Cosa c'è dietro l'arcobaleno... Ipotesi semiserie dall'Europa Società

Con l’autunno che avanza velocemente, il pensiero corre a qualche pioggerella primaverile, sicuramente leggera e rallegrata magari da un arcobaleno. E’ sempre bello ammirare quei bei colori disposti ad arco. Peccato che, dopo qualche minuto non vi sia più alcuna traccia: via, scomparsi.

Forse per questo li abbiamo denominati aggiungendo alla parola “arco” anche un nome che denota rapidità, immediatezza: “baleno”.

I nostri saccenti “cugini” francesi hanno, invece, optato per un banale “arc en ciel”. Non ci voleva molta fantasia. Ha la forma di un arco, si trova decisamente “in cielo”: a che altro potevano pensare? E, difatti, non hanno mostrato barlumi di originalità. Sono stati alla semplice realtà della situazione.

Diverso, invece, a mio avviso, il ragionamento portato avanti dai sudditi di Sua Maestà Britannica. Loro hanno scelto il termine “rainbow”, basato sul concetto di “bow” (arco) e “rain” (pioggia). Ecco data una spiegazione scientifica, degna della migliore tradizione logica e matematica di quel popolo. Non è solo un arco (bow) che ci appare nel cielo, ma ci viene anche ricordato che si basa su gocce di pioggia (rain) ancora presenti nell’aria, che filtrano la luce del sole in alcuni colori fondamentali. Come si fa a non pensare ad un Isaac Newton o ad una Ada Lovelace, giusto per nominare - in par condicio - entrambi i generi?

Per gli spagnoli è un “arco iris”, o semplicemente “iris”, a testimoniare che l’attenzione degli iberici si sofferma, oltre che sulla forma, sulla presenza dei colori (iris = iride). Un popolo che fa dei colori vivaci un tratto distintivo della sua identità etnica non poteva cogliere questo aspetto.

Volendo essere leggermente “pessimisti”, noi italiani possiamo avanzare anche un'altra ipotesi. Da noi le cose belle finiscono sempre per scomparire presto, troppo presto, a vantaggio di qualche ladrone o scellerato di turno. Ecco spiegato il termine “baleno”: appena compare qualcosa di bello, sparisce poi in un lampo. Un “baleno”, appunto!

LUIGI PALMIERI