Giù le mani da Delcogliano Società

35 anni dopo il suo assassinio, il nome di Raffaele Delcogliano viene 'arruolato' tra le vittime della mafia. L'associazione Libera, con gran concorso di autorità istituzionali, ne ha dato l'ufficiale annuncio il 21 marzo, una tra le tante ricorrenze partorite da una classe politica che crede di rigenerarsi dai propri peccati con cerimonie dalla liturgia scontata nei ricorrenti unanimismi di popolo.

Sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi, ma sfortunato soprattutto il povero Raffaele Delcogliano tirato per la giacca allo scopo di arricchire il bagaglio dei professionisti (lo stesso che profittatori) di una deriva contro la quale è sacrilegio esprimere una riserva, un rimprovero, un monito. Lo scrisse un siciliano dalla schiena dritta, l'autore del Giorno della Civetta, Leonardo Sciascia: ci sono i professionisti del contrasto alla mafia, quelli cioè che ne fanno una militanza per camparne di rendita.

Chi mai in Campania ha potuto nutrire qualche dubbio sulla efficacia delle ebollizioni esibite dalla associazione di don Tonino Palmese? Ora che al simpatico prete dal fischio inimitabile si è aggiunto una superiore autorità (quasi un vescovo) quale don Luigi Ciotti, il raggio d'azione s'è fatto nazionale (come a dire universale). Le credenziali di Libera giungono al punto di poter entrare in possesso di beni catturati a malfattori colpiti dai dardi della magistratura. Un sigillo più autorevole di qualsiasi ceralacca.

Ho sempre ritenuto che l'educazione delle giovani generazioni debba consistere in una onesta informazione, rimandando a dopo la libera scelta di campo verso la legalità. Un reclutamento di massa verso i 'facili' valori della legalità ottiene l'adesione totalitaria nella quale possono annidarsi tranquillamente quelli che tramano (o solamente aspirano) a starne fuori, magari proprio per concorrere a quella folle sfida contro cui già vedono soccombere la plateale, corriva deriva conformista. Se, poi, a far pendere il piatto della bilancia (manco a farlo apposta è l'antica immagine della giustizia) è la prospettiva di un premio senza rischi, l'adesione agli ideali di Libera è ancora più larga. Ma, anche, ancora più preoccupante. Perché può essere frutto di un calcolo, può essere funzionale a una riserva mentale, può addormentare chi avrebbe il dovere di vigilare.

Ho sempre nutrito qualche dubbio e non l'ho nascosto neanche quando per dovere istituzionale mi è toccato di stare tra gli studenti commissariati per una esercitazione di legalità. E l'ho fatto anche in faccia a illustri testimoni presentati (o scambiati) per protagonisti, quali i familiari di vittime di reali agguati giudiziariamente marchiati.

Ma qui mi interessa altro. Che c'entra Raffaele Delcogliano con la mafia? Ovvero, anche con il plurale Mafie, che tanto piace a Libera?

Raffaele Delcogliano è stato assassinato, unitamente al suo amico e autista Aldo Iermano, la mattina del 27 aprile del 1982 in via Marina a Napoli, mentre si recava in Regione a Santa Lucia. Delcogliano era assessore regionale al lavoro. Il magma bollente nel quale temerariamente volle avvicinarsi era quello dei corsi professionali gestiti dai sindacati con i soldi della Regione concupiti dai cosiddetti disoccupati organizzati.

Intervistato da Canale 28, il mese precedente, aveva minacciato le dimissioni se la legge di riforma del settore da lui disegnata non fosse stata appoggiata dalla maggioranza. Volle la compagnia del direttore dell'emittente beneventana, Nico De Vincentiis, il quale ha fatto un significativo cenno (nel libro scritto insieme a me e dedicato alla figura di Giuseppe Donatiello) del suo ultimo incontro con la 'controparte' avvenuto a Caserta. 'Raffaele riesce a fatica a pronunciare il suo intervento, tra fischi, offese, esplicite minacce. Un clima infernale. Polizia all'esterno in assetto antisommossa. Può uscire, a conclusione della manifestazione, solo scortato dagli agenti...Quel giorno Delcogliano capisce che la sua vita è realmente in pericolo...scambia pochissime battute sulla via del ritorno...' (Giuseppe Donatiello il Signor INCAS, Edizioni Realtà Sannita 2016, pag. 84).

Raffaele Delcogliano è un martire della politica. Perché mescolarlo con gli assassinati in quel diverso contesto nel quale, spesso, anche le vittime hanno avuto collusioni involontarie, parentadi a mezza via? Delcogliano è una persona immacolata, onesta, fors'anche ingenua. Chi vuole ricordarlo accomunandolo al tristo mondo delle mafie non gli rende giustizia.

Giù le mani da Raffaele. Il suo ricordo non merita strumentalizzazioni. Questo è anche l'alto significato delle parole di perdono che la mamma, donna Vittoria Principe, rivolse agli assassini del figlio, disteso nella bara a Palazzo Paolo V.

MARIO PEDICINI

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