E' ancora lungo il cammino per la tutela del diritto d'autore Società

Ha tenuto banco nelle ultime settimane, fino allo scorso 5 luglio, la discussione al Parlamento Europeo della direttiva sul copyright. Voci di protesta si sono levate a più riprese in rete ed hanno raggiunto il culmine quando, pochi giorni prima del dibattito, la popolare enciclopedia Wikipedia ha oscurato le proprie pagine per alcuni giorni. Un esempio senza precedenti di sciopero della rete.

Ma facciamo un passo indietro: il Parlamento Europeo ha tra i suoi scopi primari quello di uniformare le normative dei paesi UE promulgando direttive e regolamenti. In un mercato unico come quello europeo, è necessario che le legislazioni su molti temi siano uniformi. È il motivo che ha spinto l’UE ad emanare il nuovo regolamento sulla privacy (GPDR), entrato in vigore lo scorso 25 maggio e di cui ho parlato in questa rubrica non molto tempo fa.

Allo stesso modo, il diritto d’autore è una materia che tuttora in molte nazioni è regolata da leggi scritte molto tempo prima che fossero inventati i social, la rete o addirittura i computer. Non stupisce dunque che il Parlamento Europeo abbia voluto dare una ventata d’aria fresca alle normative a riguardo.

Oggi infatti in rete il diritto d’autore viene aggirato e violato in molti casi più o meno palesi. Non solo per ciò che riguarda i siti dov’è possibile scaricare o seguire in streaming musica, film, serie tv o altri prodotti protetti da copyright (spesso ce ne dimentichiamo, ma dietro un romanzo, un telefilm o una canzone c’è il lavoro di molte persone che meritano un compenso). Chi di noi non ha mai condiviso una notizia, un video di Youtube, un’immagine trovata su un sito o anche solo una frase tratta da un libro o da un articolo di giornale?

La direttiva tanto contestata si occupa anche dei casi che ho elencato. In particolare, l’articolo 11 della direttiva impone quella che i detrattori hanno immediatamente battezzato “link tax”, ossia tassa sul collegamento. Non esattamente un’imposta, ma piuttosto una royalty da pagare al titolare del diritto d’autore su ogni contenuto pubblicato su un sito o un social network. Una norma del genere proibirebbe, per esempio, di pubblicare sul proprio profilo Facebook una vignetta di un quotidiano o una foto soggetta a diritto d’autore, a meno che Facebook non acconsenta a pagare la suddetta royalty.

L’articolo 13 invece impone ai siti come Google e Facebook d’impedire la condivisione pubblica di contenuti protetti da copyright. In questo modo, a titolo d’esempio, sarebbe proibito pubblicare su Facebook anche gli articoli del sito di Realtà Sannita.

Una normativa del genere, se approvata, obbligherebbe le piattaforme online ad una scelta: o proibire in toto le condivisioni, oppure pagare per consentirlo. Ma siccome i social, i motori di ricerca ed i siti colpiti da questa legislazione restrittiva sono tutti gratuiti, la seconda opzione comporterebbe costi tali da mandarli in perdita. Rischieremmo dunque di non poter condividere più nulla, o di dover pagare per poter usare Facebook e Google come facciamo oggi.

Il Parlamento Europeo è stato fortemente accusato dai big della rete di voler adeguare la realtà a leggi ormai obsolete, invece di fare l’opposto. Molti editori però al contrario hanno sostenuto la nuova normativa contestando l’attuale situazione, cioè il fatto che gli utenti della rete possono leggere gratis tutto ciò che viene linkato e condiviso senza che agli autori (inclusi i giornalisti) venga corrisposto alcunché.

Con una soluzione salomonica (o forse pilatesca), il Parlamento Europeo lo scorso 5 luglio ha rinviato il dibattito alla prossima seduta plenaria di settembre, nella speranza che il testo di legge nel frattempo sia emendato e subisca modifiche tali da consentirne l’approvazione senza troppe polemiche. O che, in alternativa, sia bocciato e che tocchi al prossimo Parlamento, da eleggere nel 2019, gestire la patata bollente.

Questo significa che il problema della tutela del diritto d’autore in rete e del suo conflitto con la libertà degli utenti di condividere contenuti non ha ancora visto l’ultima puntata.

Saluti dalla plancia,

CARLO DELASSO