LA DIGA DELLE IDEE Società

Da sabato 29 aprile la diga di Campolattaro ha iniziato il periodo di rodaggio. Non tanto la diga in sé, con le sue gallerie, le sue apparecchiature, la paratoia comandata a distanza, i sensori che misurano la crescita di livello, quanto ciò che apparirà anche agli occhi dell’osservatore, vale a dire il riempimento dell’invaso. In altre parole è iniziato a nascere il lago. Sotto la sorveglianza dell’Istituto Nazionale delle dighe, se tutto andrà per il meglio, ci abitueremo a non dire più la diga, ma diremo il lago di Campolattaro (o il lago del Tammaro o qualche nome nuovo che la fantasia potrà suggerire). Molte cose sono state dette, durante la cerimonia inaugurale. Nessuno ha ricordato, tuttavia, il ruolo fondamentale svolto dal senatore Alfonso Tanga per sensibilizzare politici ed opinione pubblica sulla utilità degli invasi nella nostra provincia, sia per regolare le piene e sia per creare una consistente riserva di quel bene prezioso che è l’acqua dei fiumi. Una risorsa che non dobbiamo importare e pagare, ma che invece lasciamo che vada persa. L’idea della diga di Apice sul fiume Calore (affidata alla storia attraverso un libretto scritto a quattro mani dallo stesso Tanga, dal sindaco di Apice Luigi Bocchino, dall’ingegnere Abruzzese e dal sottoscritto) fu per anni oggetto di discussione. Quanto meno ci fu un cambiamento di rotta. Dal lamento per la fantomatica deviazione del Calore alla prospettiva del fare. Anche a Campolattaro, sabato scorso, qualche amministratore locale ha voluto ricordare “i danni” subiti dagli agricoltori della valle, che sono stati espropriati. E’ emersa, insomma, ancora una volta quella mentalità che mette avanti i sacrifici, i presunti torti subiti, i crediti che abbiamo accumulato per poter “chiedere” alle autorità competenti i provvedimenti risarcitori. Una mentalità che l’intervento del presidente della Provincia Carmine Nardone ha vigorosamente spazzato via, ma che merita qualche ulteriore riflessione. E’ dal 1962 che un piano regionale prevedeva la costruzione di invasi lungo i principali corsi d’acqua. La risorsa acqua per l’agricoltura era un tema dominante anche del piano di assetto territoriale del 1968. Nel Sannio per anni si parlò, oltre che della diga di Apice, della diga di Civitella Licinio, a valle di Cusano Mutri, sul Titerno. Se la storia della diga di Campolattaro è durata oltre venti anni, è mai possibile che non sia matura negli amministratori dei comuni tra poco rivieraschi una idea di come sarà il futuro? Che senso ha citare i danni subiti e tuttavia economicamente risarciti? L’unico significato che riusciamo a dare di una simile impostazione è che si è perso tempo. Nei venti anni di tortuoso avanzamento del progetto nessuno si è preoccupato di immaginare a che cosa può servire un lago. A nessuno è venuto in mente che si tratta di una risorsa da sfruttare e che, per sfruttarla al meglio, servono idee, progetti, creazione di consenso, uscite di marketing, preparazione delle giovani generazioni. Nessuno può dire che l’inaugurazione è arrivata, imprevista, tra capo e collo, se sono tanti anni che la si aspettava (e se un’altra inaugurazione del rilevato avvenne qualche anno fa). Quello che non si è fatto, tuttavia, deve essere cominciato da subito. Perché un fatto è certo. Che non ci sono autorità superiori che devono pensare al destino dei nostri territori. Con le leggi che abbiamo, tocca agli enti locali farsi promotori dello sviluppo. Tocca a loro discutere se vogliamo immaginare sul lago una serie di attrezzature turistiche, se si vogliono trasformare gli agricoltori della sussistenza in piscicoltori, se si vogliono realizzare attrezzature per gli sport acquatici, se si vogliono fare impianti per la produzione di elettricità, se si vuole vendere l’acqua per scopi irrigui o industriali e solamente per usi civili. E, last but not least, tutta quell’acqua non è ciò di cui la agricoltura delle zone interne (l’osso di Manlio Rossi Doria) aveva assoluto bisogno? Ci sono, insomma, tutte le prospettive per poter parlare di sviluppo. E progettare occasioni vere di sviluppo. Altro che danni subiti dai poveri agricoltori. Università, istituzioni scolastiche, istituzioni pubbliche e imprenditori che in altre parti del mondo hanno saputo trarre vantaggi economici da una così formidabile disponibilità della risorsa acqua devono trovare posto per discutere con gli enti locali sulle cose da fare. Ma la discussione deve iniziare subito, perché le cose da fare bisogna cominciarle subito. Non bisogna aspettare che si riempia l’invaso per iniziare a pensare. Non vorremmo, in definitiva, che la diga di Campolattare possa essere vista come una diga alle idee e diventare, così, la diga delle idee. Tanto per dirne una, le zone industriali di Benevento (Ponte Valentino, Pezzapiana e Olivola) hanno bisogno di acqua. Ci sono comuni che afferreranno al volo l’occasione per mettersi con consorzio con privati per gestire l’acqua del lago? Tra parentesi gestire significa anche vendere, cioè guadagnare. Altro che danni.
MARIO PEDICINI
info@mariopedicini.it