I giornalisti del pallone Società

Tutti i giornalisti del dopoguerra hanno fatto i primi passi scrivendo di sport. Tra retorica nazionalista e amore del campanile, il cronista sportivo godeva di una libertà espressiva non consentita a nessun altro pennaiuolo. La politica trovava poco spazio, si soleva celebrare gli appuntamenti solenni citando frasi roboanti e scampoli di discorsi. Sindaci e deputati venivano citati facendo precedere il nome dai titoli di studio (e quando non ce n'erano si abbondava con cavalieri), gli aggettivi non si dosavano: il meno che si potesse dire di un brigadiere era che fosse solerte, mentre nessun assessore era meno che dinamico. Non è che chiamassimo il vescovo per nome, ma come Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Agostino Mancinelli e figurarsi i Grand'Uff.

I corrispondenti dei giornali di Roma e del Nord cucinavano anche le notizie sportive. Solo a Il Mattino e al Roma c'erano gli specializzati. Enzo Rotondi scriveva anche di politica, a difesa della Democrazia Cristiana di Lepore e Vetrone. La sua autorevolezza era tale che alle volte assurgeva a direttore sportivo della Sanvito e a sovrintendente delle stesse campagne acquisti.

Nella stessa epoca emergeva al Roma Rino Di Dio, più attento al racconto tecnico anche perché al suo giornale in redazione c'erano buontemponi che usavano l'ironia come Giuseppe Di Bianco, ma viaggiavano inviati come D'Amico, o gente come Franco Scandone o Mario Gherarducci che salirono al Corriere della Sera. Della redazione de Il Mattino oltre a Gino Palumbo (finito Al Corriere e alla Gazzetta dello Sport), il soggetto più promettente, padrone della lingua italiana e alla ricerca delle originalità, fu Giuseppe Pacileo, che per anni praticò il Santa Maria degli Angeli.

Certo non ho i 95 anni di Guerino Pietraroia, legatissimo al Giornale d'Italia e alla sua Gazzetta del Mezzogiorno per ricordare gli Oscar Rampone, Ciccio Romano, Andrea Ferrannini, Arturo Silvestri e Michele Portoghese.

Il mio primo articolo firmato sulla pagine Sannito Irpine de Il Quotidiano uscì quando le Case Chiuse erano state...aperte dalla legge Merlin. Detto che per motivi d'età non c'ero mai potuto andare, ho svelato che Michele Portoghese l'ho conosciuto. Così come al campo, pur preferendo starmene in disparte, ero benvoluto da Edgardo De Rimini, Elio Iadarola, Tito Margherini. Sotto la saggia guida di Aldo Gambatesa e Luigi Vessichelli, fiorivano altri giovanissimi, come Gino Pescitelli, Massimo Bozzi,  Nicola Russo. Messaggio d'Oggi, nato nel 1961, ebbe ben presto la sua pagina sportiva dove approdarono Antonio Buratto e Gino Del Vecchio.

La stagione d'oro del pallone fu quella segnata dalla Sanvito del presidente Licurgo Bartalucci, coadiuvato dal ragioniere Frasca. Era nata come associazione sportiva aziendale, ma i Rigolassi e i Salierno la fecero salire in quarta serie e poi in serie C. Di quella squadra i tifosi attempati recitano la formazione (Lombardi; Forgione Nencini; Comuzzi Aliverti Visintin; Firicano, Faleo, Passariello, Maluta, Tascone) come i tifosi del Torino schiantatosi a Superga.

All'ombra della grande Sanvito crebbero (si fa per dire, vista la stazza) Manlio D'Abrusco, Cosimo Molinaro, Bartolomeo Papa, Santillo, Albanese, Alfredo D'Ambrosio. Con Manzo, Marcello Errico, Pellegrini e i napoletani fratelli Abbandonato, se ne andarono quasi tutti ad Atriplada in serie D. Il migliore della covata fu senz'altro, Franco Mandato, ala classica dotata di dribbling e velocità per crossare dalla linea laterale.

La generazione successiva è segnata dalla coppia Gino Miele-Enrico Fedele. Come Franco Mandato questi erano giovani con idee che anche andavano al di là del pallone. Laureati, hanno fatto carriere notevoli. Miele dirigente di Banca e poi chiamato in Federazione da Luigi Abete. Fedele, commentatore televisivo e procuratore di calciatori (un nome per tutto, il campione del mondo Fabio Cannavaro). Mandato direttore di filiali Rinascente.

Nel 1963 i Giochi del Mediterraneo furono assegnati a Napoli. A Benevento la nazionale italiana giocò il girone preliminare. Il campo di Santa Maria degli Angeli fu sistemato con il tappeto in erba e una pensilina in cemento armato a dare l'idea di una tribuna. E fu intitolato a Gennaro Meomartini, dirigente e anche giornalista sportivo.

In fiduciosa attesa che dalla quarta serie rinascesse una nuova stagione del pallone a Benevento, si pensò che fosse necessario attrezzarsi con un nuovo campo che si potesse chiamare stadio. Non ci fu molta fantasia nella scelta del quasi adiacente spazio di via Santa Colomba. Solo la precoce scomparsa di Ciro Vigorito (fratello maggiore e “paterno” consigliere del “socio” Oreste) ha fatto perdere l'abitudine di dire Santa Colomba.

Ma, come la cronaca racconta, è arrivato il tutto esaurito. Goal, vittoria, serie A.

Hanno gioito nel Bar Pastore del Cielo gli antichi cronisti costretti, per dettare il pezzo, ad aspettare il turno (sia pure con diritto di precedenza) nella sede dei “Telefoni” di piazza Roma. “Milano è in linea...” e Antonio Aulita si precipitava in cabina, ma essendo la luce insufficiente era costretto ad aprire la porta portandosi sotto gli occhiali gli appunti da dettare, ma la cornetta era sempre più lontana e lui a gridare “Mi senti? Adesso mi senti?”.

I cari colleghi hanno incontrato certamente le signorine Farace, Parrella, Simeone e la bellissima Linda Bozzelli.

Insomma, cari Baroni, Lucioni, Ceravolo e Puscas, il Benevento in serie A ce l'hanno portato, insieme a voi, anche i giornalisti che hanno tenuta accesa la fiammella pure quando pareva che non ci fosse nessuno disposto a reggere il moccolo. E' lecito immaginare per loro una gioia simile a quella del popolo giallorosso, incrementato da nuove schiere soprattutto di donne e bambini.

Un evento che sa anche di rivoluzione sociale.

Ma quelli che si sono allenati tutta la vita nella speranza di poter scrivere un giorno un articolo sul Benevento in serie A sono solo i giornalisti. Ci facciamo un applauso tra di noi?

MARIO PEDICINI

Nella foto in basso datata 1963 si notano da sinistra, in piedi: Giovanni Bozzo, Tito Margherini, Massimo Bozzi, Guerino Pietraroia, Enzo Rotondi, il sindaco dell’epoca Pasquale Meomartini, Mario Pedicini, Edgardo De Rimini, Luigi Aconito, Antonio Aulita, Giuseppe Castracane. Accosciati: Vincenzo Giuliano, Romolo Vitale, Aldo Gambatesa e Gino Pescitelli

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