Depuratori e innovazione Società

Ora è tutto chiaro. Al Comune di Benevento conoscevano nove condotte fognarie, che scaricavano direttamente nei fiumi, dopo un faticoso convogliamento nell'area urbana. Poi, ad una migliore osservazione, ne sono state scoperte altre quattordici.

Buono a sapersi, perché il censimento è avvenuto per poter progettare l'imbuto che arriverà al futuro depuratore unico. La cui sorte è, peraltro, ancora avvolta in una delle frequenti nebbie che incontra la burocrazia. Non ancora è decisa, infatti, la sua localizzazione specifica.

E qui è necessario chiamare in causa i movimenti ambientalisti. Non solo perché hanno avanzate fondate critiche sull'area di Sant'Angelo a Piesco, sommersa en passant dalla piena del 15 ottobre 2015; soprattutto perché circoscrivono le loro osservazioni alla questione del dove costruire un depuratore e non allargano la discussione al come deve essere un impianto di depurazione dei rifiuti liquidi della città.

E' fuori di dubbio che una scelta (quella del depuratore) operata oltre trent'anni fa sia fondata su conoscenze tecniche molto probabilmente obsolete, per non dire superate. La stessa idea di un unico impianto di depurazione mostra qualche debolezza se si consideri che un guasto, ma anche una operazione di manutenzione straordinaria potrebbero provocare interruzioni di funzionamento, mettendo in crisi anche la raccolta a monte del collettore unico (le ventiquattro fogne risultanti dall'ultimo censimento).

Non troveremo mai giustificazioni sufficienti per il ritardo con il quale si sta, comunque, affrontando la questione. Tale ritardo, tuttavia, non deve impedire a chi di dovere di aprire gli occhi per valutare la convenienza (tecnologica, funzionale ed economica) di un sistema diverso di soluzione del problema.

Non mancano, peraltro, a Benevento centri di studio in possesso della necessaria competenza per valutare soluzioni alternative, in linea con una filosofia che si contrappone ai “grandi impianti” e sostiene, invece, soluzioni di più facile gestione. Al posto di un unico “grande” depuratore, è possibile realizzare impianti di più facile gestione (ivi compresa la manutenzione ordinaria) che bypassano ogni questione di impatto ambientale. Non solo. Si potrebbero sperimentare anche tecnologie diversificate. Al posto, insomma, di una visione monopolistica si potrebbe immaginare una soluzione pluralistica.

Non solo le facoltà scientifiche della nostra Università del Sannio dovrebbero esser pronte a partecipare, nella libertà di ricerca affrancata da imposizioni politiche, ma anche istituzioni private riconosciute a livello anche internazionale potrebbero offrire un reale contributo, se solo si decidesse di affidare lo studio di certe questioni ad un metodo di reale collegialità, almeno nella fase delicata della valutazione tecnologica.

Assessori e consiglieri comunali non devono essere necessariamente esperti, ma soprattutto i giovanissimi dovrebbero sentire il bisogno di guardarsi intorno. Ci sono,  peraltro, soggetti di mezza età e prossimi anche alla “maturità definitiva” che sono stati “contemporanei” di alcune iniziative che sono state ampiamente pubblicizzate. Mi limito a ricordare le Settimane della Cultura Scientifica e della Creatività Studentesca che hanno avuto come temi di studio e di divulgazione l'aria, l'acqua, il fuoco, gli animali. A cui affiancherei, per la concreta realizzazione di progetti spendibili, l'associazione Futuridea.

Poiché la depurazione delle acque di fogna non è certamente un problema solo italiano, la conoscenza delle soluzioni adottate dai vari paesi più avanzati è condizioni imprescindibile per una decisione valida sotto i profili della economicità, della funzionalità, della sostenibilità ambientale.

Ebbene, Futuridea ha mostrato al colto e all'inclita un sistema di trattamento che trasforma i rifiuti umidi in gas e acqua distillata, senza alcun residuo che debba essere stoccato. Questo processo brevettato col nome Magnegas ha dalla sua una straordinaria semplicità (il materiale da depurare viene immesso in un ambiente  dove avviene una operazione di elettrolisi), per cui un modesto impatto ambientale può essere facilmente camuffato con specie vegetali all'uscita di una fognatura anche modesta.

Esistono altri metodi più “naturali” quali il filtraggio con l'utilizzo di sabbie: nel caso di Benevento, le fogne che scaricano ai fiumi non troverebbero difficile  approvvigionarsi delle sabbie, tranne che le Sovrintendenze non permangano nel vietare in maniera assoluta il trattamento degli “inerti fluviali”.

Tutto il nostro discorso non intende porsi di traverso alla tempestività delle decisioni. Vuol solo dire che chi deve decidere ha il dovere di far esprimere tutti quanti hanno qualcosa da dire. Partendo da partner istituzionali quali l'università, senza scaricare privati che hanno maturato esperienze nel settore. Il tutto tenendo di mira anche la sostenibilità di certi progetti presso l'Unione Europea sotto la voce della innovazione tecnologica e del rispetto dell'ambiente. Presso la UE, voglio dire, “progetti esemplari” troverebbero anche i finanziamenti.

MARIO PEDICINI

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