Senza distinzione di sesso, razza, lingua o religione Politica

E' stato bravo Roberto Benigni a fare spettacolo sui principi fondamentali della Costituzione. Doveva fare il partigiano e l'ha fatto.

I fiorentini dissero che non può un pratese parlare la lingua di Dante quando legge la Divina Commedia. Altrettanto si potrebbe dire dei suoi autori per il commento alla Costituzione. La bontà della nostra Costituzione si potrebbe giudicare dal grado di attuazione. Non sarà allora “la più bella del mondo” se, per esempio, ce ne siamo scordati di leggerla per fare una legge sui partiti e sui sindacati. Ma Benigni si è fermato ai principi fondamentali. E ha fatto l'elogio dei “Padri”.

C'è una cosa, però, che i Padri sono stati costretti a farla. Il principio di uguaglianza dell'articolo 3 “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” è stato imposto all'Italia dal Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947.

Quel trattato che fu firmato da un ambasciatore, nessun politico italiano ritenendo di poter subire l'umiliazione di una firma “per ricevuta”, visto che il testo era stato concordato dalle quattro potenze vincitrici della seconda guerra mondiale. E alla festa all'Eliseo, data la sera dello stesso 10 febbraio, l'Italia ritenne di non dover partecipare.

Ebbene Il Trattato, oltre ad imporre risarcimenti in danaro e limitazioni al riarmo e la perdita di territori, ordina anche: “L'Italia prenderà tutte le misure necessarie per assicurare a tutte le persone soggette alla sua giurisdizione, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione, il godimento dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ivi compresa la libertà d'espressione, di stampa e di diffusione, di culto, di opinione politica e di pubblica riunione” (art. 15, nella parte II Clausole Politiche, sezione I - Clausole generali).

Se ne ricordi Benigni quando farà la puntata sui diritti fondamentali.