsi al Centro direzionale di Napoli. E pensare che l’abolizione delle province è anche una questione che appartiene alla riforma costituzionale. Stiamo attenti a giocare con la Costituzione, che l’autunno è dietro l’angolo.

UBALDO ARGENIO

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